La sclerosi multipla (SM) è una comune malattia autoimmune e neurodegenerativa del sistema nervoso centrale. I pazienti con sclerosi multipla sono a maggior rischio di riduzione della densità minerale ossea (BMD) e delle fratture. L’eziologia della perdita ossea nella SM, tuttavia, non è chiara. La vitamina D (VD3), un fattore importante per la salute delle ossa e la regolazione immunitaria, ha dimostrato di avere una bassa concentrazione sierica nei pazienti con sclerosi multipla. Questi pazienti hanno anche fattori di rischio di fratture multiple, tra cui l’immobilizzazione progressiva e il trattamento a lungo termine con steroidi. Uno scarso stato di vitamina D è un fattore di rischio per la SM, e l’integrazione di vitamina D è stata raccomandata sia per prevenire la progressione della SM che per mantenere la salute delle ossa. Recentemente, tuttavia, sono stati pubblicati alcuni studi per determinare la prevalenza e i fattori di rischio della bassa densità minerale ossea (BMD) in questi pazienti.
Coskun-Benlidayi et al. (2015) hanno studiato pazienti con SM sottoposti a valutazione della BMD tramite assorbimetria a raggi X a doppia energia (DEXA) per quattro anni (2010-2013). Il gruppo di studio comprendeva 67 pazienti con un’età media di 45 anni. Tra i pazienti, il 20,9% ha rivelato una BMD bassa per età cronologica. Insufficienza globale della vitamina D (<20 ng / ml) era dell’86,6%. La BMD del collo era inversamente correlata con la durata della malattia, il numero di recidive e l’assunzione di steroidi nel corso della vita. Uno studio l’anno dopo ha confermato i dati in una coorte di 72 pazienti con SM, 20 uomini e 52 donne (Kępczyńska K et al. 2016). La salute delle ossa è stata analizzata utilizzando la densitometria standard nella colonna lombare e nel collo del femore. Sono stati valutati i livelli sierici di VD, calcio, fosfato e paratormone. Sono stati classificati due gruppi di pazienti: SM recidivante-remittente (RRMS) e con recidiva progressiva (PRMS). La densitometria ha rivelato osteopenia nel 36% dei pazienti e osteoporosi del 15,3%.
Sessantotto pazienti affetti da sclerosi multipla (94,4%) avevano un livello sierico inferiore di VD, rispetto ai valori medi e tredici pazienti presentavano un grave deficit di VD. La pro-calcitonina (proCT) è stata segnalata come un biomarker di infiammazione sistemica e malattia autoimmune; tuttavia, i suoi cambiamenti nei pazienti con SM non sono stati ben esplorati. Uno studio ha valutato l’effetto della terapia con melatonina (10 mg / kg) sul metabolismo osseo e l’osteoporosi nel modello sperimentale di encefalomielite autoimmune (EAE) della SM e nei pazienti con sclerosi multipla (Gharegani et al 2017). I dati hanno mostrato un significativo aumento dei livelli sierici di proCT nei pazienti con sclerosi multipla, inversamente correlato con i livelli di melatonina, rispetto ai soggetti sani. D’altra parte, la terapia con melatonina ha migliorato la gravità dell’EAE riducendo significativamente i punteggi clinici medi. I livelli sierici di osteocalcina (OCN) sono risultati significativamente ridotti nei pazienti con sclerosi multipla.
Inoltre, i livelli sierici di proCT erano significativamente alti nei topi EAE, ma sono stati ridotti dalla melatonina. Inoltre, la riduzione di vitamina D, calcio e osteocalcina nei topi EAE è stata significativamente aumentata dalla melatonina. Tuttavia, un altro studio ha suggerito che tale integrazione di vitamina D non previene la perdita di massa ossea in persone con SM che non sono carenti di vitamina D (Holmøy T et al., 2017). I ricercatori hanno concluso che i pazienti con SM hanno un’alta incidenza di carenza di vitamina D, osteopenia e osteoporosi; e che i loro disturbi della salute delle ossa erano legati alla disabilità causata dalla malattia. Tuttavia, l’integrazione di vitamina D potrebbe non essere così efficace nel prevenire l’insorgenza di osteopenia o osteoporosi nei pazienti con sclerosi multipla. Piuttosto, è probabile che gli effetti di impoverimento osseo derivino dalla flogosi cronica che affliggono questi pazienti. I livelli di citochine infiammatorie circolanti nel sangue sono sempre più alte media; nel tempo, queste determinano l’attivazione del riassorbimento osseo.
Ironicamente, anche il rimedio storico principale della SM, gli steroidi, pur essendo antiinfiammatori promuovono il riassorbimento osseo con processi diversi dalle citochine. In ogni caso, dunque, i pazienti con SM nel tempo sembrerebbero destinati a una osteoporosi. Fortunatamente, un nuovo farmaco ufficialmente introdotto nella terapia della SM, fingolimod, sembra avere un effetto anti-riassorbimento sull’osso. Fingolimod è un agonista del recettore della sfingosina-1-fosfato, dotato di effetto immunosoppressore e ora utilizzato per inibire l’attività infiammatoria della sclerosi multipla. È stato dimostrato che sopprime l’osteoporosi nei modelli murini. In uno studio preliminare, i livelli dei markers del turnover osseo sono stati quantificati in campioni di siero e urine da pazienti con SM trattati con fingolimod (Miyazaki Y et al., 2016). Rispetto ai pazienti con SM non trattati e ai controlli sani, i pazienti con SM trattati con fingolimod avevano un livello significativamente più basso del marker di riassorbimento osseo CNTP nelle urine. Questo fenomeno è prominente nelle femmine, ma non è stata vista nei soggetti di sesso maschile.
I ricercatori ritengono che il fingolimod possa avere un effetto benefico sulla perdita di massa ossea nelle pazienti con sclerosi multipla. Un ultimo studio pubblicato nel 2019 (Bisson EJ et al.) ha confermato che esiste correlazione fra sclerosi multipla e prevalenza di osteoporosi in questi pazienti, dato ottenuto da 783 casi clinici accostati a più di 3900 controlli sani. Le densitometrie hanno rivelato che le persone con SM hanno una densità/massa ossea inferiore e una maggiore prevalenza di osteoporosi rispetto a persone di età e sesso simili senza la malattia. Quest’anno, invece è stato confermato che un farmaco usato per contrastare l’osteoporosi, l’alendronato, riduce la gravità del modello di sclerosi multipla sperimentale (EAE). Il farmaco è stato in grado di ridurre l’infiltrato immunitario nel midollo spinale dei topi malati e la sintesi di alcune citochine infiammatorie tipiche. Non si sa ancora se l’effetto dipenda dal bersaglio vero dell’alendronato o c’è una via cellulare che il farmaco condiziona nel sistema nervoso.
Sarebbe davvero una fortuna se il farmaco fosse introdotto per la SM; sarebbe il classico “due piccioni con una fava”.
- a cura del Dr. Gianfrancesco Cormaci, PhD, specialista in Biochimica Clinica.
Pubblicazioni scientifiche
Bisson EJ et al. Neurol Clin Pract. 2019 Oct; 9(5):391-399.
Olsson A et al. Acta Neurol Scand. 2018; 137(3):363-369.
Ghareghani M et al. Fundam Clin Pharmacol. 2017 Nov 28.
Kępczyńska K et al. Neurol Neurochir Pol. 2016; 50:251-77.
Miyazaki Y et al. J Neuroimmunol. 2016 Sep 15; 298:24-31.
Coskun Benlidayi I et al. Acta Clin Belg 2015; 70(3):188-92.

Dott. Gianfrancesco Cormaci

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