lunedì, Agosto 18, 2025

PROX1, il fattore cellulare che rende il tumore prostatico indipendente dagli ormoni

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I ricercatori del Rogel Cancer Center dell’Università del Michigan hanno identificato un gene che svolge un ruolo chiave nelle cellule tumorali della prostata che sono passate a una forma più aggressiva e resistente al trattamento. Il gene può essere indirettamente colpito da una classe di farmaci esistente, suggerendo una potenziale strategia terapeutica per i pazienti con sottotipi aggressivi di cancro alla prostata. Il lavoro fa progredire studi precedenti che hanno scoperto che le cellule tumorali della prostata subiscono un processo chiamato plasticità di lignaggio, in cui diventano resistenti al recettore degli androgeni (AR-a), un bersaglio chiave nel cancro alla prostata. Questa transizione dalla dipendenza dal recettore degli androgeni è un continuum in cui le cellule tumorali assumono identità alternative rispetto a quelle tipiche della maggior parte dei tumori alla prostata che dipendono dal recettore degli androgeni. In questo nuovo studio, gli scienziati hanno esaminato quali fattori potrebbero causare questa transizione.

Hanno identificato il gene PROX1 (Prospero homeobox 1), che svolge un ruolo nel determinare l’identità cellulare sia nelle cellule normali che in quelle tumorali. Il team ha scoperto che, man mano che le cellule tumorali della prostata passano a un’identità alternativa, PROX1 diventa più altamente espresso. I loro studi che implicano PROX1 sono iniziati esaminando biopsie tumorali di pazienti che avevano subito plasticità di linea. PROX1 era il gene più sovraregolato. Esaminando centinaia di tumori di pazienti lungo il continuum della plasticità di linea, hanno confermato PROX1 come un marker precoce di plasticità di linea. Infatti, hanno scoperto che i tumori con bassa attività del recettore degli androgeni (chiamati carcinoma prostatico doppio negativo), oltre ai tumori che perdono completamente l’espressione del recettore degli androgeni (chiamati carcinoma prostatico neuroendocrino), attivano PROX1.

In ulteriori esperimenti, il team ha dimostrato che l’espressione di PROX1 era inversamente correlata all’espressione di AR-a nei dataset tumorali di pazienti affetti da carcinoma prostatico. L’aggiunta di PROX1 alle cellule tumorali della prostata ha anche disattivato AR-a. Pertanto, è probabile che PROX1 regoli tale recettore: questa potrebbe essere una spiegazione del motivo per cui il recettore degli androgeni viene disattivato quando i tumori subiscono plasticità di linea e abbandonano la tipica identità di carcinoma prostatico ghiandolare. Numerosi studi hanno chiarito il ruolo fondamentale di PROX1 nella regolazione della staminalità cellulare, della plasticità metabolica, della chemioresistenza e della metastasi a distanza in vari tumori. Essendo un importante regolatore della via di segnalazione WNT, questo pone PROX1 come un regolatore principale del processo di metastasi nei tumori aggressivi.

PROX1 ha aumentato significativamente i livelli di mRNA dei geni di staminalità cellulare (CD44, CD133, ONECUT2 e IGF2BP1), dei geni di transizione epitelio-mesenchimale (come E-caderina, N-caderina e Snail) e dei geni correlati all’invasione (MMP2). Studi precedenti hanno dimostrato che l’inibizione della via di segnalazione dell’AR può aumentare la regolazione dei fattori di plasticità neuroendocrina, tra cui SPINK1 e TRIM59, e che le cellule di CaP trattate con androgeni hanno mostrato un livello ridotto di PROX1, analogamente a quanto avviene con gli inibitori AR-a. L’inibizione dell’AR nelle cellule LNCaP ha aumentato l’espressione di PROX1 e dei markers neuroendocrini. Al contrario, la sovraespressione di AR-a nelle cellule NCI-H660 ne ha ridotto l’espressione. In altri studi, l’enzalutamide ha aumentato l’espressione dei markers neuroendocrini, che è stata poi compromessa a seguito dell’inibizione di PROX1.

Successivamente, il team ha eliminato l’espressione di PROX1 con metodi genetici sia nel carcinoma prostatico doppio negativo che nelle cellule del carcinoma prostatico neuroendocrino. Le cellule hanno quindi smesso di crescere e hanno iniziato a morire, suggerendo che colpire PROX1 potrebbe essere un modo efficace per controllare questi tumori. Una sfida è che PROX1 è un fattore di trascrizione, ovvero la sua funzione è quella di attivare i geni, e questo tipo di proteina è notoriamente difficile da colpire con i farmaci. Alla ricerca di una soluzione alternativa, il team si è rivolto al network cellulare di PROX1. Esaminando le proteine che si legano a PROX1, tra i principali partner c’erano le istone deacetilasi (HDAC), il che ha permesso agli scienziati di ipotizzare che le HDAC potessero cooperare con PROX1. Poiché PROX1 non è farmacologicamente applicabile con le conoscenze convenzionali, gli scienziati ritengono che colpire le HDAC potrebbe essere come colpire PROX1.

È già noto che le HDACs svolgono un ruolo nel cancro e diversi inibitori delle HDAC sono stati approvati per altri tumori diversi da quello prostatico. Il team ha scoperto che le cellule tumorali della prostata che esprimevano PROX1 erano molto sensibili agli inibitori dell’istone deacetilasi e che il trattamento con questi farmaci riduceva la proteina PROX1. Con la diminuzione dell’espressione di PROX1, le cellule tumorali morivano: l’impatto era simile a quello che si verificava quando il team rimuoveva geneticamente PROX1 dalle cellule. Pertanto, gli inibitori dell’istone deacetilasi potrebbero essere ben riutilizzati per trattare forme resistenti di tumori della prostata.

  • A cura del Dr. Gianfrancesco Cormaci, PhD, specialista in Biochimica Clinica.

Pubblicazioni scientifiche

Duan Z et al. J Clin Invest. 2025; 135(11):e187490.

Liu C, Chen J et al. Cancer Lett. 2024; 597:217068.

Sakurai K et al. Hum Cell. 2024; 37(5):1559-1566.

Dott. Gianfrancesco Cormaci
Dott. Gianfrancesco Cormaci
Laurea in Medicina e Chirurgia nel 1998; specialista in Biochimica Clinica dal 2002; dottorato in Neurobiologia nel 2006; Ex-ricercatore, ha trascorso 5 anni negli USA (2004-2008) alle dipendenze dell' NIH/NIDA e poi della Johns Hopkins University. Guardia medica presso la Clinica Basile di catania (dal 2013) Guardia medica presso la casa di Cura Sant'Agata a Catania (del 2020) Medico penitenziario presso CC.SR. Cavadonna dal 2024. Si occupa di Medicina Preventiva personalizzata e intolleranze alimentari. Detentore di un brevetto per la fabbricazione di sfarinati gluten-free a partire da regolare farina di grano. Responsabile della sezione R&D della CoFood s.r.l. per la ricerca e sviluppo di nuovi prodotti alimentari, inclusi quelli a fini medici speciali.

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