Fin dai tempi dell’antico medico greco Ippocrate, il cancro è stato riconosciuto come sensibile al calore. Oggi, questo principio costituisce la base del trattamento con ipertermia, una promettente terapia oncologica che utilizza il calore controllato per uccidere le cellule tumorali risparmiando quelle sane. A differenza della chemioterapia o della radioterapia, l’ipertermia agisce riscaldando il tessuto canceroso a temperature intorno ai 50 °C, causando la morte delle cellule tumorali e contemporaneamente attivando il sistema immunitario dell’organismo contro il tumore. Questo approccio è particolarmente promettente se combinato con l’immunoterapia, poiché le cellule tumorali uccise dal calore possono innescare una risposta immunitaria antitumorale più forte. L’ipertermia, un trattamento oncologico che utilizza il calore controllato per uccidere le cellule tumorali, si mostra promettente, ma presenta dei limiti dovuti all’inaspettata resistenza al calore di alcune cellule tumorali.
Tuttavia, alcune importanti sfide hanno limitato il successo clinico dell’ipertermia. Uno dei principali ostacoli è la limitata comprensione dei meccanismi biologici alla base della sensibilità al calore nelle cellule tumorali. I ricercatori hanno scoperto che alcune cellule tumorali, anche quelle dello stesso organo, reagiscono in modo diverso allo shock termico, con alcune sorprendentemente più resistenti al calore di altre. Questa resistenza coinvolge due distinti tipi di morte cellulare: la necrosi, che si verifica rapidamente attraverso danni fisici diretti alle membrane cellulari, e l’apoptosi, una morte cellulare programmata più lenta. In particolare, il modo in cui le cellule tumorali resistenti al calore regolano la necrosi ha ricevuto scarsa attenzione scientifica, limitando il potenziale dell’ipertermia come trattamento standard per il cancro.
Ricercatori giapponesi hanno ora scoperto che alti livelli di colesterolo nelle membrane delle cellule tumorali agiscono come una barriera protettiva, proteggendo dalla rottura della membrana indotta dal calore. Quando il colesterolo veniva ridotto con l’uso di farmaci, i tumori precedentemente resistenti al calore diventavano vulnerabili al trattamento con ipertermia, aprendo nuove possibilità per una terapia oncologica personalizzata che mirasse ai livelli di colesterolo per migliorare i risultati. Per colmare questa lacuna conoscitiva, un team di ricerca guidato dal professor Hiroto Hatakeyama ha studiato i meccanismi molecolari alla base della resistenza al calore nelle cellule tumorali. Attraverso una serie di esperimenti su topi e colture cellulari, i ricercatori hanno confrontato le caratteristiche e i comportamenti delle cellule tumorali sensibili al calore con quelle resistenti al calore.
Hanno scoperto che il colesterolo poteva agire come uno scudo protettivo per le cellule tumorali durante il trattamento termico. Le cellule tumorali resistenti al calore contenevano livelli di colesterolo significativamente più elevati rispetto a quelle sensibili al calore. Questo, a sua volta, contribuiva a mantenere la stabilità delle membrane cellulari quando esposte al calore, prevenendo la rapida rottura della membrana che porta alla necrosi. In particolare, quando i ricercatori hanno rimosso artificialmente il colesterolo dalle cellule tumorali utilizzando un farmaco che ne riduceva il contenuto, anche le cellule più resistenti al calore sono diventate vulnerabili al trattamento con ipertermia. Questa svolta è arrivata grazie a un’analisi dettagliata del comportamento della membrana cellulare durante l’esposizione al calore. Utilizzando tecniche di imaging avanzate, i ricercatori hanno osservato che il calore rendeva le membrane cellulari più fluide.
Nelle cellule con alti livelli di colesterolo, questo aumento della fluidità della membrana veniva soppresso, proteggendo così le cellule dai danni causati dal calore. Tuttavia, quando il colesterolo veniva rimosso, la fluidità della membrana aumentava, rendendo le cellule molto più suscettibili ai danni indotti dal calore, portando a una rapida morte cellulare per necrosi. Testando i loro risultati su diverse linee cellulari tumorali umane e murine, è stato confermato che i livelli di colesterolo erano costantemente correlati alla resistenza al calore. I ricercatori hanno ulteriormente convalidato la loro scoperta su topi viventi con tumori impiantati, utilizzando nanoparticelle d’oro e luce nel vicino infrarosso per creare un riscaldamento localizzato. I tumori trattati sia con deplezione del colesterolo che con ipertermia hanno mostrato una drastica riduzione, con la completa scomparsa della maggior parte dei tumori, un risultato di gran lunga superiore rispetto al solo trattamento termico.
Questa ricerca suggerisce che la misurazione dei livelli di colesterolo nei tumori potrebbe aiutare i medici a identificare i pazienti che hanno maggiori probabilità di beneficiare del trattamento con ipertermia. Ancora più importante, la combinazione di farmaci depletivi del colesterolo con la termoterapia localizzata potrebbe trasformare l’ipertermia da un trattamento incoerente a una potente arma contro il cancro. Nei loro esperimenti, gli scienziati hanno utilizzato le ciclodestrine (gabbie molecolari per il colesterolo), ma nella pratica clinica le statine tradizionali potrebbero essere riutilizzate per questa applicazione. Poiché la deplezione del colesterolo innesca principalmente la necrosi, questo approccio potrebbe anche migliorare la capacità del sistema immunitario di riconoscere e attaccare le cellule tumorali rimanenti. L’altro principale tipo di morte cellulare (apoptosi), infatti, non innesca alcuna risposta infiammatoria e non può allertare il sistema immunitario circa anomalie da eliminare.
- A cura del Dr. Gianfrancesco Cormaci, PhD, specialista in Biochimica Clinica.
Pubblicazioni scientifiche
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