Sempre maggiori evidenze collegano problemi di tiroide con il sovrappeso e/o l’obesità. L’esito ultimo dell’obesità è in genere il diabete tipo 2 o farmaco-dipendente, ma non è detto che a causarlo non possa contribuire anche qualche disturbo tiroideo. Questo è stato l’obiettivo di uno studio pubblicato lo scorso Dicembre, che ha valutato l’associazione tra insulino-resistenza e patologia tiroidea in pazienti obesi e confrontare i risultati tra pazienti insulino-resistenti e non resistenti. Un gruppo di lavoro presso l’Università di Medicina e Farmacia Iuliu Haţieganu, in Romania, ha arruolato pazienti obesi/non diabetici, di età compresa tra 18 e 70 anni (82 in totale), frequentanti il servizio di endocrinologia ambulatoriale per 2 anni. Il team ha valutato il glucosio plasmatico a digiuno, l’insulina, la resistenza all’insulina (test HOMA-IR), l’ormone stimolante la tiroide (TSH), la tiroxina libera (FT4), gli anticorpi antitiroperossidasi (TPO-Ab), gli anticorpi anti-antitiroglobulina (Tg-Ab) e gli esami di ecografia tiroidea.
I disturbi della tiroide riscontrati e la loro prevalenza erano: ipotiroidismo (14,6%), ipertiroidismo (1,2%), gozzo (28,0%), noduli tiroidei (35,4%) e tiroidite di Hashimoto (32,9%). Il test HOMA-IR si correlava positivamente con i livelli di TSH, e questa correlazione rimaneva dopo aggiustamento per indice di massa corporea (BMI), rapporto vita/fianchi (WHR), cortisolo sierico, spessore del grasso sottocutaneo (SFT), spessore del grasso viscerale (VFT), trigliceridi e markers epatici gamma-GT e transaminasi ALT. I livelli di TSH erano significativamente più alti nei pazienti con HOMA-IR ≥ 2,5 rispetto a quelli con HOMA-IR <2,5. Il disturbo della tiroide collettivamente più diffuso nei pazienti che frequentavano le indagini sull’obesità erano i noduli tiroidei. Uno su sette pazienti ha avuto ipotiroidismo; secondo gli autori, questo suggerisce che i livelli di TSH sono correlati con l’insulino-resistenza nei pazienti obesi.
L’irisina, una adipo-miokina di recente scoperta, è implicata nella modulazione del fenotipo adiposo, aumentando il dispendio energetico e migliorando il metabolismo sistemico. Un team dell’Università Nazionale e Kapodistriana di Atene, in Grecia, ha studiato l’irisina circolante nell’ipotiroidismo subclinico (SH) e studia le sue associazioni con fattori di rischio cardiometabolico. In un ampio studio caso-controllo, il team ha analizzato marcatori sierici come l’irisina, altre adipochine, citochine, transaminasi. lipidi, resistenza all’insulina e fattori di rischio cardiovascolare in 120 pazienti consecutivi con SH. 120 controlli sani sono stati abbinati per età, sesso e data di prelievo di sangue. Sedici pazienti con SH hanno ricevuto trattamento con tiroxina e, dopo 6 mesi, sono stati valutati l’irisina sierica e altri markers.
In tutti i partecipanti, l’irisina era positivamente associata a TSH, anti-TG, HOMA-IR, peptide C, markers lipidici e infiammatori, leptina e fattori di rischio cardiovascolare, compreso il punteggio Framigham e l le apolipoproteine B/A-I. L’irisina era correlata negativamente con adiponectina, HDL-C e ormoni tiroidei. L’irisina sierica era indipendentemente associata a SH, al di sopra e al di là dell’indice di massa corporea e dei fattori cardiometabolici. Il TSH era un predittore indipendente dell’irisina in circolo. La terapia ormonale non ha invertito considerevolmente lo stato dell’irisina nei pazienti trattati. Ciò potrebbe significare che l’irisina può rappresentare una adipo-miokina che compensa un potenziale, graduale deterioramento del metabolismo dei lipidi e della sensibilità all’insulina nell’ipotiroidismo sub-clinico. Inoltre, potrebbe riflettere un meccanismo di compensazione protettiva contro lo stress ossidativo nelle cellule muscolari e tiroidee.
Infine, degli scienziati che lavorano presso l’Università di Poznan di Scienze Mediche, Poznan, Polonia, hanno studiato l’effetto della resistenza all’insulina (IR) sulla funzione tiroidea, l’autoimmunità tiroidea e il volume della tiroide nel diabete di tipo 1 (T1DM). Sono stati inclusi 100 pazienti consecutivi con T1DM di 29±6 anni con diabete di durata 13±6 anni. I principali marcatori di sangue valutati erano l’ormone stimolante la tiroide (TSH), gli ormoni tiroidei liberi e gli anticorpi anti-tiroidei. Il volume della tiroide è stato misurato mediante ecografia. La IR è stata valutata utilizzando la formula del tasso di smaltimento del glucosio (eGDR). Nel gruppo di studio il 22% dei soggetti aveva una resistenza all’insulina definita come eGDR inferiore o uguale a 7,5mg/kg/min.
La prevalenza dell’autoimmunità tiroidea (positività per ATPO o ATg o TRAb) nel gruppo di studio era del 37%. Non ci sono state differenze significative nella concentrazione di TSH, FT3, FT4, la prevalenza di AIT e ipotiroidismo tra IR e un gruppo insulino-sensibile. Il volume tiroideo era correlato inversamente con eGDR e tale associazione era indipendente dal sesso, dall’età, dalla durata del diabete, dalla dose giornaliera di insulina, dal BMI, dal fumo di sigaretta, dal valore di TSH e dalla presenza di autoimmunità tiroidea. Il team ha concluso che l’insulino-resistenza è associata a un più ampio volume della tiroide in pazienti con diabete di tipo 1, indipendentemente dal sesso, dall’indice di massa corporea, dai livelli di TSH e presenza di disordini tiroidei autoimmuni.
Non solo direttamente collegata alla presa di peso, dunque, l’amica tiroide; sembra che nasconda connessioni anche col diabete.
- a cura del Dr Gianfrancesco Cormaci, PhD, specialista in Biochimica Clinica.
Pubblicazioni citate
Rogowicz-Frontczak A et al. Endokrynol Pol. 2017;68(3):334-351.
Stratigou T et al., Papavassiliou AG. Endocrine. 2018 Feb 17.
Răcătăianu N et al. Arch Endocrinol Metab. 2017 Dec;61(6):575-583.
Rogowicz-Frontczak A etal. Scand J Clin Lab Invest. 2018 Apr 19:1-6.

Dott. Gianfrancesco Cormaci

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