In tutte le forme di diabete, i livelli di glucosio zuccheri nel sangue diventano troppo alti perché il corpo non è in grado di produrre insulina o non ne produce a sufficienza, oppure l’insulina che produce non è efficace. Ciò significa che le persone con diabete devono gestire da sole i propri livelli di zucchero nel sangue e questi livelli possono comunemente diventare pericolosamente alti (iperglicemia) o bassi (ipoglicemia). Episodi di ipoglicemia si verificano spesso durante la notte, interrompendo il sonno e talvolta provocando convulsioni. L’ipoglicemia provoca sintomi spiacevoli come ansia, palpitazioni, sudorazione e fame. Se estremi, possono anche causare vertigini, confusione, perdita di coscienza e, se non trattati, coma e persino la morte. Questo fenomeno sembra più appariscente nei soggetti con diabete genetico i tipo 1. Ora, i ricercatori dell’Università di Exeter, in collaborazione con Rigel Pharmaceuticals, hanno trovato un modo per difendersi dagli episodi di ipoglicemia potenziando i sistemi di difesa ormonale. I ricercatori, finanziati da JDRF e supportati da Diabetes UK, hanno condotto esperimenti di laboratorio utilizzando un composto per test preclinici (R481), che agisce un po’ come la metformina.
Tuttavia, l’R481 funziona in modo diverso perché entra nel cervello e attiva un importante indicatore del carburante cerebrale, la proteina chinasi AMPK (attivata dall’AMP). Precedenti studi hanno dimostrato che l’attivazione farmacologica diretta dell’AMPK nel nucleo ventromediale dell’ipotalamo, un’importante regione del cervello sensibile all’ipoglicemia, aumenta la risposta all’ipoglicemia in ratti BB sani, ipoglicemici ricorrenti e diabetici, aumentando la produzione epatica di glucosio con o senza aumenti concomitanti dei livelli di glucagone e adrenalina. Inoltre, la soppressione dell’attività dell’AMPK diminuisce la risposta del glucagone e dell’adrenalina all’ipoglicemia. I ricercatori hanno condotto esperimenti su neuroni specializzati nel rilevamento del glucosio nel cervello (cellule GT1-7) in coltura e hanno scoperto che il composto funziona attivando questo enzima. Hanno poi scoperto che nei ratti sani, il farmaco aumenta la difesa ormonale contro l’ipoglicemia, aumentando il rilascio di un ormone chiamato glucagone. Il farmaco ha attivato un collegamento cervello-pancreas per difendersi dall’ipoglicemia, ma non ha modificato i livelli di zucchero nel sangue a digiuno.
La Rigel Pharmaceuticals ha scovato nuovi composti che agiscono attivando la AMPK in modo analogo alla metformina. Ma mentre questa passa in modo scarso la barriera emato-encefalica per entrare nel cervello, questi composti (il più potente dei quali è proprio R481), invece ci riescono agevolmente. L’effetto è dipendente senza dubbio dalla AMPK: per essere convinti al 100%, infatti, i ricercatori hanno prima stimolato le cellule col farmaco per far comparire l’effetto. Quando hanno aggiunto un inibitore specifico della AMPK chiamato SBI-0206965, l’effetto è sparito. Il team crede di aver identificato un bersaglio promettente nel cervello che potrebbe essere utile per lo sviluppo futuro di un farmaco anti-ipoglicemia. L’evidenza suggerisce che le 400.000 persone con diabete di tipo 1 in Inghilterra sperimentano una media di due episodi di ipoglicemia a settimana e un episodio grave all’anno. Le persone con diabete di tipo 2 sperimentano fino a cinque episodi di ipoglicemia all’anno. Sebbene la frequenza sia inferiore nel diabete di tipo 2, il tasso complessivo è più elevato, poiché la condizione colpisce oltre 4 milioni di individui.
L’autore principale dello studio la Dr.ssa Ana Cruz, e l’autore senior dello studio il Dr. Craig Beall, dell’Università di Exeter, hanno dichiarato: “Questa ricerca evidenzia l’importanza di una migliore comprensione della comunicazione cervello-pancreas per aumentare le difese del corpo contro l’ipoglicemia. Vediamo quotidianamente l’impatto fisico ed emotivo che l’ipoglicemia può avere e crediamo che questi risultati ci abbiano portato un passo avanti verso la ricerca di bersagli all’interno di questa rete cervello-pancreas. A lungo termine, il nostro obiettivo è creare una pillola che possa essere ingerita prima di andare a letto, per prevenire le ipoglicemie notturne. Questo è solo il primo passo di un lungo cammino, e speriamo un giorno di poter dare un po’ di tranquillità alle persone con diabete e ai genitori di bambini con diabete che non avranno una brutta ipoglicemia notturna”. La Dr.ssa Lucy Chambers, responsabile presso Diabetes UK, ha poi concluso: “L’ipoglicemia e la sua inconsapevolezza possono essere pericolose e debilitanti ed avere un enorme impatto sulla vita quotidiana delle persone che convivono col diabete. Nuovi trattamenti renderebbero molto più facile vivere con questa condizione, riducendo le ansie e proteggendo in modo cruciale le persone da gravi conseguenze”.
- A cura del Dr. Gianfrancesco Cormaci, PhD, specialista in Biochimica Clinica.
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Cruz AM et al., Beall C. Front Endocrinol 2021 Dec 17.
MacDonald AJ et a. Front Endocrinol. 2021; 12:662769.
Cruz AM, Beall C. Front Physiol. 2020 Sep; 11:567378.

Dott. Gianfrancesco Cormaci

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