sabato, Novembre 2, 2024

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Il ruolo dei grassi nel sistema immunitario: chi ha detto che servono solo all’energia?

Quando si parla di grassi, li si associa convenzionalmente al sovrappeso, all’obesità ed alla salute cardiovascolare. Gli sportivi sanno bene che i grassi, sottoforma di trigliceridi, sono una riserva di carburante per i muscoli quando c’è poca disponibilità di carboidrati. Chi desidera perdere peso e tornare in forma dagli extra-chili dei piaceri della tavola, invece, i grassi rappresentano solo un fastidio da cui sbarazzarsi. Eppure il 70% del nostro sistema nervoso (cervello e sue strutture interne) è costituito proprio da grassi. La famosissima mielina che avvolge ed isola i nervi permettendo la conduzione nervosa, è essenzialmente composta da membrane ricche di grassi chiamati sfingolipidi e fosfolipidi. Inoltre, il cuore dipende per la sua energia dagli acidi grassi e non dal glucosio, come fanno gli altri muscoli del corpo. Ma virtualmente ogni cellula ha bisogno della sua quota di grassi per regioni strutturali, metaboliche ed anche le cellule del sistema immunitario.

Fra queste, i linfociti T sono fortemente dipendenti dalla presenza di acidi grassi liberi per le loro funzioni specifiche. È stato dimostrato che essi possiedono trasportatori (FATPs) per gli acidi grassi ed anche dei recettori di superficie in grado di legarli. Uno di questi è il recettore CD36, che è ancheuna proteina che trasloca gli acidi grassi liberi dentro i linfociti. Il legame degli acidi grassi ai recettori di superficie (GPR84) serve a lanciare deimessaggi che riorganizzano i linfociti, preparandoli alle risposte biologiche. Una volta dentro, essi sono veicolati facilmente da proteine specifiche (FABPs), che li rendono solubili e disponibili nei compartimenti cellulari dove ce ne è bisogno. Certi acidi grassi sono anche ligandi per recettori interni alla cellula stessa. Infatti, oltre e servire da carburante per la respirazione dei mitocondri, possono attivare una famiglia di recettori che legano il DNA (fattori di trascrizione) permettendo l’espressione genica.

Questi recettori sono i fattori perossisomiali (PPARs alfa, beta, gamma e delta) e per tutti loro sono stati dimostrati ruoli nelle cellule immunitarie che comportano la loro attivazione, reclutamento, riconoscimento degli antigeni e dialogo con altre specie di cellule immuni. Fra i PPARs, il gamma è quello che se attivato sopprime la produzione di interleuchina-2, una potente citochina infiammatoria. Il PPAR gamma è sensibile agli acidi grassi insaturi, soprattutto quelli della famiglia omega-3 ed omega-6. Se è attivato dagli omega-3, esso riduce i fenomeni infiammatori, giustificando il concetto che l’assunzione di acidi poli-insaturi omega-3 può risultare anti-infiammatoria e parzialmente di beneficio in condizioni come l’artrosi degenerativa ed autoimmunità come l’artrite reumatoide, la sclerosi multipla e le coliti infiammatorie tipo Crohn. Esperimenti genetici sui topi cui è stato tolto il gene del PPAR-gamma, hanno reso questi animali estremamente predisposti alla comparsa di EAE, il modello sperimentale della sclerosi multipla.

Durante la vita di un linfocita, la sua necessità o richiesta di grassi non è sempre la stessa. Essa è maggiore durante il riconoscimento degli antigeni e la susseguente divisione cellulare per espandere la memoria. La proliferazione è un processo che richiede energia e quale miglior carburante di un acido grasso può fornire l’energia sufficiente al processo. Per le loro funzioni energetiche base i linfociti usano il glucosio, questo è indubbio, ma ai fini dell’efficienza possono usare acidi grassi a lunga catena. I linfociti possono avere dei piccoli depositi interni di trigliceridi, hanno la loro lipasi che li scinde e possono così utilizzare gli acidi grassi. È risaputo, infatti, che in condizioni ottimali la produzione di energia da una molecola di acido grasso è quasi 4 volte maggiore di una singola molecola di glucosio. Gli immunologi sanno che ci sono diverse popolazioni di linfociti, catalogate in base a dei markers e delle funzioni espletate: ci sono linfociti regolatori, effettori, di memoria e così via.

Mentre i linfociti chiamati CD8+ sono molto più dipendenti dagli acidi grassi per le loro funzioni vitali, un altro gruppo chiamato CD4+ effettori, invece, esprime più proteine ed enzimi collegati al metabolismo dei carboidrati. Queste differenze fra le popolazioni cellulari non sono frutto di capriccio, ma di precise specializzazioni all’interno di un complesso sistema biologico qual è quello immunitario. Ma c’è di più. Anche le cellule immuni vogliono colesterolo per le loro funzioni. Esse hanno dei sensori interni e persino la catena enzimatica preposta alla sua sintesi. Mentre si sa poco della sintesi del colesterolo nei linfociti, si sa molto su come il colesterolo e dei suoi derivati ossidati (idrossi-colesteroli e cheto-steroli) regolano certi processi metabolici dentro le cellule immunitarie. Questi derivati ossidati si legano a proteine simili ai PPARs descritti in precedenza e, come questi, sono fattori di espressione genica. Fungono cioè sia da sensori che effettori postumi sul DNA. Quelli usati maggiormente dai linfociti sono lo SREBP-1 ed il LXR-beta.

