venerdì, Aprile 26, 2024

Resisting arrest: ribosomials, oncogenes, tumor suppressors and enzymes coordinate to induce cell suicide in leukemia

Acute lymphoblastic leukemia (ALL) is a highly aggressive cancer....

Sintomi somatici: una componente sottovalutata dei disturbi mentali conseguenti a traumi infantili

I sintomi somatici comprendono una varietà di disturbi fisici,...

“Addestramento” contro l’autoimmunità: in quale fra le condizioni conosciute l’esercizio fisico ha il maggior beneficio?

L’aumento globale delle malattie autoimmuni, guidato da fattori ambientali...

Dal caffè un componente che potrebbe giovare al diabete

La dieta e l’esercizio fisico possono ritardare o prevenire lo sviluppo del diabete mellito di tipo 2 (T2D) e l’elevato consumo abituale di caffè è associato a un rischio ridotto di sviluppare il T2D. Alcuni studi suggeriscono che bere da tre a quattro tazze di caffè al giorno può ridurre il rischio di sviluppare il diabete di tipo 2, una malattia che affligge quasi 30 milioni di americani. Inizialmente, gli scienziati sospettavano che la caffeina fosse responsabile di questo effetto. Ma i risultati successivi hanno scartato questa possibilità, suggerendo che altre sostanze nel caffè potrebbero avere un ruolo più importante. In un precedente studio di laboratorio, Fredrik Brustad Mellbye, Søren Gregersen e colleghi hanno scoperto che un composto nel caffè chiamato cafestol aumentava la secrezione di insulina nelle cellule pancreatiche quando erano esposti al glucosio. Cafestol ha anche aumentato l’assorbimento di glucosio nelle cellule muscolari con la stessa efficacia di un farmaco antidiabetico comunemente prescritto. In questo nuovo studio, i ricercatori hanno voluto vedere se il cafestol avrebbe aiutato a prevenire o ritardare l’insorgenza del diabete di tipo 2 nei topi. Negli ultimi anni, i ricercatori hanno identificato sostanze nel caffè che potrebbero aiutare ad annullare il rischio di sviluppare il diabete di tipo 2. Ma alcuni di questi sono stati testati negli animali. Ora nello studio che appare sul Journal of Natural Products di ACS, gli scienziati riferiscono che uno di questi composti non testati sembra migliorare la funzione cellulare e la sensibilità all’insulina nei topi di laboratorio.

La scoperta potrebbe stimolare lo sviluppo di nuovi farmaci per curare o addirittura prevenire la malattia. In questo nuovo studio, i ricercatori hanno voluto vedere se il cafestol avrebbe aiutato a prevenire o ritardare l’insorgenza del diabete di tipo 2 nei topi. I ricercatori hanno diviso i topi che sono inclini a sviluppare il diabete di tipo 2 in tre gruppi. Due dei gruppi sono stati alimentati con diverse dosi di cafestol. Dopo 10 settimane, entrambi i gruppi di topi alimentati con cafestol avevano livelli di glucosio nel sangue più bassi e una migliore capacità secretoria dell’insulina rispetto a un gruppo di controllo, a cui non era stato somministrato il composto. Cafestol inoltre non ha provocato ipoglicemia (basso livello di zucchero nel sangue), un possibile effetto collaterale di alcuni farmaci antidiabetici. In precedenza il team è stato in grado di individuare cafestol come il principale composto attivo che potenzia l’assorbimento di glucosio nelle cellule di insulinoma di ratto INS-1E. Hanno testato se le sostanze bioattive selezionate nel caffè aumentano in modo acuto e / o cronico la secrezione di insulina dalle cellule beta e migliorano la sensibilità all’insulina nelle cellule muscolari scheletriche. La secrezione di insulina da cellule di insulinoma è stata misurata dopo incubazione acuta (1 ora) e a lungo termine (72 ore) con sostanze bioattive provenienti dal caffè. Cafestol ha acutamente aumentato la secrezione di insulina del 12% (p <0,05) e del 16% (p <0,001), rispettivamente. L’esposizione a lungo termine a cafestol ha aumentato la secrezione di insulina del 34% (p <0,001) e del 68% (p <0,001), rispettivamente. L’acido caffeico, un polifenolo, ha anche aumentato la secrezione di insulina in modo acuto e cronico.

