sabato, Aprile 20, 2024

Dieta mediterranea e vegeteriana a confronto: come cambiano i markers della salute e del rischio cardiovascolare

Le malattie cardiovascolari (CVD) e la loro profonda comprensione sono fondamentali per la prevenzione, la diagnosi precoce e il trattamento. Le apolipoproteine, che regolano il metabolismo delle lipoproteine, sono considerate un marcatore di rischio per CVD. L’ApoA-I, presente principalmente nei lipidi delle lipoproteine ad alta densità (HDL), svolge un ruolo protettivo nel trasporto inverso del colesterolo. La Società Europea di Cardiologia (ESC) raccomanda l’ApoB come marcatore di rischio CVD. Tuttavia, i dati sull’influenza della dieta sulle apolipoproteine sono limitati. In uno studio recente, i ricercatori hanno valutato l’impatto della dieta latto-ovovegetariana (VED) e della dieta mediterranea (MED) sui livelli di apolipoproteine e sui fattori di rischio di malattie cardiovascolari (CVD) tra gli individui a rischio basso-moderato. In particolare, è stata valutata l’influenza delle diete MED e VED sulle apolipoproteine circolanti e la loro associazione con gli stimatori del rischio di malattie cardiovascolari, come i livelli di citochine infiammatorie e i profili lipidici.

Lo studio ha incluso 52 partecipanti (39 donne; età media 49 anni) allo studio clinico crossover randomizzato e crossover con dieta cardiovascolare con dieta vegetariana (CARDIVEG). Gli individui idonei erano in sovrappeso o obesi con indice di massa corporea (BMI) ≥ 25 kg/m2, colesterolo LDL superiore a 115 mg% m, livelli di trigliceridi superiori a 150 mg%; colesterolo totale superiore a 190 g/dL; e glicemia a digiuno compresa tra 110 e 125 mg%. I partecipanti hanno seguito le diete MED (27 individui) e VED (25 individui) per tre mesi. Entrambe le diete comprendevano dal 50% al 55% di carboidrati, dal 15% al 20% di proteine e dal 25% al 30% di grassi totali (≤7% di grassi saturi, meno di 300 milligrammi di colesterolo). Il team ha fornito ai partecipanti piani di menu di una settimana, diverse ricette e dati precisi sugli alimenti da consumare ed evitare. Gli esiti primari erano i cambiamenti nel peso corporeo, nella massa grassa e nell’indice di massa corporea (BMI).

Gli esiti secondari includevano cambiamenti nei marcatori circolanti di rischio CVD e nei livelli di apolipoproteine. MED e VED hanno migliorato i profili lipidici e le variabili antropometriche, riducendo l’energia totale, i grassi e il colesterolo e aumentando i carboidrati totali. Il VED ha ridotto le proteine e aumentato le fibre alimentari, mentre il MED ha ridotto il peso corporeo, la massa grassa e il BMI. La VED riduce anche la massa corporea magra, l’LDL, del 5%, mentre la MED riduce i trigliceridi sierici del 9%. Entrambe le diete hanno abbassato le citochine infiammatorie, con la MED che ha ridotto l’IL-10 del 37% e l’IL-17 del 49%. Entrambe le diete hanno ridotto i parametri infiammatori, con livelli di ApoC-I significativamente più alti (24%) dopo VED. Entrambe le diete hanno aumentato i livelli di ApoA-I, ApoC-I e ApoD. Tuttavia, i rapporti ApoB/ApoA-I si sono ridotti rispettivamente dell’1,9% e del 7,4% dopo VED e MED. Al contrario, il team ha osservato tendenze opposte per ApoB, ApoC-III e ApoE.

Il team ha trovato correlazioni negative tra apolipoproteina C-III e carboidrati dopo MD e tra livelli di ApoD e grassi saturi dopo VED. Al contrario, hanno trovato correlazioni positive tra HDL e ApoD dopo VED e tra trigliceridi sierici, ApoCI e ApoD dopo MED. IL-17 correlava positivamente con ApoB e ApoC-III dopo VED. Tuttavia, hanno trovato correlazioni negative significative tra ApoC-III e percentuale di carboidrati dopo MED e tra ApoD e percentuale di grassi saturi dopo VED. I trigliceridi sierici hanno mostrato correlazioni positive con i livelli di ApoC-I e ApoD dopo MED. I cambiamenti dell’HDL erano correlati positivamente con i livelli di ApoD dopo VD. Le regressioni lineari hanno confermato i risultati, aggiustati per potenziali fattori confondenti come la variazione di peso e l’ordine di trattamento. I risultati dello studio hanno dimostrato che entrambe le diete migliorano il rischio di malattie cardiovascolari negli individui a rischio CVD basso-moderato regolando i profili lipidici e infiammatori.

