martedì, Aprile 23, 2024

Alzheimer: spunta fuori un altro “scheletro” per la proteina tau

La malattia di Alzheimer (AD) non scompare e peggiora nel tempo. È la sesta causa di morte più comune negli adulti negli Stati Uniti, dove si stima che 5,7 milioni di persone abbiano la malattia. Esattamente ciò che causa l’Alzheimer e altre forme di demenza è ancora un mistero per la scienza. L’evidenza suggerisce che è coinvolta una combinazione di ambiente, geni e stile di vita, con diversi fattori che hanno differenti quantità di influenza in persone diverse. La maggior parte dei casi di Alzheimer non mostrano sintomi fino a quando le persone hanno più di 60 anni. Il rischio di contrarre la malattia aumenta rapidamente con l’età successiva. Gli studi sul cervello delle persone con la malattia – insieme alle analisi postmortem del tessuto cerebrale – hanno rivelato molto su come i cambiamenti dell’Alzheimer e danneggia il cervello. I cambiamenti legati all’età includono: infiammazione; restringimento in alcune regioni del cervello; creazione di molecole instabili e di breve durata conosciute come radicali liberi; e interruzione della produzione di energia cellulare. Il cervello di una persona con malattia di Alzheimer ha anche due caratteristiche distintive: placche di proteina amiloide che si formano tra le cellule e grovigli di proteina tau che si formano all’interno delle cellule.

Le cellule cerebrali hanno strutture interne note come microtubuli che supportano la cellula e la sua funzione. Sono componenti cellulari altamente attivi che aiutano a trasportare sostanze dal corpo cellulare verso le parti che la collegano ad altre cellule. Nelle cellule cerebrali sane, la proteina tau normalmente “lega e stabilizza” i microtubuli. Tau si comporta in modo diverso, tuttavia, nella malattia di Alzheimer. I cambiamenti nella chimica del cervello fanno sì che le molecole di proteina tau si allontanino dai microtubuli e si attacchino l’un l’altro. Alla fine, le molecole tau distaccate formano lunghi filamenti, o grovigli neurofibrillari, che interrompono la capacità della cellula cerebrale di comunicare con altre cellule. Il nuovo studio introduce la possibilità che, nella malattia di Alzheimer, il tau interrompa ancora un altro meccanismo che implica la comunicazione tra il nucleo della cellula cerebrale e il suo corpo. Gli scienziati hanno scoperto un meccanismo precedentemente sconosciuto in cui la proteina tau, che è implicata nella malattia di Alzheimer, danneggia le cellule cerebrali interferendo con le loro comunicazioni interne. La scoperta getta nuova luce sulle origini di questa causa più comune di demenza, un segno distintivo di cui è l’accumulo di filamenti di proteina tau aggrovigliati nel cervello.

La scoperta potrebbe anche portare a nuovi trattamenti per l’Alzheimer e altre malattie che progressivamente distruggono il tessuto cerebrale, concludono i ricercatori in un documento sul loro lavoro che ora compare nella rivista Neuron. Gli scienziati del Massachusetts General Hospital (MGH) di Charlestown e della Johns Hopkins School of Medicine di Baltimora, MD, hanno condotto lo studio, che ha cercato di studiare come le proteine ​​tau potrebbero contribuire al danno delle cellule cerebrali. Il nucleo cellulare comunica con il resto della cellula utilizzando strutture chiamate pori nucleari, che comprendono più di 400 diverse proteine ​​e controllano il movimento delle molecole. Studi sulle cause della sclerosi laterale amiotrofica, demenza frontotemporale e altri tipi di demenza hanno suggerito che i difetti in questi pori nucleari sono coinvolti in qualche modo. Il recente studio rivela che le cellule animali e umane con la malattia di Alzheimer hanno pori nucleari difettosi, e che la colpa è legata all’accumulo di tau nella cellula cerebrale. La presenza di tau interrompe la struttura ordinata dei pori nucleari contenenti la principale proteina strutturale Nup98. Nelle cellule della malattia di Alzheimer, c’erano meno di questi pori e quelli che erano lì tendevano ad essere attaccati l’uno all’altro.

I ricercatori hanno anche osservato un altro cambiamento curioso che coinvolge Nup98. Nelle cellule con tau aggregato, la Nup98 era “dislocata” invece di rimanere nel poro nucleare. Hanno rivelato che questa caratteristica era più esagerata nel tessuto cerebrale di persone che erano morte con forme più estreme di malattia di Alzheimer. Infine, quando aggiunsero il tau umano a culture viventi di cellule cerebrali di roditori, i ricercatori scoprirono che causava una errata localizzazione di Nup98 nel corpo cellulare e interrompeva il trasporto di molecole nel nucleo. Ciò era la prova di un collegamento funzionale tra la presenza di proteina tau e il danno al meccanismo di trasporto nucleare. Gli autori notano, tuttavia, che non è chiaro se l’interazione Nup98-tau scoperta nello studio avvenga solo a causa della malattia, o se si tratti di un normale meccanismo che si comporta in modo estremo in condizioni di malattia. Lo stress ossidativo potrebbe essere il colpevole di questo fenomeno. I neuroni AD hanno un’intensa produzione di radicali liberi (ROS), che hanno dimostrato di disturbare la navicella nucleare. Alcune nucleoporine sono anche sensibili ai ROS e diventano fosforilate in risposta.

Anche la proteina Tau è esageratamente fosforilata nell’AD. Il team non ha studiato il ruolo dello stress ossidativo in questo contesto, ma non sarebbe sorprendente trovare una correlazione tra questi due fenomeni.

  • a cura del Dr. Gianfrancesco Cormaci, PhD, specialista in Biochimica Clinica.

Pubblicazioni scientifiche

Ritter ML, Avila J et al. Front Cell Neurosci. 2018 Jul 12;12:202. 

Wee M, Chegini F et al. Curr Alzheimer Res. 2018;15(10):928-937.

Zeke A et al. Microbiol Mol Biol Rev. 2016 Jul 27; 80(3):793-835

Patel VP, Chu CT. Int J Clin Exp Pathol. 2011 Mar; 4(3):215-29. 

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Dott. Gianfrancesco Cormaci
Dott. Gianfrancesco Cormaci
Laurea in Medicina e Chirurgia nel 1998, specialista in Biochimica Clinica dal 2002, ha conseguito dottorato in Neurobiologia nel 2006. Ex-ricercatore, ha trascorso 5 anni negli USA alle dipendenze dell' NIH/NIDA e poi della Johns Hopkins University. Guardia medica presso la casa di Cura Sant'Agata a Catania. In libera professione, si occupa di Medicina Preventiva personalizzata e intolleranze alimentari. Detentore di un brevetto per la fabbricazione di sfarinati gluten-free a partire da regolare farina di grano. Responsabile della sezione R&D della CoFood s.r.l. per la ricerca e sviluppo di nuovi prodotti alimentari, inclusi quelli a fini medici speciali.

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