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Dolcificanti naturali o sintetici: le revisioni per i rischi sulla salute

Tutti sanno il motivo principale dell’utilizzo del dolcificante al posto dello zucchero nel caffè, nelle bevande o in certe tipologie di alimento. Originariamente, il rimpiazzo della componente saccarosio ha permesso ai pazienti diabetici il poter accedere a buona parte delle bevande contenenti zucchero nella loro composizione. Successivamente, vivande come i prodotti da pasticceria sono diventate accessibili anche a questa larga fetta di soggetti, grazie alla sostituzione dello zucchero dell’impasto con sostanze aventi potere dolcificante notevolmente superiore e privi di effetto condizionanete sulla glicemia. Oggi, il panorama clinico è dominato da condizioni epidemiche come l’obesità franca ed il diabete mellito tipo 2, che è largamente pìù diffuso del tipo 1 o autoimmune. E’ chiaro che il limitare l’introito di glucosio alimentare, diventa imperativo nel contesto delle suddette patologie. Esistono dolcificanti naturali e sintetici. I primi sono per lo più monosaccaridi diversi dal glucosio, polialcoli derivati per trattamento chimico industriale di questi. I più noti sono:

Il FRUTTOSIO, il principale zucchero semplice della frutta, ha un potere dolcificante lievemente superiore al saccarosio, un indice glicemico minore della metà di questo, tanto da essere stato raccomandato come edulcorante specifico per cloro affetti da diabete. Questo non è risultato veritiero da studi postumi, dato che esso può esaurire le riserve di ATP molto più velocemente del glucosio, inducendo così un aumento dei livelli di acido urico nel sangue. Nel tempo, l’acido urico induce uno stato di insulino-resistenza e predispone i vasi sanguigni all’ipertensione.

Il SORBITOLO, presente nelle bacche, nelle ciliegie, nelle mele, nelle pere e nei frutti del sorbo (da cui prende il nome). Il suo potere calorico è identico a quello del glucosio, per questo attualmente non è molto indicato.

Lo XILITOLO, presente naturalmente nelle fragole, nelle prugne e nei lamponi; costituisce il dolcificante principale delle caramelle e dei chewing gums. Il suo potere calorico è la metà di quello del glucosio.

Lo STEVIOSIDE, glucoside della Stevia rebaudiana, è 300 volte più dolce dello zucchero e sta diventando sempre più di moda nelle bibite “light” o “zero calorie”, dato che non condiziona affatto la glicemia ed il suo potere calorico è praticamente uguale a zero. Non si hanno dati, tuttavia, sui suoi effetti sul metabolismo in generale o di come possa condizionare reazioni biologiche nell’uomo.

Gli edulcoranti sintetici, invece, trovano applicazione molto più estesa, dato che essendo metabolicamente inerti non dovrebbero condizionare la glicemia.

Il CICLAMMATO, scoperto nel 1937, trova impiego quasi esclusivo come edulcorante per preparazioni medicinali. Ha un potere edulcorante solamente 50 volte maggiore del saccarosio e viene in genere associato alla saccarina. Per questo composto erano sorti dubbi sulla sua cancerogenicità a carico dei reni e della vescica, effetto evidenziato esclusivamente sui ratti, che lo metabolizzano in modo diverso da come fa l’uomo.

L’ACESULFAME K, ha un potere edulcorante 200 superiore a quello dello zucchero e come la saccarina ha lo svantaggio di avere un retrogusto amaro. Ecco perchè viene associato all’aspartame o al sucralosio. E’ il dolcificante preferito per i prodotti da pasticceria, perchè è molto stabile in soluzioni sia acide che alcaline ed all’azione del calore.

Il SUCRALOSIO, scoperto casualmente nel 1976, è un derivato clorurato del saccarosio. Ha un potere edulcorante 600 volte maggiore del saccarosio. Contrariamente a quanto si era riscontrato prima, ovvero la sua inerzia metabolica, dati del 2018 indicano che suoi metaboliti si ritrovano nel tessuto adiposo e possono essere trasformati dai batteri intestinali, sollevando dubbi sulla sua reale atossicità.

La SACCARINA, scoperta per caso nel 1879, è circa 450 volte più dolce dello zucchero ma ha lo svantaggio di avere un retrogusto metallico. Ecco perché viene accoppiata all’aspartame. In passato erano sorti timori riguardo alla sua presunta azione cancerogena sulla vescica, fenomeno osservato nei ratti da esperimento. Questo non si verifica per l’uomo e numerosissimi esperimenti al riguardo lo hanno provato.

