sabato, Luglio 27, 2024

I nuovi vaccini contro la Omicron: il “banale” coronavirus si sta trasformando in un’influenza?

A causa delle continue mutazioni, da sempre sono state segnalate continue comparse di varianti di SARS-CoV-2, tra le quali alcune sono considerate varianti preoccupanti (VOC), ad esempio Alpha, Beta e Delta. Altre varianti sono note come varianti di interesse (VOI), ad esempio Eta, Kappa, Lambda e Iota. Di conseguenza, i ricercatori tengono d’occhio la prevalenza di queste varianti poiché potrebbero rappresentare una minaccia globale. Molteplici mutazioni sono presenti nella proteina Spike delle varianti, e queste varianti sono state segnalate per essere resistenti agli anticorpi neutralizzanti (NAbs) che sono stati suscitati dopo l’infezione naturale da COVID-19 o la vaccinazione. Poiché il dominio di legame al recettore (RBD) della proteina Spike è immunodominante, una mutazione in questo sito provoca l’evasione immunitaria. Inoltre, le mutazioni nel dominio N-terminale (NTD) aiutano i virus a sfuggire alla neutralizzazione. Ed ora, variante dopo variante, siamo giunti alla Omicron con le loro sub-varianti.

Gli scienziati di Yale hanno sviluppato un nuovo vaccino mRNA specifico per Omicron, che offre una protezione immunitaria superiore contro due sottovarianti virali rispetto ai vaccini mRNA standard. Il nuovo vaccino, chiamato Omnivax, ha aumentato la risposta anticorpale neutralizzante contro le sottovarianti di Omicron BA.1 e BA.2.12.1 nei topi preimmunizzati, rispettivamente di 19 e 8 volte, rispetto ai vaccini mRNA standard. La risposta migliorata contro la sottovariante BA.1 è stata riportata il 6 giugno sulla rivista Nature Communications. I risultati dello studio che ha coinvolto la sottovariante BA.2 sono stati pubblicati il 19 luglio 2022 sulla rivista Cell Discovery. I vaccini sperimentali utilizzano nanoparticelle lipidiche ingegnerizzate per fornire mRNA alle cellule con “istruzioni” per creare proteine spike da varianti mutanti, che il virus usa per attaccarsi e infettare le cellule. La presenza di questi frammenti virali estranei spinge il sistema immunitario a creare anticorpi contro il virus.

La rapida mutazione delle proteine spike sulla superficie del virus nel tempo ha creato una serie di sottovarianti e ha consentito loro di attenuare la protezione delle precedenti generazioni di vaccini mRNA sviluppati da Moderna e Pfizer-BioNTech. I vaccini mRNA di nanoparticelle lipidiche ingegnerizzati possono essere creati rapidamente. Ad esempio, la sottovariante BA.1 è emersa a metà novembre; a metà dicembre i ricercatori di Yale avevano sviluppato un vaccino contro il nuovo ceppo. Tuttavia, il test dell’efficacia del vaccino nei topi e una revisione tra pari dello studio non sono stati completati fino a febbraio. A marzo, la sottovariante BA.2 aveva preso piede come ceppo prevalentemente circolante nella maggior parte del mondo. I ricercatori hanno quindi studiato se il vaccino variante Omicron mantiene la sua superiorità rispetto ai vaccini standard contro BA.2. Il nuovo vaccino ha anche potenziato una risposta immunitaria superiore ai vaccini standard nei topi contro questa sottovariante.

Alla luce dell’aumento delle nuove varianti BA.4 e BA.5, che sono diventate più comuni tra i casi di COVID, i ricercatori di Yale stanno attualmente testando un nuovo candidato vaccino contro queste varianti nei topi. Nel frattempo, ci sono altri gruppi di ricerca che stanno cercando di capire come si comportano le varianti Omicron rispetto al soggetto, al suo sistema immunitario, alla reinfezione, alla somministrazione di vaccini diversi e di forme di vaccino anti-COVID sviluppate in precedenza. Un team dell’Università di Oxford, per esempio, ha testato l’evasione immunitaria con vaccini ed anticorpi monoclonali delle nuove varianti. Ha così trovato che BA.4/5 mostra una ridotta neutralizzazione da parte del siero di individui vaccinati con dosi triple di vaccino AstraZeneca o Pfizer, rispetto alle varianti BA.1 e BA.2. Inoltre, utilizzando il siero delle infezioni ripetute del vaccino BA.1, ci sono, allo stesso modo, riduzioni significative nella neutralizzazione di BA.4/5, aumentando la possibilità di ripetere infezioni da Omicron.