Altre sostanze bioattive nel caffè, come l’acido clorogenico, la trigonellina, l’oxokahweol e il secoisolariciresinolo non hanno alterato in modo significativo la secrezione di insulina. Il team non ha condotto (almeno finora) indagini su come questa sostanza possa aiutare la produzione di insulina. Esiste anche poca letteratura sulle azioni cellulari del cafestolo nello specifico. Le indagini maggiori si sono rivolte sulle sue azioni antiossidanti indirette mediate da risposte cellulari secondarie. Esso, infatti, attiva un fattore di trascrizione chiamato Nrf-2, che è sensibile allo stress ossidativo indotto da numerosi agenti esterni come raggi ultravioletti, sostanze ossidanti ed anche metalli pesanti (es. piombo o arsenico). Ma le risposte tardive di questo sistema non giustificano le sue azioni veloci. In passato (Ricketts et al. 2007) è stato altresì visto che il cafestolo può regolare altri recettori nucleari ed influenzare delle proteina-chinasi cellulari (Shen et al. 2010) che sono anche coinvolte nelle azioni dell’insulina. Il cafestolo, assieme al suo omologo kahweolo sono sostanze simili agli steroidi, ma non hanno direttamente tale azione. Alcuni composti analoghi in natura hanno azione su dei canali ionici per calcio o potassio, ma non si sa se il cafestolo possa agire con questo meccanismo. Tuttavia, i canali del potassio sono coinvolti nel meccanismo di secrezione dell’insulina da parte del pancreas. Per di più, una delle classi di farmaci antidiabetici correnti, le sulfaniluree (es. repaglinide) fanno rilasciare insulina alle cellule beta perché chiudono i canali del potassio.

Fa piacere sapere che, potenzialmente, l’armamentario per il diabete si può espandere con sostanze naturali; e col piacere aggiunto di chi è appassionato, che il merito viene da una delle bevande più consumate al mondo.​

  • a cura del Dr. Gianfrancesco Cormaci, PhD, specialista in Biochimica Clinica.

Pubblicazioni scientifiche

Mellbye FB et al. J Nat Prod. 2017 Aug 25; 80(8):2353-2359.

Gökcen BB, Şanlier N. Crit Rev Food Sci Nutr. 2017 Aug 30:1-13. 

Mellbye FB, Jeppesen PB et al. J Nat Prod. 2015; 78(10):2447-51.

Wu KC et al. Klaassen CD. Planta Med. 2014 Jan; 80(1):97-104.

Ricketts ML et al. Molecular Endocrin. 2007 Jul; 21(7):1603-16.

Latest

Sintomi somatici: una componente sottovalutata dei disturbi mentali conseguenti a traumi infantili

I sintomi somatici comprendono una varietà di disturbi fisici,...

“Addestramento” contro l’autoimmunità: in quale fra le condizioni conosciute l’esercizio fisico ha il maggior beneficio?

L’aumento globale delle malattie autoimmuni, guidato da fattori ambientali...

Newsletter

Don't miss

Dott. Gianfrancesco Cormaci
Dott. Gianfrancesco Cormaci
Laurea in Medicina e Chirurgia nel 1998, specialista in Biochimica Clinica dal 2002, ha conseguito dottorato in Neurobiologia nel 2006. Ex-ricercatore, ha trascorso 5 anni negli USA alle dipendenze dell' NIH/NIDA e poi della Johns Hopkins University. Guardia medica presso la casa di Cura Sant'Agata a Catania. In libera professione, si occupa di Medicina Preventiva personalizzata e intolleranze alimentari. Detentore di un brevetto per la fabbricazione di sfarinati gluten-free a partire da regolare farina di grano. Responsabile della sezione R&D della CoFood s.r.l. per la ricerca e sviluppo di nuovi prodotti alimentari, inclusi quelli a fini medici speciali.

Omega-3 ed omega-6: per il muscolo sono quasi ormoni

Un nuovo studio rivela che gli acidi grassi essenziali nella dieta possono giocare un ruolo nella regolazione della secrezione proteica nei muscoli, cambiando il...

Women and early bowel cancer: BMI is a risk factor

Women who are overweight or obese have up to twice the risk of developing colorectal cancer before age 50 as women who have what...

Dieta del protocollo autoimmune: la regolazione del sistema immunitario è “sul piatto”

La dieta del protocollo autoimmune (AIP) è un nuovo tipo di regime alimentare progettato per aiutare a ridurre l’infiammazione nel corpo per alleviare i...

Questo si chiuderà in 20 secondi