Il carcinoma surrenalico riscontrato casualmente (incidentaloma)
Le terapie farmacologiche emergenti
Il carcinoma adrenocorticale, come detto, è una rara neoplasia endocrina con opzioni di trattamento limitate. L’unica terapia fino a 30 anni fa era il mitotane, composto derivato dall’insetticida DDT e ritenuto in grado di uccidere selettivamente le cellule surrenaliche. Negli anni sono stati introdotti anche la doxorubicina, il cisplatino e l’etoposide con risultati discreti sulla sopravvivenza. Più recentemente si sta prendendo in considerazione l’utilizzo della targeted-therapy o “inibs”, gli inibitori selettivi delle proteina chinasi. Gli approcci teranostici con radiotraccianti surrenali specifici promettono una migliore diagnosi e trattamento. Sono stati ottenuti risultati promettenti mirando agli enzimi del citocromo P450 CYP11B1 e CYP11B2 per l’imaging molecolare; e [123/131I]iodometomidato ([123/131I]IMTO) è stato persino introdotto con successo come agente teranostico. Diversi derivati IMTO sono stati progettati di recente e l’inibizione della sintesi di aldosterone e cortisolo è stata testata in diverse linee cellulari corticosurrenali.
I corrispondenti composti radiomarcati sono stati valutati per quanto riguarda la loro stabilità, l’assorbimento cellulare in vitro, la biodistribuzione in vivo nei topi e la loro specificità di legame alle sezioni di tessuto corticosurrenale e non corticosurrenale umano. Inoltre, una prima indagine è stata eseguita in pazienti con carcinoma surrenalico metastatico noto utilizzando sia [123I]IMTO che il composto più promettente [123I]IMAZA per la scintigrafia. Successivamente è stata eseguita una prima endoradioterapia con [131I]IMAZA in uno di questi pazienti. Gli scienziati hanno identificato tre analoghi dell’IMTO con un legame ad alta affinità con gli enzimi bersaglio e una stabilità metabolica paragonabile o superiore e un accumulo molto elevato e specifico nelle cellule corticosurrenali in vitro e in vivo. IMAZA etichettato ha mostrato proprietà farmacocinetiche e di imaging superiori rispetto a IMTO anche nei topi e in 3 pazienti.
Un’endoradioterapia con [131I]IMAZA ha indotto un intervallo libero da progressione di 21 mesi in un paziente con ACC in rapida progressione prima di questa terapia. Una indagine clinica successiva ha testato questa nuova molecola come potenziale radiofarmacoterapia. In una prova clinica, sessantanove pazienti con ACC non resecabili e metastatici sono stati sottoposti a screening utilizzando una scansione [123I]IMAZA diagnostica. Ai pazienti con una captazione significativa in tutte le lesioni tumorali è stato offerto un trattamento con [131I]IMAZA. La risposta del tumore è stata valutata in base ai criteri di valutazione della risposta nei tumori solidi e gli effetti avversi sono stati valutati in base ai criteri comuni di tossicità. Dopo lo screening, 13 pazienti sono stati trattati con una prima dose e cinque persone hanno ricevuto un secondo ciclo di trattamento. La migliore risposta è stata una diminuzione delle lesioni target RECIST del -26% in 2 pazienti.
Cinque pazienti con stabilizzazione della malattia hanno avuto una sopravvivenza mediana libera da progressione di 14 mesi. La sopravvivenza globale mediana in tutti i pazienti è stata di 14 mesi dopo la terapia. Il trattamento è stato ben tollerato, in altre parole non sono state osservate tossicità gravi. Nei pazienti con ACC avanzato refrattari ai regimi terapeutici standard, il trattamento con [131I]IMAZA era associato alla stabilizzazione della malattia e alla riduzione non significativa delle dimensioni del tumore in una frazione significativa di pazienti e solo a tossicità limitate. Un elevato assorbimento di [131I] IMAZA nelle lesioni tumorali è stato osservato nel 38,5% dei pazienti con ACC avanzato, rendendo [131I] IMAZA una potenziale opzione di trattamento in una frazione di pazienti limitata e ben definita. Saranno necessari ulteriori studi clinici per valutare il pieno potenziale di questo nuovo approccio teranostico. Anche la strada della targeted-therapy, come detto prima, sembra promettere bene.
Purtroppo il carcinoma surrenalico, in parte per la sua rarità un po’ per la scarsa caratterizzazione molecolare e genetica che lo ha contraddistinto, non ha goduto di un armamentario ampio e con possibilità di scelta. La decifrazione dei meccanismi di trasduzione del segnale su questo tipo di cellule tumorali ha dischiuso preziose informazioni. Si è così appurato che il cancro surrenalico ha una attivazione preferenziale del segnale della beta-catenina con tutti i suoi correlati proteici (Wnt, APC, Cdk2, ecc.) nonché l’utilizzo di recettori per fattori di crescita come ErbB2 e PDGFR, al pari del carcinoma mammario o polmonare. Questo fa ben sperare di poter applicare farmaci come erlotinib e masitinib, già usati per altri tipi di tumori maligni. Inoltre, il 20% dei pazienti sembra mostrare mutazioni del famoso oncogene p53, il che può aprire la porta a farmaci correttori (già disponibili) ed agli inibitori della topoisomerasi, come l’irinotecano.
Va menzionato che l’immunoterapia è attualmente in focus per il trattamento dell’ACC, con diversi studi che testano inibitori del checkpoint. Sebbene in uno studio internazionale multicentrico di fase Ib (NCT01772004), avelumab somministrato a 50 pazienti con ACC precedentemente trattati con chemioterapia a base di mitotane o cisplatino ha mostrato solo un’attività clinica modesta (una risposta parziale nel 6% dei pazienti, malattia stabile nel 42%, e progressione della malattia nel 46% dei pazienti), alcuni studi prolungati hanno suggerito un beneficio in un sottogruppo di pazienti. Oltre all’ipersecrezione endogena di steroidi negli ACC funzionanti, i glucocorticoidi sono anche frequentemente prescritti come supplementazione per il trattamento della carenza surrenalica nei pazienti con ACC trattati con mitotane (o dopo chirurgia surrenalica) e potrebbero interagire con le immunoterapie.
La combinazione della somministrazione di inibitori del checkpoint immunitario con farmaci mirati alle vie Wnt/β-catenina e p53 potrebbe essere un paradigma di trattamento interessante per studi futuri. Anticorpi monoclonali come Nivolumab e Pembrolizumab sono attualmente in fase di sperimentazione in diversi studi.
- A cura del Dr. Gianfrancesco Cormaci, PhD, specialista in Biochimica Clinica.
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Dott. Gianfrancesco Cormaci

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