Infine, si cita l’ASPARTAME, scoperto nel 1965 e circa 250 volte più dolce dello zucchero, rappresenta una tipologia di dolcificante più biocompatibile, dato che è formato da due amminoacidi: la fenilalanina e l’aspartato. Sono sorte preoccupazioni riguardo alla formazione di formaldeide dal suo metabolismo endogeno, essendo un estere metilico. Sono state esposte, altresì, numerose polemiche sulla sua presunta azione cancerogena sul cervello, ma nessuno studio ha mostrato una correlazione tra questa patologia e la sua assunzione cronica. L’unica precauzione da usare è non assumere edulcoranti contenenti aspartame in caso di fenilchetonuria, la nota malattia del metabolismo della fenilalanina.

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E’ indubbio che i dolcificanti rappresentano una modalità per i diabetici e per gli obesi di poter accedere agli alimenti o alle bevande dolci, senza preoccuparsi della glicemia post-prandiale. Tra tutti quelli naturali, i più indicati al consumo sono lo xilitolo e lo stevioside (stevia), perchè lo xilitolo ha il potere calorico minore e lo stevioside non ne ha affatto. I dolcificanti di sintesi, sono stati sempre guardati con sospetto o timore, a volte demonizzati perchè sostanze “non naturali” e quindi non appartenenti alla naturale costituzione dell’organismo, additati di possedere effetti cancerogeni o di avvelenamento subdolo. Senza entrare nel merito di critiche, prese di posizione, formazione culturale o quant’altro, si intende precisare che essendo queste sostanze notevolmente più dolci dello zucchero da tavola, la quantità necessaria aggiunta per unità di alimento o bevanda è dell’ordine dei milligrammi. Tra l’altro, queste sostanze vengono introdotte in commercio solo dopo studi decennali di laboratorio, e vanno incontro a valutazione da parte di commissioni di esperti del campo. In Europa, l’EFSA è l’agenzia responsabile del controllo e della regolamentazione degli alimenti e dei loro additivi; negli Stati Uniti, la controparte è rappresentata dalla Food and Drug Administration (FDA).

Per ultimo, tutti i dolcificanti presenti in commercio sono messi nella lista degli additivi alimentari approvati a norma di legge, rappresentati con le sigle da E950 ad E961. Questo da solo, garantisce la loro sicurezza per la salute. Per ulteriori approfondimenti, si possono consultare il sito on-line dell’EFSA, dell’FDA e di altri enti internazionali che si occupano di norme in campo alimentare. Quindi, i dolcificanti, siano naturali o sintetici, sono stati pensati per abbattere l’introduzione esagerata di zuccheri con l’alimentazione, specie per una patologia così diffusa come il diabete. Considerati i dati sempre maggiori che correlano, inoltre, l’introito di glucosio con le malattie metaboliche ed i tumori, il potere accedere agli alimenti con una buona dose di calorie in meno può risultare di ordine preventivo. Per i pazienti diabetici, si capisce la gestione disciplinata della glicemia è imperativa per evitare la comparsa di complicanze. Non è altresì da escludere l’opzione che si è liberi di scegliere di aggiungere al caffè del mattino o della pausa, lo zucchero regolare, quello di canna, il miele (ove disponibile), un dolcificante a scelta o non aggiungerne affatto se lo si accompagna con un prodotto da pasticceria che ci fa cominciare “dolcemente” la nostra giornata.

  • a cura del Dr. Gianfrancesco Cormaci, PhD, specialista in Biochimica Clinica.

Bibliografia scientifica

Glendinning JI. Obesity (Silver Spring). 2018; 26(Suppl 3):9-17.

Perrier JD et al. Food Chem Toxicol. 2018 Dec; 122:132-142.

Bryant C, McLaughlin J (2016) Physiol. Behav; (16):30162-67.

Fowler SP (2016) Physiol. Behav. Apr 26; (16):30184-86.

Helm L, MacDonald IA (2015) Nutr Rev 73 (Suppl 2):120-29.

Rogers PJ et al (2016) Int. J. Obes (Lond) 40(3): 381-94.

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Dott. Gianfrancesco Cormaci
Laurea in Medicina e Chirurgia nel 1998, specialista in Biochimica Clinica dal 2002, ha conseguito dottorato in Neurobiologia nel 2006. Ex-ricercatore, ha trascorso 5 anni negli USA alle dipendenze dell' NIH/NIDA e poi della Johns Hopkins University. Guardia medica presso la casa di Cura Sant'Agata a Catania. In libera professione, si occupa di Medicina Preventiva personalizzata e intolleranze alimentari. Detentore di un brevetto per la fabbricazione di sfarinati gluten-free a partire da regolare farina di grano. Responsabile della sezione R&D della CoFood s.r.l. per la ricerca e sviluppo di nuovi prodotti alimentari, inclusi quelli a fini medici speciali.

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