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La pitiriasi o “fungo di mare”: come spunta, come si tratta e come si previene

Il “fungo di mare” (nome clinico pitiriasi) è un’infezione fungina superficiale, frequente e benigna della pelle. Appartiene alle malattie legate alle micosi cutanee. Macchie iperpigmentate o ipopigmentate della pelle a livello del collo, tronco o braccia sono lesioni cutanee tipiche della pitiriasi versicolor, anche nota come tinea versicolor. Viene impropriamente chiamata “fungo di mare” perché le chiazze decolorate sulla pelle sono più evidenti quando si inizia l’esposizione al sole e ci si abbronza. In realtà, il mare non favorisce l’infezione ma evidenzia semplicemente le lesioni. Molti ritengono che l’infezione possa essere contratta al mare, attraverso la sabbia contaminata. Ma non ci sono prove che questo contribuisca. Colpisce in ugual misura uomini e donne, più frequentemente gli adolescenti e i giovani adulti, probabilmente a causa dell’aumento della produzione di sebo da parte delle ghiandole sebacee, la cui secrezione grassa è prediletta dal fungo.

Le cause e le manifestazioni

La pitiriasi è causata dalla Malassezia, nota in passato come Pityrosporum, un fungo microscopico che ha predilezione per gli ambienti oleosi. Ad oggi sono state identificate 14 specie di Malassezia. Le specie principali isolate nella pitiriasi versicolor sono M. furfur, M. sympodialis e M. globosa, che tra l’altro sono normali costituente della flora cutanea. La Malassezia è infatti un commensale della pelle sana. È più presente nelle zone oleose come il cuoio capelluto, il viso e la schiena. Si verificano anche lesioni alle ascelle e all’inguine, alle cosce e ai genitali e si estendono lungo gli avambracci sul dorso delle mani. La Malassezia può causare la pitiriasi versicolor quando dalla forma ovoidale/sporigena si converte nella sua forma filamentosa patogena. I fattori che portano a questa trasformazione includono la predisposizione genetica, le condizioni ambientali come il calore e l’umidità, la pelle grassa e l’applicazione di lozioni e creme oleose. L’immunodeficienza e la gravidanza sono i fattori che molto probabilmente fanno da fattore di attecchimento preferenziale nel sesso femminile.

Patogenesi delle lesioni

Le lesioni cutanee sono generalmente asintomatiche o leggermente pruriginose. Può capitare però che in condizioni climatiche molto calde e umide possa esserci prurito severo. Il meccanismo per i tipici cambiamenti pigmentari osservati nella pitiriasi versicolor non è ancora compreso, sebbene la microscopia elettronica mostri melanosomi anormalmente grandi nelle lesioni iperpigmentate e melanosomi più piccoli del normale in quelli scoloriti. La depigmentazione è stata spiegata sulla produzione di acidi dicarbossilici prodotti dalle specie Malassezia (come l’acido azelaico) che causano un’inibizione competitiva dell’enzima tirosinasi e forse un effetto citotossico diretto sui melanociti.

Malassezia furfur produce dei pigmenti e delle sostanze fluorescenti derivate unicamente dall’aminoacido triptofano. Essi (malassezina, pityriacitrina, pityrialactone, pityriarubine) possono spiegare alcuni fenomeni clinici della pitiriasi (depigmentazione, fluorescenza all’esame UV, mancanza di scottatura solare nella pitiriasi versicolor alba ovvero la forma bianca). Sono stati individuati dei potenziali meccanismi che contribuiscono alla patogenesi della condizione. Studi molecolari hanno evidenziato che alcuni strati epidermici infetti (corneo e granuloso) hanno una maggiore espressione di recettori immunologici come Dectina-1, TLR2, TLR4 e TLR9, nonché di peptidi antimicrobici come RNAasi 7, la defensina-2 e defensina-3, e della psoriasina o proteina S100A9.

Queste proteine sembrerebbero derivare dall’azione delle sostanze stesse prodotte dalla Malassezia furfur che fungerebbero da attivatori di AhR, il recettore dei policiclici. Questa proteina pressochè onnipresente nelle cellule umane, può legare la malassezina e l’indolo-carbazolo, composti aromatici prodotti dal metabolismo del fungo. A livello immunitario, l’attivazione di AhR causa immunosoppressione; quindi l’infezione tende ad automantenersi proprio perché, mentre il fungo prospera, il sistema immunitario locale non è attivato in modo ottimale. E’ singolare come la sintesi dei recettori TLR e della psoriasina indotta dall’infezione non scatenino infiammazione o prurito intensi, mentre la condizione si caratterizza per una prurigine molto limitata e una desquamazione molto lieve.

