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Gli effetti dell’elettrosmog sull’immunità: le molecole che “sentono” i campi EM

L’elettrosmog descrive le onde elettromagnetiche che ci circondano nel nostro ambiente. Ogni anno aumenta la quantità e la natura delle radio e delle microonde contenute in questo elettrosmog. Tuttavia, la ricerca per stabilire se potrebbero interagire con la biologia umana e esattamente come potrebbero interagire è un campo offuscato dal gergo e dalla complessità di ciascuna tecnologia e ostacolato da linee guida sperimentali inadeguate. L’unica fonte naturale nota di radiazione elettromagnetica a microonde è la radiazione cosmica trascurabilmente debole proveniente dallo spazio, sebbene esistano fonti significative di radiazione naturale a frequenze radio più basse a causa di fenomeni atmosferici come l’aurora boreale e i temporali. Fino agli anni ’50, le frequenze dell’elettrosmog rimasero fuori dalla regione delle microonde, ma negli anni ’60 i canali televisivi iniziarono le trasmissioni a microonde.

Le tecnologie dei telefoni cellulari sono emerse negli anni ’80; WiFi negli anni ’90. Entrambi utilizzano ampiamente le bande di frequenza delle microonde. Il recente rilascio di radar WiGig e anti-collisione per veicoli nella regione di 60 GHz rappresenta un aumento di 1000 volte della frequenza e dell’energia dei fotoni, rispetto alle esposizioni che l’umanità ha vissuto fino agli anni ’50. È generalmente accettato che l’esposizione alle onde radio a bassa energia non produca alcun danno. Tuttavia, esposizioni di basso livello alle radiazioni ionizzanti, ad esempio le esposizioni causate da incidenti di energia nucleare, incidono effettivamente sulla biologia umana. Potrebbero essere necessari anni di esposizione accumulata prima che si manifestino i sintomi successivi. Tuttavia, gli studi condotti sugli animali da esperimento stanno facendo vedere qualcosa che gli scienziati non sono stati in grado di osservare negli studi passati.

Ovvero che i campi magnetici sembrano influenzare il moto e la configurazione della struttura di molte proteine cellulari. Una di quelle su cui si stanno concentrando certi gruppi di ricerca è il recettore per la vitamina D3 (VDR), a causa dei numerosi sospetti che ci sono sul collegamento fra elettrosmog e la comparsa di patologie autoimmuni. Tramite esperimenti di dinamica molecolare, i ricercatori hanno visto che la vibrazione molecolare di questo recettore si altera significativamente se sottoposto a vibrazioni elettromagnetiche che simulano l’elettrosmog. In particolare, ci sono certe regioni della proteina che cambiano conformazione per spostamento dei legami idrogeno. E regioni ricche di residui laterali contenenti ossigeno sembrano diventare “instabili”. Cambiare conformazione significa alterare le azioni biologiche di una proteina.

Sebbene tutti gli atomi del VDR siano costantemente in movimento, due residui ossigenati sono fondamentali perché sono coinvolti nella formazione di legami idrogeno con il suo coattivatore DRIP205. Quando il VDR non è attivato, questi gruppi ossigeno si legano alla lisina alla loro sinistra (K264) enon fanno posizionare il coattivatore dove deve essere per una corretta trascrizione genica. Ogni volta che è presente un campo elettromagnetico, una forza agirà su qualsiasi atomo carico in movimento, come questi atomi di ossigeno in movimento, una forza che potrebbe aumentare o ostacolare la corretta attivazione del recettore VDR. L’attivazione o il blocco dell’attivazione dipende dal contenuto di frequenza delle interazioni molecolari e da quello delle onde elettromagnetiche impattanti. Il VDR è ancora più sensibile se legato con la vitamina D in forma attiva.

E questo è entrato in accordo con un fenomeno che alcuni ricercatori clinici hanno evidenziato in modo informale: l’esposizione di animali da laboratorio o persone con autoimmunità che vengono sottoposte ad elettrosmog, la loro condizione sembra migliorare al pari di come se assumessero degli anti-infiammatori. Quando si riduce l’elettrosmog nell’ambiente di un paziente, il sistema immunitario tende a diventare più attivo. Ciò può provocare immunopatologia. In effetti, alcuni pazienti hanno riportato un’impennata dei sintomi della malattia, a volte un’intollerabile, dopo che router WiFi e telefoni cellulari sono stati spenti nelle loro case. Altri hanno riferito che viaggiare in un’area molto tranquilla o isolata dove non c’è tecnologia elettronica, ha causato un aumento dei loro sintomi immunitari. Quindi cosa vuol dire: che l’elettrosmog fa male al soggetto sano, ma può curare quello affetto da autoimmunità?

Fra l’altro, lo studio condotto sulla sensibilità del VDR ai campi EM farebbe pensare ad una correlazione diretta col sistema immunitario. La vitamina D, invero, è un efficace regolatore dell’immunità a più livelli. E’ possibile (sebbene che non vi siano prove) che il soggetto sano abbia sufficienti livelli di vitamina D e che la regolazione immunitaria in tal caso sia diversa da quella ottenibile da un VDR stimolato dai campi elettromagnetici. Comunque sia, i pazienti autoimmuni sembrano predisposti all’ipersensibilità dell’elettrosmog a livelli attualmente esistenti negli ambienti domestici e di lavoro tipici e questo fattore può influenzare la loro risposta terapeutica. Non possiamo ignorare il crescente numero di prove che mostrano effetti elettromagnetici sul sistema immunitario. Ma allora è lecito chiedersi: perchè se ci sono degli effetti molecolari quasi immediati, gli effetti sulla salute spuntano dopo diverso tempo?

Una risposta potrebbe essere: la natura “controversa” dell’ipersensibilità elettromagnetica non diminuirà fino a quando non afferreremo la complessità di come esattamente le onde elettromagnetiche interagiscono con la biologia umana.

  • A cura del Dr. Gianfrancesco Cormaci, PhD, specialista in Biochimica Clinica.

Pubblicazioni scientifiche

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Dott. Gianfrancesco Cormaci
Dott. Gianfrancesco Cormaci
Laurea in Medicina e Chirurgia nel 1998, specialista in Biochimica Clinica dal 2002, ha conseguito dottorato in Neurobiologia nel 2006. Ex-ricercatore, ha trascorso 5 anni negli USA alle dipendenze dell' NIH/NIDA e poi della Johns Hopkins University. Guardia medica presso la casa di Cura Sant'Agata a Catania. In libera professione, si occupa di Medicina Preventiva personalizzata e intolleranze alimentari. Detentore di un brevetto per la fabbricazione di sfarinati gluten-free a partire da regolare farina di grano. Responsabile della sezione R&D della CoFood s.r.l. per la ricerca e sviluppo di nuovi prodotti alimentari, inclusi quelli a fini medici speciali.

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