lunedì, Aprile 29, 2024

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Cachessia tumorale a nudo: il colpevole finale non sono le citochine ma l’acido lattico prodotto dal cancro

La cachessia è una sindrome metabolica complicata associata a una rapida perdita di peso corporeo, inclusa la perdita di grasso e massa muscolare. I pazienti con cachessia neoplastica spesso sviluppano anemia, affaticamento, astenia e anoressia, che peggiorano la loro qualità di vita e riducono la loro tolleranza alle terapie antitumorali. Di conseguenza, la cachessia rappresenta circa il 20% dei pazienti con decessi correlati al cancro. Ad oggi, gli esperti sanno che il meccanismo preciso responsabile dello sviluppo della cachessia tumorale non è completo. Precedenti studi hanno dimostrato che le citochine infiammatorie come l’interleuchina 6 (IL-6), il fattore di necrosi tumorale (TNF-alfa), l’interferone gamma (IFN-γ) e il fattore di crescita trasformante (TGF-β) inducono il rimodellamento del tessuto adiposo e muscolare a causa della crescita accelerata delle cellule tumorali, che contribuiscono alla patogenesi della cachessia tumorale.

I trattamenti antinfiammatori non sono stati associati ad effetti positivi nell’alleviare la cachessia tumorale. Fra l’altro inibire la ciclo-ossigenasi 2 (COX2) indotta dalle citochine risulta parzialmente efficace nel controllare solo la sintomatologia dolorosa. FANS comuni come etodolac, diclofenac, ibuprofene e qualche altro sono abbastanza efficaci nell’alleviare il dolore nei pazienti in avanzato stato di metastatizzazione. Ma non revertono la patologia tumorale. Lo stesso dicasi per i corticosteroidi, il cui uso cronico non fa altro che peggiorare certi aspetti del deterioramento organico, come accelerare la perdita muscolare e la rarefazione ossea. Le citochine sono sicuramente implicate nella cachessia organica da tumore, ma non sono le uniche responsabili. Pertanto, sono necessarie ulteriori ricerche per comprendere meglio l’associazione tra manifestazioni tumorali e scarso metabolismo dell’ospite.

Un ultimo studio molecolare condotto da scienziati dell’Università dio Pechino si è concentrato sull’identificazione causale dei fattori di collegamento tra tumori e catabolismo esteso nella cachessia tumorale. Per determinare i livelli di lattato sierico, i campioni raccolti da pazienti con adenocarcinoma polmonare sono stati utilizzati per calibrare l’analizzatore di glucosio-lattato Biosen C-Line. I cambiamenti metabolici sistemici associati alla cachessia sono stati profilati utilizzando un modello di xenotrapianto murino di cellule di cancro polmonare di Lewis (LLC). I topi con carico tumorale hanno mostrato una significativa perdita di peso con una riduzione del tessuto adiposo bianco (TAB). Lo screening metabolomico di un modello murino di cachessia tumorale ha identificato il lattato come il principale metabolita differenziale. L’identità di questo metabolita è stata confermata dal picco nello spettro di massa.

I livelli di lattato erano fortemente correlati con la riduzione del peso corporeo, in particolare tra i pazienti con adenocarcinoma polmonare con cachessia tumorale. Prima della perdita di peso corporeo sono stati osservati livelli più elevati di lattato circolante e interstiziale adiposo. Inoltre, i risultati dell’infusione di lattato del fenotipo di deperimento erano simili a quelli indotti dal tumore. Un’infusione di L-lattato osmotica mediata da una minipompa ha portato ad un aumento medio persistente del lattato circolante senza un cambiamento nel pH del sangue; tuttavia, il D-lattato esposto non sembra influenzare la perdita di peso. I livelli elevati e sostenuti di lattato in molti pazienti affetti da cancro erano associati negativamente alla loro prognosi. Questo indica che avere troppo acido lattico in caso di patologie tumorali, simula un effetto di stanchezza/astenia simile a quello di quando si è compiuto un esercizio fisico molto intenso.