Una volta attivati, però, questo si traduce nel fenomeno opposto a quello descritto in precedenza: i linfociti sintetizzano una batteria di proteine coinvolte nella risposta infiammatoria. Derivati ossidati del colesterolo sono presenti nelle placche arteriose (ateromi) e questo spiega la componente infiammatoria che si riscontra all’interno delle lesioni aterosclerotiche. È la componente infiammatoria che rende la placca instabile, che può rompersi ed originare emboli e quindi ischemie. L’attivazione del LXR-beta può avere, però, effetti infiammatori o anti-infiammatori a secondo del metabolita ossidato che esso lega. Nel caso del modello sperimentale di sclerosi multipla EAE, l’attivazione del LXR-beta risulta protettiva ed anti-infiammatoria. Alcuni sottotipi di linfociti hanno un altro recettore degli ossi-colesteroli (ROR-gamma t); sono quelli che risiedono dentro i linfonodi, le stazioni ghiandolari dove il sistema immunitario si sviluppa. Quando questo recettore lega il derivato 25-idrossi-colesterolo, esso promuove la popolazione di linfociti chiamata T helper 17 (Th17).

Questo gruppo è attivamente coinvolto nel controllo della risposta autoimmune: è sotto intensa indagine della ricerca scientifica, perché si crede che esso nasconda il segreto per capire come funzioni la comparsa di tutte le malattie autoimmuni note all’uomo. Altri biolipidi regolatori delle attività linfocitarie di segnale sono gli sfingolipidi (cerebrosidi, ceramidi, sulfatidi e loro derivati) che possono entrare nella composizione delle membrane cellulari delle cellule immunitarie. Alcuni di essi (Sfingomielina) sono precursori per secondi messaggeri (ceramide) che causano arresto del ciclo cellulare e conducono la cellula a morte; nel caso dei linfociti si può avere morte programmata se prodotti in elevate quantità, o maturazione definitiva da precursore se vengono prodotti in quantità controllate. Colesterolo e sfingolipidi sono i grassi base delle cosiddette “piattaforme segnale” (lipid rafts) in cui sono presenti molti recettori romonali ed immunitari che servono ad organizzare le risposte immunitarie attraverso l’attivazione di proteina chinasi (tirosina-chinasi, fosfo-inositide chinasi, serina-treonina chinasi, ecc.).

L’attivazione dei segnali a valle dei recettori immunitaria dei linfociti, sono come delle “firme molecolari” che diventano cellulari attraverso specifici programmi di espressione genica. Ogni “pattern” di espressione genica, poi, determina opportune risposte di risoluzione infiammatoria, variazione fisiopatologica o lìinnesco di una autoimmunità. Da quanto esposto, si comprende adesso che persino le nostre difese immunitarie vogliono la loro quota di grassi per un corretto funzionamento. Viene da sé, perciò, che se dimagrire vuol dire mettere il sistema immunitario in condizione di funzionare male con diete estreme, vale invece la pena ottenere lo stesso risultato con un’altra strategia. Ovvero, limitare a tavola un eccesso di zuccheri, carni rosse e di alimenti trasformati o troppo elaborati che vengono addizionati proprio a grassi. Alimentarsi poi con frutta e verdura ricchi di altri biofattori utili al sistema immunitario. Ovviamente, si completa con la ciliegina sulla torta: una bella dose di attività fisica, perché le calorie sono sempre calorie e non scompaiono da sole.

  • A cura del Dr. Gianfrancesco Cormaci, PhD, specialista in Biochimica Clinica.

Pubblicazioni scientifiche

Waddington KE et al. PNAS USA. 2021; 118(21):e2017394118. 

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Dott. Gianfrancesco Cormaci
Dott. Gianfrancesco Cormaci
Laurea in Medicina e Chirurgia nel 1998; specialista in Biochimica Clinica dal 2002; dottorato in Neurobiologia nel 2006; Ex-ricercatore, ha trascorso 5 anni negli USA (2004-2008) alle dipendenze dell' NIH/NIDA e poi della Johns Hopkins University. Guardia medica presso la casa di Cura Sant'Agata a Catania. Medico penitenziario presso CC.SR. Cavadonna (SR) Si occupa di Medicina Preventiva personalizzata e intolleranze alimentari. Detentore di un brevetto per la fabbricazione di sfarinati gluten-free a partire da regolare farina di grano. Responsabile della sezione R&D della CoFood s.r.l. per la ricerca e sviluppo di nuovi prodotti alimentari, inclusi quelli a fini medici speciali.

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