Un nuovo farmaco ha migliorato la gestione della colite ulcerosa, secondo uno studio pubblicato sul New England Journal of Medicine. I pazienti trattati con ozanimod hanno manifestato un tasso di remissione più elevato rispetto ai pazienti che hanno ricevuto un placebo. Ozanimod è un modulatore del recettore della sfingosina-1-fosfato (S1P), che provoca l’internalizzazione dei recettori S1P1 nei linfociti, impedendo a tali cellule immunitarie di mobilitarsi verso i siti infiammatori. Fondamentalmente, funziona intrappolando i linfociti nei linfonodi in modo che non siano in grado di entrare nel colon per causare danni. Ozanimod è stato approvato dalla FDA americana per l’uso nella sclerosi multipla e ora nella colite ulcerosa moderata-grave, ed è anche in fase di test per l’uso nella malattia di Crohn. La colite ulcerosa è una malattia infiammatoria intestinale, caratterizzata da infiammazione e piaghe nella mucosa del colon e del retto. Non esiste una cura e mentre le attuali terapie farmacologiche sono efficaci nella malattia lieve o moderata, mancano opzioni per la malattia grave.
Ci sono diverse molecole biologiche e piccole ora disponibili per la colite ulcerosa moderata-grave, ma nessuna è efficace come vorremmo. In questo studio clinico pilota, i ricercatori hanno arruolato più di 1.000 pazienti nello studio, assegnandoli in modo casuale a ricevere ozanimod orale una volta al giorno o un placebo. Nel periodo di induzione di 10 settimane, i pazienti della coorte 1 sono stati assegnati a ricevere ozanimod cloridrato orale alla dose di 1 mg (equivalente a 0,92 mg di ozanimod) o placebo una volta al giorno in doppio cieco e i pazienti della coorte 2 hanno ricevuto ozanimod in aperto alla stessa dose giornaliera. A 10 settimane, i pazienti con una risposta clinica a ozanimod in entrambe le coorti sono stati nuovamente randomizzati per ricevere ozanimod o placebo in doppio cieco per il periodo di mantenimento (fino alla settimana 52, ovvero ad un anno). L’endpoint primario per entrambi i periodi era la percentuale di pazienti con remissione clinica. I principali endpoint clinici, endoscopici e istologici secondari sono stati valutati con l’uso di test gerarchici classificati.
È stata valutata anche la sicurezza. L’incidenza della remissione clinica è stata significativamente più alta tra i pazienti che hanno ricevuto ozanimod rispetto a quelli che hanno ricevuto il placebo. Inoltre, l’incidenza dell’infezione – una preoccupazione per qualsiasi farmaco immunosoppressore – era simile tra i gruppi di trattamento e placebo. Tutti gli altri endpoint secondari chiave sono stati significativamente migliorati con ozanimod rispetto al placebo in entrambi i periodi. L’incidenza dell’infezione (di qualsiasi gravità) con ozanimod è stata simile a quella con placebo durante l’induzione e superiore a quella con placebo durante il mantenimento. L’infezione grave si è verificata in meno del 2% dei pazienti in ciascun gruppo durante lo studio di 52 settimane. Livelli elevati di transaminasi erano più comuni con ozanimod. Nel complesso l’elenco degli effetti collaterali osservati ha fatto pendere la bilancia verso una efficacia e tollerabilità più che buone. E’ altamente probabile che il farmaco possa rappresentare una nuova strategia farmacologica non solo per la sclerosi multipla (applicazione originaria).
Se esiste un farmaco che impedisce alle cellule immunitarie di raggiungere il sito bersaglio senza ucciderle, si risparmia il pesante effetto tossico dell’immunosoppressione e del rischio di sviluppare infezioni secondarie. Poiché i linfociti vivono a lungo (il che è fondamentale per l’immunità adattativa) e ricircolano migliaia di volte, una tipologia di farmaco così diventerebbe estremamente selettiva per le patologie autoimmuni. Questi farmaci potrebbero semplicemente bloccare l’uscita dei linfociti dai linfonodi inibendo la migrazione transendoteliale. Quattro modulatori S1P (fingolimod, siponimod, ozanimod e ponesimod) sono attualmente approvati per il suo trattamento. Nuovi modulatori S1PR sono in fase di sviluppo clinico per la SM e il loro utilizzo è in fase di valutazione per il trattamento di altre malattie immuno-mediate, tra cui la malattia infiammatoria intestinale (IBD), l’artrite reumatoide (RA), il lupus eritematoso sistemico (LES) e la psoriasi. Cenerimod e amiselimod sono stati testati in pazienti con LES, mentre Fingolimod ed etrasimod hanno dimostrato efficacia in studi preclinici per l’artrite reumatoide.
Per adesso l’interesse è sulle malattie infiammatorie intestinali e non a torto. Tra il 30 e il 50% dei pazienti con IBD mostra una mancata risposta primaria ai farmaci biologici e molti altri perdono la risposta ogni anno. In generale, la risposta a un secondo biologico è inferiore nei pazienti precedentemente trattati con farmaci biologici anti-TNF, rispetto ai pazienti naïve ai biologici. I modulatori S1P potrebbero essere promettenti in questo gruppo di pazienti con malattia di Crohn e rettocolite ulcerosa.
- A cura del Dr. Gianfrancesco Cormaci, PhD, specialista in Biochimica Clinica
Pubblicazioni scientifiche
Sandborn WJ et al. New Engl J Med. 2021; 385(14):1280-1291.
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Feagan BG et al. Lancet. 2021 Jun 19; 397(10292):2372-2384.
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Dott. Gianfrancesco Cormaci

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