All’inizio della pandemia di COVID-19, è stato suggerito che le persone infette mentre erano mascherate potrebbero soffrire di una malattia lieve e potrebbero essere considerate “variose”. Una forma di variolazione è stata deliberatamente utilizzata nel 18° secolo per controllare il vaiolo. Si trattava di infettare un individuo sano con piccole dosi del virus vivo prelevato da una crosta essiccata o da una pustola di una persona infetta dal vaiolo. Gli individui variolati spesso hanno sperimentato malattie molto meno gravi, rispetto a quelli che sono stati infettati naturalmente, ma sono stati comunque immuni da ulteriori infezioni. I ricercatori della McMaster University che studiano la dinamica della trasmissione di malattie infettive, hanno studiato le conseguenze a livello di popolazione di un beneficio potenzialmente significativo e non ovvio dell’indossare le mascherine.
Per lo studio, i ricercatori hanno sviluppato un modello per studiare la “variolazione” del COVID-19, una forma di immunizzazione accidentale ma potenzialmente benefica ottenuta inalando dosi più piccole del virus rispetto a quelle che sarebbero inalate senza maschera. Il nuovo modello matematico consente ai ricercatori di stimare il potenziale impatto di questo effetto sulla popolazione nel suo insieme. Il modello suggerisce che un mascheramento efficace potrebbe rallentare drasticamente la diffusione di COVID-19, ridurre l’entità del picco della pandemia “appiattendo la curva” e ridurre la prevalenza di casi gravi da quel momento in poi. Si può considerare questo come una sorta di “immunizzazione di gregge” più intelligente, soprattutto in un momento storico in cui la virulenza dei ceppi virali iniziali è andata a scemare.
Al di là di questo, come tutti sanno dal primo Maggio le mascherine non è più obbligatorio portarle in tutti i luoghi, anche se resta l’obbligo per i posti di lavoro, ristoranti, cinema ed altri luoghi in cui è molto facile assembrarsi. Da quello che ha potuto osservare in giro questa redazione scientifica, si può vedere che nonostante le minori limitazioni le persone continuano a portare la mascherina anche quando non sembra necessario. E sono state osservate diverse situazioni. Nei supermercati per esempio, tutti continuano a portare la mascherina anche dopo essere usciti e aver depositato la spesa in macchina, mentre al bar sono state osservate due tipi di comportamento. Il consumare il caffè al banco limita il rimuovere la mascherina al tempo necessario al consumo, per poi rimetterla alla cassa (con eccezioni che, per il numero riscontrato, fanno ancora pensare ad un timore più che una paura di sanzioni).
Nei casi di consumo all’aperto o in spazi semicoperti, si osservano liberi comportamenti in aggregazioni di tavoli e numero di persone che non vengono ancora consigliate di fare, per ragioni di precauzione. Nulla toglie che le persone a quei tavoli siano tutte vaccinate con la seconda o la terza dose, possono essere sia familiari che amici che si riuniscono per un aperitivo o un caffè di compagnia. Nessuno garantisce che fra di loro ci sia qualcuno non vaccinato per ragioni mediche o scelte personali. Anche qui si sono osservate tendenze legate all’età. Fra i giovani sembra esserci meno considerazione e più voglia di ritornare appieno alle vecchie abitudini, mentre fra i giovani adulti e i soggetti più avanti nell’età sembrano vigere comportamenti misti. Altri ancora sembrano molto rigidi e non tolgono la mascherina per alcuna ragione.
Non si sa se possa trattarsi di persone diffidenti dei comportamenti altrui (sarebbe naturale, vista la natura dell’uomo), o che hanno una loro paura intrinseca di contrarre il virus, senza tralasciare che ci sono sicuramente coloro che hanno perso un conoscente, amico caro o familiare a causa di mancati comportamenti quando il COVID era “furioso”. E questa redazione scientifica ha incontrato persone al bar che hanno descritto questa ultima evenienza ben quattro volte e con enfasi di “rabbia personale”. Infine si può trovare la “nonnina” novantenne in coda al panificio che compra la sua scorta quotidiana e tiene la mascherina fino a quando arriva a casa, pensando nel tragitto: “Non vorrei mai andare ad allungare la lista di quelli che mi hanno preceduto. Ho ancora un sacco di cose da fare!”.
- A cura del Dr. Gianfrancesco Cormaci, PhD, specialista in Biochimica Clinica.
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Dott. Gianfrancesco Cormaci

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