Questo spiegherebbe perché ci sono centinaia di migliaia di persone che “riprendono” l’infezione a distanza di uno o due mesi. Un altro team di collaborazione tra Università di Washington e Mount Sinai Institute, ha studiato l’attività del siero convalescente e vaccinale contro SARS-CoV2 Omicron. Nello specifico, gli scienziati hanno studiato l’attività di neutralizzazione del virus e di legame alle proteine spike dei sieri di individui convalescenti, vaccinati con doppio mRNA, potenziati con mRNA, convalescenti, vaccinati con doppio e convalescenti contro il tipo selvatico, proteine spike Beta (B.1.351) e Omicron SARS-CoV2. L’attività neutralizzante dei sieri di partecipanti convalescenti e con doppia vaccinazione non è stata rilevabile o molto bassa nei confronti di Omicron, rispetto al virus di tipo selvatico, mentre è stata mantenuta l’attività neutralizzante dei sieri di individui che erano stati esposti a spike tre o quattro volte, attraverso l’infezione e la vaccinazione, anche se a livelli notevolmente ridotti.

Il dato che viene confermato dalla letteratura al riguardo (ben 1400 pubblicazioni fino ad oggi, sulla variante Omicron da quando è stata isolata), è che queste varianti non letali (o almeno non come lo è la Delta) hanno tuttavia il grosso vantaggio evolutivo di sfuggire alla neutralizzazione immunitaria conferita sia dall’infezione, sia dalla vaccinazione che dall’uso di sieri convalescenti o anticorpi monoclonali. In pratica, si stanno trasformando alla stregua di come fanno i virus influenzali, sebbene non con la stessa velocità di questi ultimi. È ironico il pensare come i negazionisti inizialmente dicessero: “non c’è nulla da preoccuparsi, è una banale influenza”. Nel frattempo il coronavirus ha riscosso il suo tributo milionario (ma non di euro, fra negazionisti e non), e forse finalmente adesso si sta trasformando in una forma influenzale che ci ritroveremo stagionalmente. Con questo, la redazione scientifica non intende assolutamente dare alcun credito a qualsivoglia negazionista.

Anche la ricerca ha sospettato che, data l’estrema virulenza e mutabilità del virus, si sarebbe arrivati a qualcosa di molto più attenuato nel tempo. Mauna cosa è avere le prove di quello che si dice, un’altra è non averne. Non quando ci sono vite in mezzo.

  • A cura del Dr. Gianfrancesco Cormaci, PhD, specialista in Biochimica Clinica.

Pubblicazioni scientifiche

Fang Z, Peng L et al. Nature Commun 2022; 13(1):3250.

Fang Z, Peng L et al. Cell Discovery 2022 Jul; 8(1):69.

Xie X, Zou J, Liu M et al. bioRxiv 2022 Jul 29: 502055.

Tuekprakhon A et al. Cell. 2022 Jul; 185(14):2422-2433.

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Dott. Gianfrancesco Cormaci
Dott. Gianfrancesco Cormaci
Laurea in Medicina e Chirurgia nel 1998, specialista in Biochimica Clinica dal 2002, ha conseguito dottorato in Neurobiologia nel 2006. Ex-ricercatore, ha trascorso 5 anni negli USA alle dipendenze dell' NIH/NIDA e poi della Johns Hopkins University. Guardia medica presso la casa di Cura Sant'Agata a Catania. In libera professione, si occupa di Medicina Preventiva personalizzata e intolleranze alimentari. Detentore di un brevetto per la fabbricazione di sfarinati gluten-free a partire da regolare farina di grano. Responsabile della sezione R&D della CoFood s.r.l. per la ricerca e sviluppo di nuovi prodotti alimentari, inclusi quelli a fini medici speciali.

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