mercoledì, Giugno 7, 2023

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RNA messaggeri: dai tumori alle neuroscienze, i nuovi segreti dei costruttori di proteine

Dove la mutazione non diventa tumore: RNA e neuroni

La neuro-infiammazione può peggiorare gli esiti di ictus, lesioni cerebrali traumatiche o lesioni del midollo spinale, nonché accelerare malattie neurodegenerative come la SLA, il Parkinson o l’Alzheimer. Ciò suggerisce che limitare la neuro-infiammazione può rappresentare un nuovo approccio promettente per il trattamento delle malattie neurologiche e del dolore neuropatico. Le cellule gliali sono le cellule non neuronali del sistema nervoso centrale, che aiutano a sostenere e proteggere i neuroni. Uno dei tipi, le microglia, sono i macrofagi cerebrali che rispondono a lesioni o infezioni. La microglia e l’astroglia sono cellule chiave del sistema nervoso centrale che, quando attivate, guidano la neuro-infiammazione secernendo mediatori infiammatori tossici, comprese citochine e chemochine. In uno studio preclinico pubblicato sulla rivista Glia, i professori Peter King e Burt Nabors, entrambi dell’Università dell’Alabama al Dipartimento di Neurologia di Birmingham, mostrano che il loro farmaco SRI-42127, può attenuare potentemente i fattori scatenanti della neuroinfiammazione.

Questi esperimenti in colture di cellule gliali e topi, ora aprono la porta alla sperimentazione di SRI-42127 in modelli di danno neurologico acuto e cronico. Dopo 25 anni di cooperazione, il loro studio si basa sulle precedenti scoperte secondo cui le cellule della microglia e dell’astroglia si basano su una proteina chiave legante l’RNA chiamata HuR che protegge gli RNA messaggeri che codificano per i mediatori dell’infiammazione dalla degradazione e ne promuove la traduzione in proteine. La neuroinfiammazione si verifica quando la microglia attivata e gli astrociti nel cervello o nella colonna vertebrale secernono citochine e chemochine come IL1β, IL-6, TNF-α, CXCL1 e CCL2. Gli RNA messaggeri per quelle proteine pro-infiammatorie contengono elementi ricchi di adenina e uridina, o AURE, che ne regolano l’espressione. Gli scienziati hanno precedentemente dimostrato che HuR svolge un importante ruolo positivo nella regolazione della produzione di citochine infiammatorie. HuR normalmente si concentra nei nuclei delle cellule gliali.

Tuttavia, quando le cellule gliali vengono attivate, HuR passa dal nucleo al citoplasma, dove può aumentare la produzione di citochine e chemochine. In precedenti ricercatori, i ricercatori dell’UAB hanno dimostrato che HuR trasloca fuori dal nucleo degli astrociti nelle malattie acute del SNC, lesioni spinali e ictus. Hanno anche dimostrato che trasloca fuori dal nucleo nella microglia nella SLA malattia cronica del SNC o nella sclerosi laterale amiotrofica. È importante sottolineare che il monomero HuR non può passare attraverso l’involucro nucleare che funge da barriera di membrana regolatoria tra il nucleo e il citoplasma. Solo i dimeri HuR (costituiti da due singole molecole HuR) sono in grado di attraversare la membrana nucleare. Questa conoscenza ha permesso la ricerca collaborativa di Southern Research, di Birmingham, Alabama e UAB, utilizzando uno screening ad alto rendimento, di identificare una piccola molecola denominata SRI-42127 che inibisce la dimerizzazione di HuR. Gli scienziati hanno utilizzato LPS batterico per attivare le cellule gliali e avviare la cascata infiammatoria.

Hanno poi scoperto che il trattamento con SRI-42127 ha soppresso la traslocazione di HuR dal nucleo al citoplasma nelle cellule gliali attivate da LPS, sia nella coltura tissutale che nei topi. SRI-42127 ha anche attenuato significativamente la produzione di mediatori infiammatori, come IL-1β, IL-6, TNF-α e le chemochine CXCL1 e CCL2. Inoltre, il composto ha soppresso l’attivazione della microglia nel cervello dei topi e ha attenuato il reclutamento di altre cellule immunitarie esterne al SNC. Tale ingresso di neutrofili e monociti, mediato dalla barriera emato-encefalica (BEE) può esacerbare l’infiammazione nel cervello o nel midollo spinale. In sintesi, SRI-42127 ha penetrato la barriera emato-encefalica e ha rapidamente soppresso le risposte neuroinfiammatorie. Questi risultati sottolineano il ruolo fondamentale di HuR nel promuovere l’attivazione gliale e il potenziale per SRI-42127 e altri inibitori di HuR per il trattamento di malattie neurologiche guidate da questa attivazione.

