venerdì, Aprile 26, 2024

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Omega-3: l’integratore ideale per l’ovaio policistico?

La policistosi ovarica o sindrome dell’ovaio policistico (PCOS) è un disordine endocrino, riproduttivo e metabolico eterogeneo, che colpisce almeno il 5-10% della popolazione totale di donne in età riproduttiva, in tutto il mondo. Indipendentemente dall’habitus corporeo, le donne con PCOS manifestano un’incidenza di insulino-resistenza (IR) del 50-70%, risultante in una iperinsulinemia compensatoria, che segna molte delle caratteristiche cliniche di questa malattia. La PCOS comprende un ampio spettro di segni e sintomi biochimici / clinici, come cicli mestruali irregolari, ovaie policistiche, acne, sovrappeso, eccesso di androgeni con conseguente irsutismo e IR sopra menzionata. È anche associato a diverse conseguenze a lungo termine sulla salute, tra cui obesità, infertilità, complicanze ostetriche, diabete di tipo 2, malattie cardiovascolari, disagio psicologico e apparentemente disturbi dell’umore. È interessante notare che il miglioramento della IR e la riduzione dell’insulina circolante sono obiettivi terapeutici chiave nella PCOS, aumentando la fertilità e riducendo il rischio di tutta la vita per il diabete di tipo 2 e le malattie cardiovascolari precoci. Oltre alla metformina, il mio-inositolo è ora considerato un ulteriore supplemento insulino-sensibilizzante che potrebbe portare benefici alle donne con PCOS.

Esercizio fisico e uno stile di vita nutrizionale sano hanno ampiamente attirato l’attenzione nella gestione della PCOS. L’attuale studio dimostra che i disturbi metabolici nei pazienti con PCOS possono essere migliorati dall’intervento di fattori dietetici come gli alimenti anti-infiammatori. Tra i fattori dietetici, gli acidi grassi omega-3 svolgono un ruolo importante nella regolazione immunitaria, nella sensibilità all’insulina, nella differenziazione cellulare e nell’ovulazione. Questo integratore alimentare può essere usato per il miglioramento del disturbo della follicologenesi causato da stress ossidativo e iperinsulinemia nelle donne con PCOS. La supplementazione di acidi grassi omega-3 ha anche un effetto benefico su alcuni fattori di rischio cardiometabolico nelle donne con PCOS. Una precedente revisione e una meta-analisi che hanno esaminato la ricerca prima del 2015 hanno valutato gli effetti degli acidi grassi omega-3 nelle donne con PCOS, e ha riportato che gli acidi grassi omega-3 potrebbero non avere un effetto benefico sul miglioramento dell’insulino-resistenza nelle donne con PCOS. Nel corso del tempo, più studi controllati randomizzati (RCT) su omega-3 sono stati pubblicati tra il 2015 e il 2018.

Tuttavia, i nuovi RCTs hanno mostrato che gli omega-3 hanno un effetto benefico sui livelli sierici di adiponectina, sull’insulino-resistenza, sui livelli sierici dei lipidi e così via nei pazienti con PCOS, che è contrario al risultato della precedente meta-analisi. Pertanto, un gruppo della Hunan University of Chinese Medicine, Changsha, provincia di Hunan, ha studiato la letteratura totale disponibile fino ad oggi, per dimostrare se l’integrazione di acidi grassi omega-3 potrebbe servire a migliorare la PCOS. Nove RCT con 591 partecipanti hanno soddisfatto i criteri di inclusione. Cinque RCT hanno riportato il cambiamento di dei parametri di insulino-resistenza alla fine del trattamento; cinque studi randomizzati hanno riportato un miglioramento del colesterolo totale dopo l’integrazione con omega-3. Cinque su nove studi clinici hanno dimostrato un effetto favorevole anche sul profilo dei trigliceridi, quattro trials sul colesterolo LDL e tre trials sui livelli di adiponectina. Stranamente, non c’è stata una correlazione statistica significativa fra assunzione di omega-3 con insulina a digiuno, glicemia a digiuno, ormoni riproduttivi (FSH ed LH) e indice di massa corporea (BMI). Gli autori, tuttavia, puntano sul fatto che siccome l’iperinsulinemina e l’insulino-resistenza sono i caratteri metabolici cardine della PCOS, ritengono che l’integrazione alimentare con omega-3 possa essere di beneficio per le donne affette dalla condizione.

Anche se non ci sono state correlazioni positive fra omega-3 con ormoni androgeni o loro trasportatori nel sangue (SHBG), il colesterolo è il precursore di questi. Il miglioramento delle sue concentrazioni plasmatiche (totale o LDL), perciò, potrebbe riflettere indirettamente la correzione del suo metabolismo da parte degli acidi omega-3. I ricercatori hanno sottolineato che, nonostante il confronto con il gruppo di controllo, non vi sono prove evidenti che gli omega-3 abbiano un effetto su BMI, insulina a digiuno, glucosio a digiuno, HDL-C, FSH, LH, SHGB e testosterone totale, non significa che non vi è alcun significato medico. Invece, può significare che gli omega-3 potrebbero essere il trattamento più sicuro o meno costoso. Gli acidi grassi omega-3 aumentano la sensibilità all’insulina, inducendo il corpo a produrre citochine anti-infiammatorie (come adiponectina). Gli acidi grassi omega-3 possono anche ridurre l’assorbimento del colesterolo e la sintesi di LDL-C, migliorare l’attività del recettore LDL nel fegato e aumentare la velocità del catabolismo del colesterolo LDL. Pertanto, l’integrazione con acidi grassi omega-3 ha effetto benefico su alcuni fattori di rischio cardio-metabolico nelle donne con PCOS.

Per chi vuole optare al naturale, pesce e frutta secca sono fonti eccezionali di omega-3, e sicuramente più gustosi di una pillola.

  • a cura del Dr. Gianfrancesco Cormaci, PhD, specialista in Biochimica Clinica.

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Dott. Gianfrancesco Cormaci
Dott. Gianfrancesco Cormaci
Laurea in Medicina e Chirurgia nel 1998, specialista in Biochimica Clinica dal 2002, ha conseguito dottorato in Neurobiologia nel 2006. Ex-ricercatore, ha trascorso 5 anni negli USA alle dipendenze dell' NIH/NIDA e poi della Johns Hopkins University. Guardia medica presso la casa di Cura Sant'Agata a Catania. In libera professione, si occupa di Medicina Preventiva personalizzata e intolleranze alimentari. Detentore di un brevetto per la fabbricazione di sfarinati gluten-free a partire da regolare farina di grano. Responsabile della sezione R&D della CoFood s.r.l. per la ricerca e sviluppo di nuovi prodotti alimentari, inclusi quelli a fini medici speciali.

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