Un team di ricerca multi-istituzionale con sede a New York presso il CUNY ASRC, ha trovato alti livelli di tre metaboliti tossici prodotti dai batteri intestinali nel liquido cerebrospinale e nei campioni di plasma di pazienti con sclerosi multipla (SM). Le importanti scoperte, pubblicate sulla rivista Brain, migliorano la comprensione da parte degli scienziati di come i batteri intestinali possono influenzare il decorso delle malattie neurologiche producendo composti tossici per le cellule nervose. Prove pubblicate in precedenza hanno sostenuto il concetto che uno squilibrio nel microbiota intestinale – la comunità di organismi che vivono nell’intestino umano – può essere alla base di una serie di disturbi neurologici. Ma non si sa esattamente se questa sia conseguenza o l’innesco per la comparsa della malattia. I ricercatori hanno anche scoperto che alcuni batteri intestinali sono arricchiti o impoveriti nei pazienti con SM rispetto agli individui sani, ma non è chiaro come questi microbi comunichino con il cervello e influenzino il processo della malattia neurodegenerativa.
Per lo studio, il team di ricerca ha ottenuto campioni di sangue e liquido cerebrospinale da pazienti volontari presso il Centro per la Sclerosi Multipla del Nordest di New York. Sono stati prelevati campioni da pazienti prima e dopo il trattamento con dimetil-fumarato (DMF), un farmaco modificante la malattia (tipo i DMARD usati per l’artrite reumatoide) che è stato segnalato per avere anche un profondo effetto sul rimodellamento del microbioma intestinale dei pazienti con SM. I dati analizzati hanno permesso ai ricercatori di identificare un’abbondanza dei tre metaboliti tossici nei pazienti con SM non trattati con DMF rispetto agli individui sani. Hanno anche notato una riduzione delle tossine stesse dopo il trattamento con DMF. Questo set di esperimenti fa parte di una conferma di studi preliminari precedenti del team di ricerca pubblicati nel 2018, dove il team aveva fatto delle prove con DMF e glatiramer acetato, l’altro farmaco preferenziale usato nella SM al posto dei corticosteroidi. A quel tempo, il team dimostrò che ceppi batterici come Sutterella, Veillonella, Prevotella e Bacteroides sono fortemente influenzati da questi farmaci.
I dati ottenuti in questo nuovo studio, invece, suggeriscono che i batteri intestinali dei pazienti con SM producono e rilasciano grandi quantità di p-cresil-solfato, indossil-solfato e N-fenilacetil-glutamina nel flusso sanguigno e alla fine raggiungono il liquido cerebrospinale. Una volta lì, questi metaboliti tossici bagnano il cervello e il midollo spinale e svolgono potenzialmente un ruolo nella distruzione della guaina mielinica che protegge i nervi. È curioso che questi metaboliti sono gli stessi che vengono prodotti anche in caso di insufficienza renale cronica (IRC) e di cirrosi epatica. Vendono chiamate anche tossine uremiche e la ricerca ritiene che un buon numero di esse siano direttamente tossiche per svariati sistemi cellulari. Secondo questo principio, infatti, si potrebbero spiegare le complicanze intestinali, cardiache, cerebrali, immunitarie e della coagulazione sanguigna che compaiono nei pazienti dializzati e con malattia epatica cronica. Nel caso dell’IRC, a parte la ridotta produzione renale di eritropoietina (EPO), alcune di queste tossine partecipano alla comparsa di anemia agendo sul midollo osseo.
Le tossine uremiche, specialmente quelle a basso peso molecolare, si legano alle proteine dopo essere state assorbite, principalmente all’albumina sierica, e non sempre vengono efficacemente rimosse dal corpo dei pazienti con insufficienza renale cronica attraverso la dialisi peritoneale o l’emodialisi. Tra i composti uremici legati a proteine che sono stati ampiamente esplorati ci sono proprio indossil-solfato, fenil-solfato, acido indolo-3-acetico, acido urico, p-cresolo, p-cresil-solfato e omocisteina. L’albumina è una proteina che può viaggiare liberamente attraverso la barriera emato-encefalica; quindi, a parte la loro più o meno caratteristica di essere solubile nei grassi (lipofili), queste tossine possono raggiunge il cervello dei pazienti con sclerosi multipla ed avere azioni dirette sulle cellule nervose. E’ stato riportato che alcune di esse possono provocare nel tempo anche disturbi tiroidei e riduzione delle difese immunitarie, due complicanze che non sono estranee nel contesto della sclerosi multipla cronica.
Qualcuna di queste sostanze, che hanno generalmente una struttura ad anello aromatico, può avere azione immunosoppressiva diretta. Il probabile recettore interno è il recettore cellulare degli aromatici (AhR), che è espresso praticamente in tutti i tessuti, ma a livello dei globuli bianchi regola la reattività immunitaria. Quando esso lega aromatici di piccola dimensione come proprio le tossine uremiche, esso si comporterebbe da soppressore della reattività dei linfociti e della sintesi di anticorpi, come avviene anche nel caso dell’evasione immunitaria del cancro. Ma se ciò è vero, ha importanza nel contesto della sclerosi multipla? Queste sostanze nel cervello condizionano anche il sistema immunitario locale oltre a danneggiare le cellule nervose? Essendo potenzialmente immunosoppressivi, questi metaboliti possono mitigare la gravità della malattia, come una sorta di risposta alla patologia stessa? Gli scienziati non lo sanno ancora, dato l’enorme ed intricato puzzle che si trovano di fronte e che si arricchisce quotidianamente di nuove conoscenze.
Patrizia Casaccia, ricercatrice principale dello studio e direttore fondatore della Neuroscience Initiative del CUNY ASRC, ha commentato entusiasta la scoperta: “Questa è una scoperta entusiasmante e significativa. La presenza di alti livelli di questi metaboliti tossici è correlata anche con i biomarkers della neurodegenerazione nei pazienti con SM e con la capacità di alterare la funzione delle cellule coltivate in laboratorio. Questo lavoro non solo favorisce la nostra comprensione del ruolo della comunicazione intestino-cervello nella progressione della malattia neurodegenerativa, ma fornisce anche un potenziale bersaglio metabolico per lo sviluppo di nuove terapie per la sclerosi multipla”.
- A cura del Dott. Gianfrancesco Cormaci, PhD, specialista in Biochimica Clinica.
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Pubblicazioni scientifiche
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Dott. Gianfrancesco Cormaci

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