Nel 1970, il microbiologo Satoshi Ōmura raccolse un campione di terreno dai boschi vicino a un campo da golf a Kawana, sulla costa sud-orientale di Honshu, in Giappone. Ōmura isolò e coltivò un batterio Gram-positivo, una specie allora sconosciuta di Streptomyces, che fu inviato a William Campbell a Merck (insieme ad altri 50 ceppi di Streptomyces considerati insoliti nell’aspetto o nelle caratteristiche della cultura) per testare gli effetti antiparassitari. Quelle culture hanno mostrato una potente attività contro l’infezione da Heligomosoides polygyrus nei topi e i componenti attivi sono stati purificati, rivelando una famiglia di glico-lattoni. Questi composti presenti in natura sono stati denominati avermectine (e il batterio, Streptomyces avermitilis) per riflettere le condizioni “medie” senza vermi che hanno prodotto. Successivamente sono diventati un efficace antielmintico veterinario. Il principale membro del gruppo, l’ivermectina (IVM) non è attivo contro le tenie, ma ha attività contro vari artropodi, inclusi pidocchi, acari e alcune zecche. La IVM ha un ampio margine di sicurezza nella maggior parte dei mammiferi e nel 1981 è stata introdotta nel mercato della salute degli animali da Merck & Co. Il mercato della IVM è rimasto eccezionalmente forte nel settore zootecnico, in particolare per il controllo dei nematodi gastrointestinali, sebbene sia anche concesso in licenza per il controllo dei vermi polmonari del bestiame.
L’IVM e suoi derivati sono attualmente gli antielmintici più comunemente utilizzati nell’industria delle pecore e dei cavalli del Regno Unito e nell’industria statunitense del bestiame. Le avermectine sono dotate anche di attività antibatterica (principalmente contro il micobatterio della tubercolosi) ed antitumorale. Una cosa straordinaria su queste sostanze è che non hanno un solo meccanismo d’azione. La loro azione su cellule tumorali coltivate in vitro (leucemia, cancro cerebrale, carcinoma polmonare e del colon) sembra comportare l’influenza su diversi substrati cellulari. Uno di questi è il complesso delle importine alfa-beta, le proteine che costituiscono i pori nucleari, strutture deputate all’entrata o all’uscita di proteine dal nucleo. L’altro è la RNA elicasi DDX23. Ed è qui che entriamo nella scoperta del momento. Questo enzima ha a che fare col metabolismo dell’RNA cellulare, ma anche con quello dei virus, che si servono di essa per processare il loro RNA ed integrarlo con i sistemi della cellula. Infatti, l’ivermectina è dotata anche di attività antivirale sebbene questa sia indiretta. Essa è risultata attiva nell’impedire la replicazione dell’herpes virus HSV-1, del virus Zika, del circovirus suino (PCV2), del virus Dengue, il virus della febbre del Nilo e del virus della malattia di Newcastle ovvero di svariati virus il cui acido nucleico è l’RNA.
È per tale ragione che un team di ricercatori del Monash Biomedicine Discovery Institute di Melbourne in Australia, guidato dalla professoressa Kylie Wagstaff, ha indagato se questa proprietà potesse essere sfruttata contro il nuovo coronavirus SARS-CoV2. In test di laboratorio in vitro, infatti, la molecola ha dimostrato che in sole 48 ore è in grado di ridurre la carica virale del SARS-CoV2 di quasi ben 5000 volte all’interno di una coltura cellulare. In pratica lo annienta interferendo con i processi che il virus sfrutta nelle cellule per replicarsi, e ottiene una significativa riduzione già in sole 24 ore. La molecola ha tenuto fede ai suoi meccanismi d’azione citati ed ha impedito l’utilizzo delle proteine virali da parte del nucleo cellulare. Bisognerà tradurre questi dati sperimentali in prove cliniche, il che è ancora presto; il lato positivo è che essendo un farmaco approvato e ben tollerato, salterà facilmente tutti i passaggi di analisi preliminare e pre-clinica. Tra le caratteristiche più interessanti dell’ivermectina vi è il fatto che fa parte dell’elenco dei cosiddetti “farmaci essenziali” dell’OMS, ovvero figura tra i più sicuri, efficaci e importanti da adottare. È dunque ampiamente approvato dalle principali agenzie dedicate alla regolamentazione dei farmaci, come l’FDA americana, l’EMA europea e la nostra AIFA. Inoltre, ha un costo molto ridotto che ne può permettere facilmente l’approvvigionamento.
Il team ha già mandato i loro risultati sulla rivista specialistica Antiviral Research.
- A cura del Dr. Gianfrancesco Cormaci, PhD; specialista in Biochimica Clinica.
Pubblicazioni scientifiche
Raza S, Shahin F et al. Microorganisms 2020 Mar 13; 8(3).
Yang SN, Atkinson SC. Antiviral Res. 2020 Mar 2:104760.
Wang X, Lv C, Ji X et al. Virus Res. 2019 Apr 2; 263:80-86.
Xu TL et al. PLoS Negl Trop Dis. 2018; 12(11):e0006934

Dott. Gianfrancesco Cormaci

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