In un lavoro ancora inedito in collaborazione con Robert Sorge, PhD, professore associato al Dipartimento di Psicologia, UAB College of Arts and Sciences, i professori King e Nabors hanno scoperto potenziali effetti benefici di SRI-42127 per ridurre il dolore neuropatico, una condizione che è innescata dalla neuro-infiammazione indotta dalla microglia. Questo sarebbe un approccio non-oppioide per curare il dolore. Nel complesso questa scoperta apre le porte universali verso il trattamento della neuro-infiammazione che è sottostante a quasi tutti i processi neurodegenerativi moderni, come l’Alzheimer, l’ictus ischemico, la sclerosi multipla, la SLA e tutte le neuropatie conosciute.

Alleanza frateRNA: dalle neuroscienze ai tumori

Nella loro lunga collaborazione, King e Nabors hanno utilizzato il glioblastoma, un tumore cerebrale primario, come modello di malattia per studiare HuR perché molti dei fattori che guidano la neuroinfiammazione promuovono anche la crescita del glioblastoma. Ed è qui che c’è l’anello di congiunzione con i tumori: Nabors si è concentrato sulle proprietà oncosoppressive di SRI-42127 e sul suo potenziale utilizzo nel trattamento del glioblastoma e di altri tumori. Uno dei segni distintivi del cancro è l’instabilità genomica, ovvero la tendenza ad accumulare mutazioni e danni al DNA che porta ad alterazioni del genoma durante la divisione cellulare. Le mutazioni del DNA possono derivare dall’esposizione a radiazioni ultraviolette o raggi X o da alcune sostanze chimiche note come cancerogene; tuttavia, le nostre cellule hanno sviluppato meccanismi per monitorare e riparare il DNA danneggiato. La stabilità del genoma può anche essere minacciata dalla traduzione di alcuni RNA messaggeri (mRNA). Alcuni mRNA sono noti per essere associati alle metastasi del cancro.

Per contrastare questa minaccia, una proteina specifica, la ribonucleoproteina nucleare eterogenea E1 (hnRNP E1), lega questi mRNA e impedisce loro di produrre proteine. I ricercatori della Medical University of South Carolina hanno precedentemente dimostrato come hnRNP E1 si leghi agli RNA associati alle metastasi perinibirne la traduzione. hnRNP E1 lega l’RNA nel citoplasma della cellula, ma la proteina si trova anche nel nucleo cellulare. Ciò ha portato i ricercatori aipotizzare che hnRNP E1 potrebbe anche interagire con il DNA. I loro risultati descrivono un nuovo ruolo per hnRNP E1 nel legare il DNA nel nucleo. Ilmodo in cui hnRNP E1 si lega e interagisce con l’RNA è stato ampiamente studiato, ma la scoperta secondo cui hnRNP E1 si lega anche al DNA ha aperto nuove strade di ricerca da esplorare. Il legame al DNA di hnRNP E1 non è limitato a pochi siti, ma piuttosto la proteina ha una pletora di potenziali siti di legame, che le consentono di rilevare o prevenire danni al DNA in tutto il genoma (una sorta di sensore).