La MED influisce in modo più positivo sui livelli di apolipoproteine, soprattutto nelle donne, negli individui di età superiore ai 50 anni e in quelli con uno o due fattori di rischio CVD. Lo studio ha anche riscontrato differenze nelle associazioni tra livelli di apolipoproteine e nutrienti specifici, con un’inaspettata associazione inversa tra assunzione di carboidrati e ApoC-III dopo MED. Quindi, nonostante l’esiguità della coorte studiata, è evidente che ogni tipologia di dieta intrapresa per correggere il rischio cardiovascolare non è esattamente sovrapponibile nelle sue modalità di azione, di correzione e modifiche dei biomarkers. E’ ovvio che la composizione dei macronutrienti è fondamentale, dato che la importante limitazione dei carboidrati generali e delle proteine animali (soprattutto nella dieta VED) può modificare il metabolismo di trigliceridi e colesterolo, ma non è tutto da imputare ai macronutrienti. La MED è una dieta che ha una parziale limitazione delle proteine di origine animale, ma l’effetto alimentare di alcune tipologie vegetali e del consumo di olio extravergine di oliva può avere i suoi effetti aggiuntivi.

Entrambe le tipologie di dieta, poi, sono molto ricche in vegetali che apportano buone quantità di acidi fenolici, polifenoli ed altre sostanze che regolano il metabolismo epatico dei lipidi. La MED è particolarmente apprezzata dalla comunità scientifica per questa componente di micronutrienti. Sicuramente, anche l’influenza della presenza di piccole quantità di carne della MED rispetto alla VED è da includere; in fondo ambo le diete non sono molto dissimili nella composizione. Ma se cambiano il trend dei biomarkers in modo diverso è da pensare che alcuni componenti nutrizionali siano responsabili degli effetti specifici. La MED è stata particolarmente enfatizzata per il ruolo dei componenti bioattivi presenti nell’olio extravergine di oliva (tisoroli, iridoidi e acidi grassi poli-insaturi) ed il loro possibile effetto modulatore sul metabolismo lipidico. Ed ovviamente, non può mancare il possibile contributo del microbiota intestinale (non indagato nella presente indagine).

La comunità intestinale risente di modifiche anche lievi della composizione alimentare. E biomolecole come flavonoidi, acidi fenolici, terpeni e le varie tipoloie di fibre vegetali hanno effetti profondi sulla composizione e l’efficienza del microbiota intestinale. Il principio può valere ovviamente anche per altre famose tipologie di diete conosciute a livello popolare (es. dieta Zona, Atkins ed altre) e che sono impiegate dai più a puri fini estetici (la riduzione del peso corporeo), con la scienza che ha cercato invece di capire su quale base ognuna di esse agisse sulla salute metabolica e cardiovascolare. A secondo del substrato personale, degli specifici fattori di rischio introdotti con lo stile di vita e la tipologia di alimentazione adottata in partenza, sarebbe possibile dire ad ognuno quale è il miglior approccio dietetico per impedire la comparsa di problemi cardiovascolari.

  • A cura del Dr. Gianfrancesco Cormaci, PhD, specialista in Biochimica Clinica.

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Pubblicazioni scientifiche

Pagliai G et al. Nutr Metab (Lond) 2024; 21(9).

Gardner CD et al. Am J Clin Nutr. 2022; 116(3):640.

Pagliai G et al. Br J Nutr. 2021; 125(3):308-18.

Grao-Cruces E et al. Nutrients. 2021; 13(3):955.

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Dott. Gianfrancesco Cormaci
Dott. Gianfrancesco Cormaci
Laurea in Medicina e Chirurgia nel 1998, specialista in Biochimica Clinica dal 2002, ha conseguito dottorato in Neurobiologia nel 2006. Ex-ricercatore, ha trascorso 5 anni negli USA alle dipendenze dell' NIH/NIDA e poi della Johns Hopkins University. Guardia medica presso la casa di Cura Sant'Agata a Catania. In libera professione, si occupa di Medicina Preventiva personalizzata e intolleranze alimentari. Detentore di un brevetto per la fabbricazione di sfarinati gluten-free a partire da regolare farina di grano. Responsabile della sezione R&D della CoFood s.r.l. per la ricerca e sviluppo di nuovi prodotti alimentari, inclusi quelli a fini medici speciali.

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