Nel 1865 Trousseau identificò una sindrome caratterizzata da trombosi venosa secondaria associata a neoplasia occulta. Il termine è stato successivamente esteso a tutti gli eventi trombotici nei pazienti oncologici. Questi vari eventi trombotici possono verificarsi come tromboembolismo venoso, tromboflebite migratoria superficiale, trombosi arteriosa, coagulazione intravascolare disseminata, microangiopatia trombotica e, meno spesso, come endocardite trombotica non batterica (NBTE). Descritta originariamente, nel 1888, da Ziegler, la NBTE è una delle varie manifestazioni di eventi tromboembolici associati al cancro. È un’entità clinica non comune e impegnativa caratterizzata da piccole vegetazioni sterili su valvole cardiache normali in assenza di un’infezione batterica nel sangue. NBTE è principalmente documentato in pazienti con cancro avanzato più comunemente adenocarcinomi polmonari, gastrointestinali, mammari o genitourinari.
Tuttavia, può anche complicare altre malattie croniche, come il lupus eritematoso sistemico, l’endocardite di Loeffler, la malattia di Behçet, la vasculite da anticorpi anti-citoplasma dei neutrofili (ANCA), l’artrite reumatoide, la malattia di Still, la sclerodermia sistemica, la sindrome di Cogan, la sindrome di Sneddon e l’istiocitosi. I casi di NBTE sono descritti in un contesto di emopatia maligna come linfoma, mieloma multiplo e disturbi mieloproliferativi cronici. L’eziologia e la patogenesi della NBTE non sono del tutto chiarite ed è stato ipotizzato che la NBTE che si verifica in associazione con neoplasie maligne potrebbe essere correlata a uno stato di ipercoagulabilità. Lo stato di ipercoagulabilità è una condizione comune nei pazienti con cancro, che contribuisce alla morbilità e alla mortalità correlate al tumore o addirittura rivela tumori maligni silenziosi. Esiste una stretta associazione tra cancro e stati trombofilici, sia fisiopatologicamente che clinicamente.
Infatti, è noto che nella neoplasia si verifica uno squilibrio tra coagulazione e sistema fibrinolitico, poiché le cellule tumorali sono in grado di produrre e rilasciare fattori procoagulanti, come fattori tissutali, procoagulanti tumorali, proteina fibrinolitica (urochinasi e tPA) e alcune citochine (TNF-alfa e IL-1β). Inoltre, le cellule tumorali interagiscono con le cellule vascolari e del sangue dell’ospite, comprese le cellule endoteliali, i leucociti e le piastrine, e questi meccanismi portano a cascate di segnalazione che determinano l’attivazione della coagulazione e la comparsa di trombi. La sfida principale è discriminare tra endocardite vera e NBTE. Quest’ultima può essere associata a febbre e disfunzione valvolare ma, se presente, è raramente sintomatica o grave. Le principali manifestazioni cliniche della NBTE sono gli eventi ischemici come conseguenza dell’embolia sistemica. Ciò si verifica in circa il 42% dei pazienti.
Le sedi comuni di embolizzazione comprendono il sistema nervoso centrale, la splenica, la renale, la mesenterica, le coronarie e le estremità. Nel 2018 è stato pubblicato uno studio svedese dell’Ospedale dell’Università di Aarhus che ha dimostrato come il rischio di sviluppare il cancro durante i primi sei mesi dopo un coagulo venoso degli arti inferiori è tre volte maggiore del normale. Ma non perché la trombosi venosa sia cancerogena; piuttosto, perché è la spia che un tumore nascosto o non clinicamente manifesto sta rilasciando sostanze in circolo che condizionano la coagulazione sanguigna. Ci sono stati, specialmente nell’ultimo decennio, svariate tipologie di caso clinico che dimostrano come la diagnosi di NBTE sia complessa. L’associazione tra tromboembolismo venoso, tromboembolismo dell’arto inferiore e dell’arteria cerebrale di causa sconosciuta e la ricorrenza di eventi trombotici nonostante un’adeguata terapia anticoagulante ha contribuito a indirizzare la diagnosi verso l’origine del cancro.
L’approccio principale al trattamento dell’NBTE è correggere la causa sottostante e gestire il rischio di embolizzazione. Il trattamento dell’NBTE si basa su una terapia mirata alla patologia sottostante, ad esempio il cancro del polmone in questo caso, ma anche malattie infiammatorie croniche (incluso il lupus sistemico o connettiviti) possono essere una causa. Il trattamento della NBTE si basa anche sulla terapia anticoagulante. L’intervento chirurgico non è raccomandato per NBTE nei pazienti affetti da cancro avanzato e non curabile. Sia l’eparina non frazionata che le eparine a basso peso molecolare sono potenzialmente efficaci nel ridurre il rischio di embolizzazione. D’altra parte, gli antagonisti della vitamina K come il Warfarin e il Sintrom non riescono a prevenire gli emboli sistemici nella NBTE, potenzialmente perché non c’è coinvolgimento di fattori vitamina K-dipendenti (fattori II, VII, IX e X e proteine C e S). A parte la maggiore possibilità che sotto una NBTE ci sia un cancro del pancreas o del polmone, ci sono sempre più dati che indicano anche possibilità di tumore della prostata, della mammella e secondari anche a metastasi ossee occulte.
Per i clinici, perciò, è mandatario che ogni paziente apparentemente sano o asintomatico ma con 2 o 3 eventi trombofilici ravvicinati, si sottoponga a diagnostica specialistica nel più breve tempo possibile per operare diagnosi precoce.
- A cura del Dr. Gianfrancesco Cormaci, PhD, specialista in Biochimica Clinica.
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Dott. Gianfrancesco Cormaci

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