L’emicrania è un tipo di mal di testa con episodi ricorrenti, essendo unilaterale e di intensità variabile. Emicrania e obesità, indipendentemente e in modo significativo, aggiungono peso personale e sociale, diminuiscono la qualità della vita e aumentano l’utilizzo dell’assistenza sanitaria. L’emicrania è spesso una condizione di comorbilità tra gli individui obesi. I percorsi sovrapposti centrali e periferici condivisi da obesità ed emicrania sono stati ipotizzati come un potenziale meccanismo per contribuire all’associazione. Diversi studi suggeriscono che le associazioni fisiopatologiche multifattoriali tra emicrania e obesità contribuiscono alla prevalenza dell’emicrania negli adulti con obesità. Il rischio di emicrania episodica e cronica aumenta con il crescere del peso da normale a obeso, con un rischio maggiore tra quelli con obesità addominale e in gruppi di età riproduttiva. Le donne obese durante i loro anni riproduttivi rappresentano una popolazione ad alto rischio associata a insorgenza di emicrania. L’obesità e l’emicrania sono comuni nei paesi industrializzati.
Migliorare la qualità della vita e l’invalidità per questi pazienti avrà un forte impatto su queste popolazioni e ridurrà i costi sanitari diretti e indiretti. Per chi soffre di emicrania con obesità, perdere peso può diminuire il mal di testa e migliorare la qualità della vita, riferiscono i ricercatori italiani e statunitensi. L’autore principale della ricerca è Claudio Pagano, MD, PhD, professore associato di Medicina Interna all’Università di Padova, che ha spiegato: “Se soffri di emicrania e sei obeso, perdere peso migliorerà la qualità della tua vita familiare e sociale, così come il tuo lavoro e la produttività scolastica. La tua qualità di vita complessiva migliorerà notevolmente. La perdita di peso negli adulti e nei bambini con obesità migliora notevolmente l’emicrania migliorando tutte le principali caratteristiche che peggiorano la qualità della vita degli emicranici. Quando le persone perdono peso, il numero di giorni al mese con l’emicrania diminuisce, così come la gravità del dolore e la durata dell’attacco mal di testa. La perdita di peso riduce anche l’impatto delle condizioni associate all’obesità, tra cui diabete, malattia coronarica ed ictus”.
Per studiare gli effetti della perdita di peso conseguita attraverso la chirurgia bariatrica o l’intervento comportamentale sulla frequenza e gravità dell’emicrania, Pagano e il suo team hanno esaminato i database standard di ricerca medica online per gli studi che prendevano in considerazione l’intensità del dolore, la frequenza del mal di testa, la durata dell’attacco, la disabilità; e indice di massa corporea (BMI), cambiamento di BMI, intervento (chirurgia bariatrica contro comportamentale) e popolazione (adulto contro pediatrico). In una meta-analisi dei 473 pazienti nei 10 studi che hanno soddisfatto i criteri di inclusione dei ricercatori, hanno scoperto che la perdita di peso era legata a significative riduzioni della frequenza di mal di testa, intensità del dolore e disabilità; così come la durata dell’attacco. Il miglioramento dell’emicrania non era legato né al grado di obesità al basale né alla quantità di riduzione del peso. Inoltre, l’effetto sull’emicrania è stato simile quando la riduzione del peso è stata ottenuta mediante chirurgia bariatrica o intervento comportamentale ed era paragonabile negli adulti e nei bambini.
I meccanismi che collegano l’obesità e l’emicrania non sono chiari, secondo gli autori, ma possono includere l’infiammazione cronica, comorbidità nell’obesità e fattori di rischio comportamentali e psicologici. Le adipocitochine hanno una sicura associazione con la malattia: una ricerca molto recente ha trovato una correlazione positiva tra livelli di leptina e biomarkers infiammatori IL-6, TNF-α e proteina C-reattiva (PCR). La leptina è anche in grado di attraversare la barriera emato-encefalica ed è presente nel liquido cerebrospinale. L’adiponectina è una adipochina con ruoli importanti nell’omeostasi energetica, del glucosio, dei lipidi e anche nell’infiammazione. In un altro studio precedente, a parte la leptina e l’adiponectina, i ricercatori hanno trovato anche livelli più alti della adipochina chiamata resistina. È possibile che i livelli più elevate di queste proteine infiammatorie abbassino la soglia del dolore o dello scatenamento di un attacco stesso. Tra l’altro, fra i meccanismi cellulari di queste citochine, vi è la produzione di ossido nitrico (*NO), un mediatore chimico con effetto vasodilatatore che è già stato connesso al dolore emicranico.
E poi bisognerebbe approfondire fattori comportamentali e psicologici: disadattamento, sensi di colpa, abusi traumatici, bullismo e congeneri. Ce ne è abbastanza per confermare la complessa ed intricata natura di questa condizione.
- A cura del Dr. Gianfrancesco Cormaci, PhD, specialista in Biochimica Clinica.
Pubblicazioni scientifiche
Di Vincenzo A et al. Obes Surg 2020; 30(6):2173-2185.
Abbasi M et al. Cephalalgia 2019: 333102418807182.
Wu J et al. Clinicoecon Outcomes Res. 2018; 11:51-59.
Farris SG et al. Cephalalgia 2018; 38(11):1707-1715.