Invece, questi composti aromatici a livello cellulare possono avere effetti diversi. Per esempio, è stato dimostrato che la malassezina legando AhR produce la morte degenerativa dei melanociti. Quindi la decolorazione cutanea non è dovuta alla diffusione del fungo, bensì dalle biomolecole che esso produce. Oltre alla malassezina e l’indolo-carbazolo, anche altri metaboliti del fungo possono attivare il recettore AhR. Fra questi la triptantrina, lapityriacitrina e l’indirubina. Queste sostanze sono state identificate non solo negli strati epidermici dove cresce il fungo, ma anche nelle squame cutanee che vengono perdute. Esse potrebbero contribuire alla tossicità e morte cellulari degli strati infetti, poiché e noto che hanno bersagli molecolari addizionali oltre ad AhR, come le proteina chinasi GSK-3 e CDK1, che controllano la rigenerazione cellullare.

Infine, ci sono prove che alcuni d essi possono bloccare la maturazione immunitaria mediata proprio dai recettori TLRs. Sebbene gli esperti non siano tutti d’accordo sull’universale partecipazione di questi composti aromatici alla patogenesi della condizione, c’è un ulteriore implicazione che ha risvolti più pratici. Ed è l’impatto che questi indoli potrebbero avere sull’induzione locale degli enzimi CYP450 che metabolizzano gli azoli antimicotici. Sebbene il principale enzima metabolizzante i farmaci azolici (CYP3A4) non sia direttamente controllato da AhR, vi è una crescente evidenza che esiste un dialogo cellulare tra AhR ed altri recettori come PXR e CYP3A4, che potrebbe influenzare il metabolismo cutaneo degli azoli antimicotici usati pertrattare la pitiriasi.

Approcci terapeutici

La pitiriasi versicolor può essere trattata con agenti topici e/o sistemici. La terapia topica (locale) è considerata la terapia di prima linea. Si dividono in agenti antifungini aspecifici e farmaci antifungini specifici, che hanno effetti fungicidi o fungistatici. I primi sono tipicamente lozioni con zolfo più acido salicilico, solfuro di selenio 2,5% e zinco piritione, che rimuovono fungo e tessuti morti e prevengono ulteriori invasioni. Gli agenti antifungini includono gli azolici (ketoconazolo 2%, clotrimazolo 1%, isoconazolo, miconazolo), ciclopirox 1% (Miclast) e terbinafina 1% (Lamisil). Il ketoconazolo (Diflucan) èil trattamento topico più comunemente usato. Le forme galeniche come gli spray o le soluzioni schiumose negli shampoo sono preferibili alle creme perché le creme sono più grasse e più difficili da applicare, soprattutto in aree diffuse.

I farmaci orali sono impiegati come trattamento di seconda linea, quindi nel caso in cui la terapia topica non sia stata efficace. Le terapie sistemiche includono itraconazolo (200 mg al giorno per sette giorni) e fluconazolo (dose settimanale da 150 a 300 mg per 2-4 settimane) che sono preferiti al ketoconazolo orale, che non è più usato per i suoi potenziali effetti collaterali sul fegato. La terbinafina per via orale invece non è efficace nel trattamento della pitiriasi versicolor. In caso di recidiva, può essere necessaria una terapia di mantenimento. Si può optare per un trattamento profilattico topico, ma si preferiscono gli agenti antifungini sistemici perché richiedono meno tempo e garantiscono una migliore compliance. Bisogna anche rendere noto che in molti casi, può verificarsi una recidiva della malattia nonostante un trattamento efficace.

Si può prevenire?

Il primo suggerimento è quello di non riutilizzare asciugamani e accappatoi bagnati che contribuiscono alla condizione umida della pelle. Poi, non tralasciare la buona abitudine della doccia dopo un bagno nell’acqua salata o nel cloro e ricordarsi di asciugarsi molto bene per non coltivare depositi di sebo, usando sempre detergenti non aggressivi. Il sapone di Marsiglia è fra le migliori scelte per non irritare troppo la pelle, rimuovendo anche il sebo in eccesso. L’uso di indumenti di cotone evita di sudare e di produrre sebo che può mantenere la crescita del fungo. Infine, non bisogna evitare i raggi solari, che con la loro componente ultravioletta possono uccidere il fungo che ha generato la micosi. Infatti, l’abbronzatura rende solo più evidente la decolorazione della pelle colpita, ma questo è un fattore estetico di pura scelta personale.

  • A cura del Dr. Gianfrancesco Cormaci, PhD, specialista in Biochimica Clinica.

Pubblicazioni scientifiche

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Dott. Gianfrancesco Cormaci
Dott. Gianfrancesco Cormaci
Laurea in Medicina e Chirurgia nel 1998, specialista in Biochimica Clinica dal 2002, ha conseguito dottorato in Neurobiologia nel 2006. Ex-ricercatore, ha trascorso 5 anni negli USA alle dipendenze dell' NIH/NIDA e poi della Johns Hopkins University. Guardia medica presso la casa di Cura Sant'Agata a Catania. In libera professione, si occupa di Medicina Preventiva personalizzata e intolleranze alimentari. Detentore di un brevetto per la fabbricazione di sfarinati gluten-free a partire da regolare farina di grano. Responsabile della sezione R&D della CoFood s.r.l. per la ricerca e sviluppo di nuovi prodotti alimentari, inclusi quelli a fini medici speciali.

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