Il cancro alla prostata è la seconda causa di morte per cancro tra gli uomini principalmente perché, nonostante il trattamento, molti pazienti con forme aggressive della malattia alla fine sperimentano progressione o recidiva. Gli ormoni maschili favoriscono la crescita delle cellule del cancro alla prostata. Ecco perché la terapia standard utilizza farmaci che bloccano il recettore cellulare degli androgeni attivato dal testosterone. Sfortunatamente, nonostante l’efficacia iniziale, i benefici di tale terapia sono spesso di breve durata. Il carcinoma prostatico resistente alla castrazione significa che il cancro continua a crescere anche dopo che il trattamento ormonale ha ridotto notevolmente i livelli di testosterone nel corpo. All’inizio, il tumore può rispondere bene al trattamento che riduce l’ormone maschile, ma poi diventa resistente. Non ci sono attualmente trattamenti efficaci in grado di migliorare le prospettive, una volta che il cancro raggiunge questo stadio. L’ideale sarebbe di eradicare il tumore in fase precocissima.
La diagnostica e la ricerca di nuovi biomarkers degli ultimi 10 anni ha fatto notevolissimi progressi rispetto a vent’anni fa; eppure le sorprese continuano a non mancare. Uno studio dell’Università di Granada di alcune settimane fa ha scoperto che gli uomini con cancro alla prostata hanno livelli di melatonina più bassi rispetto a quelli senza questa malattia, indipendentemente dai loro sintomi, dall’estensione e dall’aggressività del tumore. Per intraprendere la prima analisi in assoluto del legame tra i livelli di melatonina e il cancro alla prostata, in questo studio sono stati raccolti sei campioni di saliva per partecipante in un periodo di 24 ore, tra 40 soggetti maschi recentemente diagnosticati con cancro alla prostata e 41 uomini sani. Ciò ha consentito ai ricercatori di misurare le variazioni del livello di questo ormone nel corso delle 24 ore, la sua ampiezza (definita dal picco massimo di produzione) e l’acrofase (tempo di picco massimo dell’ormone).
Gli scienziati hanno osservato che, negli uomini con cancro alla prostata, i livelli di melatonina erano sistematicamente inferiori rispetto a quelli sani, indipendentemente dall’età, dalla stagione dell’anno, dai sintomi associati al cancro alla prostata e dal grado di progressione della malattia. Inoltre, l’ora del giorno in cui è stata prodotta la melatonina è stata spostata in avanti. Hanno concluso che, nel campione in studio, i suoi livelli negli uomini con cancro alla prostata erano sempre inferiori a quelli degli uomini sani. Questo potrebbe avere implicazioni o nella prevenzione attiva, o nella prevenzione delle forme di cancro iniziale o nella lotta alle forme conclamate. E non è solo un’ipotesi di conseguenza. E’ stata appena pubblicata una ricerca che riporta come la melatonina impedisca la migrazione delle cellule di cancro prostatico alle ossa, interferendo con l’espressione delle integrine, che sono molecule di adesione cellulare usate dalle cellule tumorali.
E’ l’ennesima prova del fatto che la maggior parte dei tumori di origine riproduttiva, come quello mammario e ovarico nella donna, e quello prostatico nell’uomo, sono dipendenti dal controllo esercitato dalla melatonina sui nostri ritmi biologici. Da un lato, dato che la melatonina controlla il sonno, questo significa che la qualità del sonno è un fattore preventive importante per la prevenzione dei tumori. Dall’altro lato, in caso di comparsa di tumori di questo tipo, la somministrazione di melatonina potrebbe essere di supporto alla regolarizzazione dei ritmi interni e a contrastare il tumore stesso. Dato che le attuali terapie con anti-androgeni non sono in grado di fronteggiare il problema delle metastasi, forse l’aggiunta di melatonina ai farmaci potrebbe fungere da “paracadute” al problema.
- A cura del Dr. Gianfrancesco Cormaci, PhD, specialista in Biochimica Clinica.
Pubblicazioni scientifiche
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Dott. Gianfrancesco Cormaci

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