Il farmaco osimertinib (nome commerciale Tagrisso) sviluppato dalla casa farmaceutica AstraZeneca si sta dimostrando estremamente efficace nei pazienti colpiti da carcinoma polmonare non-a-piccole cellule (NSCLC) allo stadio precoce, e caratterizzato da mutazioni al recettore del fattore di crescita epidermico (EGFR). Si tratta di un inibitore irreversibile tirosina-chinasico (targeted-therapy) che prende di mira le mutazioni T790M che sono frequentemente a carico di questo recettore. A determinare la notevole efficacia della terapia adiuvante con osimertinib è stato un team di ricerca internazionale guidato da scienziati giapponesi del National Cancer Center Hospital East di Kashiwa, in collaborazione con altri istituti internazionali. Dopo la completa resezione della massa tumorale e il trattamento col farmaco, infatti, è stato registrato un miglioramento prolungato e clinicamente significativo della sopravvivenza libera da malattia rispetto al placebo.
Considerando l’elevato rischio di recidiva e mortalità di questa forma di tumore, i ricercatori lo considerano un risultato eccezionale. Nello specifico, è stata osservata una sopravvivenza di circa 5 anni e mezzo e 3 pazienti su 4 erano privi della malattia a 4 anni. sono giunti alle loro conclusioni dopo aver proseguito la sperimentazione clinica dello studio di Fase 3 ADAURA, un trial clinico randomizzato, in doppio cieco e controllato con placebo condotto su circa 700 pazienti affetti dalla forma di cancro al polmone allo stadio precoce (IB, II e IIIA). I pazienti sono stati arruolati in oltre 200 centri medici di una ventina di Paesi, tra Europa, Asia, Sud America, Stati Uniti e Medio Oriente. L’osimertinib ha anche abbattuto del 76% una complicanza molto diffusa di questo tumore, ovvero la formazione di metastasi al cervello e al midollo spinale, associati purtroppo a una prognosi sfavorevole. E se questo era impensabile 5 anni fa, il nuovo successo non è una scusa per arrestare le ricerche sul campo.
TIMP-1 è una proteina insolitamente secreta dai fibroblasti, un tipo di cellula non maligna che accompagna le cellule tumorali ed è il componente principale di quello che viene chiamato microambiente tumorale. I livelli della proteina TIMP-1 sia nei tessuti che nel sangue sono stati ripetutamente associati a una prognosi sfavorevole nei tumori polmonari, ma il suo ruolo in questo processo tumorale era, ad oggi, sconosciuto. Ora, uno studio condotto da Jordi Alcaraz, docente presso la Facoltà di Medicina e Scienze della Salute dell’Università di Barcellona, e ricercatore presso l’Istituto di Bioingegneria della Catalogna (IBEC), ha stabilito che questa proteina non è solo un buon biomarker, ma è anche coinvolto nella progressione dell’adenocarcinoma polmonare. Per comprendere il ruolo di TIMP-1 in questo processo, i ricercatori hanno utilizzato una raccolta unica di fibroblasti derivati da pazienti affetti da cancro ai polmoni presso l’Hospital Clínic in Spagna.
Nello specifico, hanno eseguito saggi di colture cellulari in vitro e in vivo sul carcinoma polmonare non a piccole cellule, che rappresenta fino all’85% dei tumori polmonari ed è suddiviso in due sottotipi: adenocarcinoma e carcinoma a cellule squamose. I risultati hanno prima mostrato che livelli elevati di TIMP-1 nel cancro del polmone sono dovuti ai fibroblasti che secernono “livelli patologici” di questa proteina. Successivamente, hanno scoperto che il TIMP-1 dai fibroblasti provoca una maggiore proliferazione e invasione del tumore quando interagisce con il recettore CD63 sulle cellule tumorali. Infine, hanno scoperto che questo asse tumorale formato dall’interazione tra TIMP-1 e CD63 si verifica solo nel sottotipo di adenocarcinoma e non nel carcinoma a cellule squamose. Questi risultati possono facilitare lo sviluppo di nuove terapie dirette contro questa interazione patologica.
Sapendo che i pazienti con adenocarcinoma hanno fibroblasti iperattivi che secernono eccessivamente TIMP-1 potrebbe sostanzialmente consentire agli scienziati di considerare molecole che ne impediscano la secrezione, In questo senso lo studio, oltre a dimostrare che i fibroblasti svolgono un ruolo molto importante nella progressione del tumore, apre anche un modo per “attaccare questo asse tumorale”: i cosiddetti farmaci antifibrotici, sviluppati per inibire le funzioni patologiche di queste cellule. L’idea è di esaminare se i farmaci antifibrotici siano in grado di inibire la secrezione anormale di TIMP-1 e se questa inibizione riduca la progressione dei tumori dell’adenocarcinoma. Questi risultati potrebbero essere applicati per altri tumori, poiché TIMP-1 è anche ampiamente descritto come un biomarker di prognosi sfavorevole in altri tipi di tumore solido.
- A cura del Dr. Gianfrancesco Cormaci, PhD, specialista in Biochimica Clinica.
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Pubblicazioni scientifiche
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