La malattia renale cronica (MRC) colpisce circa 700 milioni di persone in tutto il mondo e può portare a insufficienza renale e morte, quindi è necessario identificare i fattori che potrebbero prevenirne l’insorgenza e la progressione. Gli studi sugli animali suggeriscono che gli acidi grassi polinsaturi omega 3 possono avere effetti benefici sulla funzione renale, ma le prove degli studi sull’uomo sono limitate e si basano principalmente su questionari dietetici, che possono essere soggetti a errori. Secondo un nuovo studio pubblicato dal British Medical Journal, livelli più elevati di acidi grassi omega-3 presenti nei frutti di mare sono associati a un rischio moderatamente inferiore di malattia renale cronica e a un declino più lento della funzionalità renale. Queste associazioni non sono state trovate con livelli più elevati di omega-3 di origine vegetale. Sebbene la dimensione di queste associazioni fosse modesta, i risultati supportano le attuali linee guida cliniche che raccomandano un consumo adeguato di frutti di mare e pesce azzurro come parte di modelli dietetici sani.
Per esplorare ulteriormente questo aspetto, un team internazionale guidato da ricercatori del George Institute for Global Health e dell’Università del New South Wales, ha riunito i risultati di 19 studi di 12 paesi fino a maggio 2020 esaminando i collegamenti tra i livelli di biomarcatori di omega-3 e sviluppo di MRC negli adulti. Complessivamente, nell’analisi principale sono stati inclusi 25.570 partecipanti. Sedici studi hanno reclutato uomini e donne; in totale, 4.944 partecipanti (19%) hanno sviluppato MRC durante un periodo medio di monitoraggio di 11 anni. I biomarcatori includevano acido eicosapentaenoico (EPA), acido docosaesaenoico (DHA), acido docosapentaenoico (DPA) e acido alfa-linolenico (ALA). Le principali fonti alimentari di EPA, DHA e DPA provengono dai frutti di mare, mentre l’ALA si trova principalmente nelle piante (noci, semi e verdure a foglia verde). È interessante notare che, in via preliminare, i livelli di ALA di origine vegetale non erano associati alla malattia renale.
Dopo aver tenuto conto di una serie di altri fattori tra cui età, sesso, razza, indice di massa corporea, fumo, assunzione di alcol, attività fisica, malattie cardiache e diabete, livelli più elevati di omega-3 del pesce totale sono stati associati a un modesto (8%) calo rischio di sviluppare MRC. Quando i partecipanti sono stati divisi per livelli di omega-3, quelli con livelli totali di omega-3 nei frutti di mare nel quinto più alto avevano un rischio inferiore del 13% di MRC rispetto a quelli nel quinto più basso. Livelli più elevati di omega-3 totali dei frutti di mare, in particolare DHA, sono stati anche associati a un declino annuale più lento della velocità di filtrazione glomerulare. Questi sono risultati osservativi e i ricercatori riconoscono che le differenze nella progettazione e nei metodi dello studio potrebbero aver influenzato i loro risultati. E non possono escludere la possibilità che parte del rischio osservato possa dipendere da fattori non misurati. Tuttavia, i risultati sono stati simili dopo ulteriori analisi e sono apparsi coerenti tra i gruppi di età.
Sebbene gli scienziati ammettano che le loro scoperte non dimostrino una relazione causale tra gli acidi grassi omega-3 dei frutti di mare e il rischio di MRC, sono di supporto e coerenti con le attuali linee guida cliniche che raccomandano un’adeguata assunzione di frutti di mare come parte di modelli dietetici sani, specialmente quando i frutti di mare sostituiscono l’assunzione di cibi meno salutari. Sono stati chiesti pareri da pazienti e conto terzi in consulto a questa redazione scientifica, sul fatto che pesce e frutti di mare abbiano contaminazioni con composti tossici industriali e metalli pesanti. La domanda è stata quale sia il rapporto rischio/beneficio sul consumo periodico di pesce, ovvero 2-3 volte al settimana secondo le maggiori linee guida. La raccomandazione nel presente è la stessa fornita a chi ha chiesto: evitare di comperare pesce pescato localmente o comunque nelle vicinanze della costa. La ragione è che i primi 5-10 km di mare costiero sono quelli col più alto tasso di inquinanti.
E’ preferibile informarsi con i rivenditori se il pesce provenga da pesca in alto mare. In tal caso, il beneficio degli omega-3 sul sistema renale può decisamente superare il rischio derivato da metalli pesanti ed altre tossine che potrebbero danneggiarlo.
- A cura del Dr. Gianfrancesco Cormaci, PhD, specialista in Biochimica Clinica.
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Pubblicazioni scientifiche
Ong KL et al. BMJ. 2023 Jan 18; 380:e072909.
Liu M et al. Nutrients. 2022 Dec 21; 15(1):22.
Lin YL et al. Medicina 2022 Jun 13; 58(6):796.

Dott. Gianfrancesco Cormaci

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