Il gruppo ha anche scoperto che hnRNP E1 si lega a una struttura specifica che può formarsi sul DNA nota come motivo I (I-motif), che si forma in regioni arricchite nel nucleotide citosina e agisce come regolatori dell’espressione genica. Poiché il DNA è formato da legami specifici tra nucleotidi, numerose basi guanina si trovano di fronte agli I-motifs ricchi di citosina. Queste regioni ricche di guanina hanno il potenziale per formare la propria struttura nota come G-quadruplex (G4). I G4 sono presenti all’inizio di diversi oncogeni (geni tumorali). Tuttavia, non è noto se gli I-motifs e G4 possono esistere contemporaneamente o se si escludono a vicenda. Pertanto, il legame di hnRNP alle regioni del motivo I potrebbe sopprimere la formazione di strutture G4 al fine di proteggere la cellula. Gli scienziati hanno ipotizzato che hnRNP E1 proteggerebbe dall’instabilità genomica mantenendo gli I-motifs e sopprimendo i G4. In effetti, gli esperimenti che utilizzano cellule che non hanno hnRNP E1 hanno mostrato contemporaneamente meno I-motifs e più G4, segnali di danno al DNA e mutazioni.

Il trattamento di queste cellule con ulteriori agenti lesivi per il DNA, come i raggi UV e l’idrossiurea, ha provocato un’intensificazione della risposta al danno del DNA delle cellule che le ha portate a smettere di progredire attraverso il ciclo cellulare. Questi risultati hanno una grande rilevanza nel campo della genetica e biologia del cancro. Da decenni i ricercatori studiano il contributo dei G4 alla biologia del cancro. A causa della sua associazione con gli oncogeni, queste regioni sono state il bersaglio per la progettazione di farmaci e le terapie antitumorali. Comprendere le interazioni proteina-DNA che si verificanonei siti opposti ai G4 può contribuire all’efficacia di questi farmaci, facilitando così un migliore targeting e specificità dei farmaci. E il lavoro si complica, alla luce dell’ultima scoperta fatta dai ricercatori della UC San Francisco, che offre indizi per superare la resistenza a farmaci, come il tamoxifene che viene usato contro il cancro al seno. La nuova ricerca ha scoperto che oltre alla sua ben nota attività nel nucleo, può anche aiutare le cellule maligne a superare i meccanismi antitumorali innati e sviluppare resistenza al trattamento.

Il recettore degli estrogeni α (ERα) guida oltre il 70% dei tumori al seno. Nel nucleo, ERα regola la conversione del DNA in mRNA messaggero. Una volta formato, il filamento di mRNA viaggia dal nucleo nel citoplasma, dove istruisce i ribosomi a produrre proteine, un processo noto come traduzione. Con loro sorpresa, i ricercatori hanno scoperto che ERα svolge un ruolo anche in questo processo legandosi all’mRNA appena formato. Utilizzando linee cellulari di cancro al seno, il team di ricerca ha visto come ERα tende a legarsi agli RNA, in particolare agli mRNA coinvolti nella progressione del cancro. Alcuni di questi mRNA impediscono alle cellule di suicidarsi quando accumulano troppe mutazioni dannose. Altri li aiutano a proliferare in condizioni difficili, come la mancanza di ossigeno o sostanze nutritive o la presenza di farmaci chemioterapici. Le terapie endocrine, come il tamoxifene, bloccano l’attività di trascrizione di ERα nel nucleo di una cellula cancerosa. Sebbene all’inizio possano essere altamente efficaci per la maggior parte dei pazienti con carcinoma mammario ERα-positivo, un numero significativo sviluppa resistenza al farmaco.

Per comprendere il ruolo di ERα in questo, il team ha analizzato le cellule tumorali di 14 pazienti con diagnosi di carcinoma mammario ERα-positivo e ha scoperto che avevano livelli elevati di ERα mRNA. Quindi hanno sperimentato linee cellulari di cancro al seno che avevano acquisito resistenza al tamoxifene, sia in colture di tessuti che in xenotrapianti di topo. L’inibizione dell’interazione RNA-ERα ha ripristinato la potenza del tamoxifene contro i tumori nei topi, rendendo le cellule in coltura più sensibili allo stress e all’apoptosi (morte cellulare programmata). Una migliore comprensione delle numerose funzioni di ERα, perciò, potrebbe aiutare a ottimizzare i trattamenti attuali, come il tamoxifene, oltre a portare a nuovi obiettivi terapeutici. I composti che mirano al controllo traslazionale nel cancro sono già in clinica e possono ora essere testati per la potenza contro i tumori al seno associati all’espressione di ERα.

  • A cura del Dr. Gianfrancesco Cormaci, PhD, specialista in Biochimica Clinica.

Pubblicazioni scientifiche

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