Per studiare la potenziale rilevanza clinica del lattato nella cachessia da cancro umano, il team ha raccolto campioni di siero da pazienti con adenocarcinoma polmonare. L’analisi delle componenti principali dei metaboliti sierici ha raggruppato i campioni di pazienti con cachessia oltre a quelli senza cachessia. Anche il livello sierico di lattato era marcatamente elevato nei pazienti con cachessia e strettamente correlato alla perdita di peso corporeo, confermando l’importanza del lattato nella progressione della condizione. I ricercatori hanno notato che il livello di lattato nei pazienti diminuiva notevolmente dopo la rimozione chirurgica del tumore polmonare, suggerendo che è proprio il tumore la causa principale dell’elevato lattato sierico. Ma come fa tutto questo l’acido lattico? Il recettore di membrana GPR81 è stato identificato come il mediatore principale degli effetti pro-catabolici del lattato.

I livelli di lattato erano fortemente correlati con la riduzione del peso corporeo, in particolare tra i pazienti con adenocarcinoma polmonare con cachessia tumorale. Prima della perdita di peso corporeo sono stati osservati livelli più elevati di lattato circolante e interstiziale adiposo. Inoltre, i risultati dell’infusione di lattato del fenotipo di deperimento erano simili a quelli indotti dal tumore. Un’infusione di L-lattato osmotica mediata da una minipompa ha portato ad un aumento medio persistente del lattato circolante senza un cambiamento nel pH del sangue; tuttavia, il D-lattato esposto non sembra influenzare la perdita di peso. I livelli elevati e sostenuti di lattato in molti pazienti affetti da cancro erano associati negativamente alla loro prognosi. Questo indica che avere troppo acido lattico in caso di patologie tumorali, simula un effetto di stanchezza/astenia simile a quello di quando si è compiuto un esercizio fisico molto intenso.

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Attraverso il recettore GPR81, il lattato ha attivato la cascata di segnalazione Gαi/o-Gβγ-RhoA-ROCK1-p38, non accompagnata dalla sovraregolazione della proteina correlata all’ormone paratiroideo (PTHrP). La p38 è una MAP-chinasi da stress; è stato dimostrato che la p38 attiva facilita la traslocazione nucleare del fattore di trascrizione ATF2 mediante fosforilazione, portando ad un aumento dell’espressione di UCP-1. Quindi è proprio questa proteina chinasi che incita la cellula a sintetizzare la proteina disaccoppiante UCP-1 ed il dispendio energetico totale. Per innescare l’imbrunimento del TAB e la lipolisi nei campioni, è stato sufficiente un aumento cronico del lattato nel sangue. Inoltre, i dati di fosfoproteomica hanno indicato che nel grasso bianco geneticamente deprivato di GPR81 si ha la persistente attivazione delle protein-chinasi attivate da mitogeni extracellulari (ERK1/2). Questa attivazione nei topi carenti di GPR81 inciterebbe alla ricostruzione del TAB, attenuando così lo spreco adiposo indotto dal lattato e dal tumore.

Per essere sicuri che GPR81 fosse il candidato responsabile d questi effetti biologici, gli scienziati hanno appurato che altri potenziali sensori/recettori dell’acido lattico (MCT1, MCT4, GPR4 e GPR132) fossero o geneticamente eliminati o inibiti farmacologicamente, arrivando alla conclusione che nessuno dei precedenti sensori (al di fuori di GPR81) contribuisce agli effetti “tumorali” dell’acido lattico. Nel loro insieme, i risultati dello studio indicano che GPR81 potrebbe essere preso di mira e bloccato per alleviare i disturbi metabolici ed il deperimento organico coinvolti nella cachessia tumorale.

  • A cura del Dr. Gianfrancesco Cormaci, PhD; specialista in Biochimica Clinica.

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Cui P, Li X, Huang, C et al. Front Mol Biosci. 2022; 9:789889.

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Dott. Gianfrancesco Cormaci
Dott. Gianfrancesco Cormaci
Laurea in Medicina e Chirurgia nel 1998, specialista in Biochimica Clinica dal 2002, ha conseguito dottorato in Neurobiologia nel 2006. Ex-ricercatore, ha trascorso 5 anni negli USA alle dipendenze dell' NIH/NIDA e poi della Johns Hopkins University. Guardia medica presso la casa di Cura Sant'Agata a Catania. In libera professione, si occupa di Medicina Preventiva personalizzata e intolleranze alimentari. Detentore di un brevetto per la fabbricazione di sfarinati gluten-free a partire da regolare farina di grano. Responsabile della sezione R&D della CoFood s.r.l. per la ricerca e sviluppo di nuovi prodotti alimentari, inclusi quelli a fini medici speciali.

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