sabato, Luglio 27, 2024

Gestire l’artrosi a tavola con la soia: ci sono prove possa avere effetti benefici?

Con l’invecchiamento della popolazione e un ritmo di vita accelerato, l’incidenza di osteoartrosi (OAS) è aumentata non solo in modo significativo nelle persone di età >60 anni, ma anche nella popolazione più giovane. Pertanto, la prevenzione e il trattamento dell’OAS hanno attirato maggiore attenzione in tutto il mondo. A parte il notevole uso di analgesici ed antinfiammatori come FANS, steroidi ed in certi casi anche farmaci oppioidi, c’è un accresciuto interesse verso ritrovati naturali che possano dare sollievo della sintomatologia dolorosa, senza il carico di effetti collaterali tipici dei primi. Anche la ricerca scientifica ha studiato e continua a studiare estratti naturali o principi attivi purificati, per sondare il loro effetto analgesico. Approcci terapeutici alternativi e complementari, come l’uso di un’ampia gamma di manipolazioni erboristiche, nutrizionali e fisiche, stanno diventando popolari. E la soia può essere utile? Non ci sono studi clinici sugli effetti della soia alimentare sulla progressione dell’artrosi nell’uomo.

Sono però stati pubblicati decine e decine di articoli sull’effetto del principio attivo noto come genisteina. Questo polifenolo è il maggiore principio attivo dell’alimento. Appartiene alla classe degli isoflavoni ed è stato originariamente studiato per le sue attività simil-ormonali. Esso sembra possedere, infatti, attività cellulari dipendenti dai recettori per gli ormoni estrogeni. Per questo motivo è stato intensamente studiato per testare la sua efficacia nella sindrome pre-menopausale e nella menopausa conclamata. Inizialmente, però, dalle ricerche sperimentali si credeva che legasse la forma alfa del recettore estrogeno (ER-alpha), che media gli effetti degli estrogeni sulla riproduzione, la salute delle ossa, il comportamento ed altri effetti endocrini. Era la ragione maggiore, in aggiunta, che raccomandava di non assumere estratti a base di soia in caso di presenza di tumori come carcinoma uterino o mammario.

Studi successivi e relativamente più recenti hanno visto, invece, che la genisteina sembra preferire di legarsi alla forma beta del recettore (ER-beta), che non ha gli stessi effetti cellulari della forma alfa soprattutto quello di stimolare universalmente la crescita delle cellule maligne. Nonostante gli aggiornamenti al riguardo, vige ancora la precauzione di a non assumere soia e suoi derivati in caso di tumori dell’apparato riproduttivo. In commercio sono presenti decine di preparazioni a base di estratti di soia che vengono proposti come integratori da utilizzare per gestire i sintomi della menopausa. Precedenti studi hanno riportato che la genisteina non solo ripristina le strutture istologiche della cartilagine, ma corregge anche la sintesi anormale della matrice cartilaginea causata da carenze di estrogeni. Nonostante questi risultati, i meccanismi di azione alla base della genisteina sui condrociti devono ancora essere chiariti.

Gli ultimi studi al riguardo, provano che la genisteina è efficace nel contrastare la morte celle cellule cartilaginee (condrociti) in un modello sperimentale di osteoartrosi, ripromuovendo la sintesi del collagene. Sembra che i suoi effetti, però, siano indipendenti dai classici recettori nucleari degli estrogeni. Come buona parte delle cellule di latri organi e distretti corporei, infatti, le cellule cartilaginee esprimono recettori estrogenici sulla superficie (GPR40), che hanno affinità anche per la genisteina. Questa tipologia di recettori sembra “preparare il terreno” agli effetti postumi mediati dai recettori nucleari. Ma allora, invece di assumere integratori a base di genisteina, è possibile adottare una dieta che includa quantità consistenti di questo alimento per prevenire o trattare l’osteoartrosi? La scienza non può dare risposte precise al riguardo. Esiste un solo studio pubblicato nel 2004 che ha sondato l’efficacia dell’integrazione delle proteine della soia per controllare il dolore e il disagio associati alla condizione.

Non c’è alcuna menzione della genisteina nello studio. Per quella ricerca in doppio cieco, controllata con placebo, è stato reclutato un gruppo di 64 uomini e 71 donne con diagnosi di OAS o con dolore cronico alle articolazioni del ginocchio auto-riferito, non attribuito a lesioni o artrite reumatoide. I partecipanti allo studio sono stati assegnati in modo casuale a consumare 40 g di proteine della soia o di proteine derivate dal latte al giorno per 3 mesi. Il dolore, la mobilità del ginocchio e l’attività fisica complessiva sono stati valutati prima dell’inizio del trattamento e successivamente mensilmente. I livelli sierici dei marker di ricambio della cartilagine sono stati valutati al basale e alla fine dello studio. Nel complesso, le proteine della soia hanno migliorato i sintomi associati all’OAS, come la mobilità e diversi fattori associati al dolore e alla qualità della vita, rispetto alle proteine del latte. Tuttavia, questi effetti benefici erano principalmente dovuti all’azione delle proteine della soia negli uomini, piuttosto che nelle donne.

I markers del metabolismo della cartilagine supportavano ulteriormente l’efficacia delle proteine della soia negli uomini, come indicato da un aumento significativo del livello sierico di IGF-I (fattore di crescita) e da una significativa diminuzione del livello sierico di YKL-40 (marker di distruzione articolare). Questo vuol dire che l’effetto della genisteina potrebbe rendersi più evidente per l’artrosi nelle donne, in virtù delle sue azioni simil-ormonali. Per l’uomo, invece, sarebbe più salutare la componente nutrizionale stessa dell’alimento. Nel 2016 è stata studiata la relazione fra assunzione di latte di soia e la progressione degli osteofiti (OST) e il restringimento dello spazio inter-articolare (SIA) nel ginocchio, su un totale di 5764 persone. La conclusione è stata che c’era una correlazione inversa fra assunzione di latte di soia e gli OST per l’assunzione di almeno una volta al giorno. Ma non si è registrato effetto alcuno sulla riduzione dello SIA.

Nel 2017 è stato brevettato l’Arthrocen, una preparazione di estratti non-saponificabili di soia ed avocado, che è stata testata su indici infiammatori, funzionalità cellulare immunitaria e cartilaginea. Sebbene gli effetti in vitro siano stati positivi e quelli in animali da esperimento sono incoraggianti, si tratta di preparazioni in cui la presenza di genisteina è quasi del tutto assente. Da un lato, questo fa pensare che la genisteina sia solo uno dei componenti attivi della soia, che abbiano un qualche effetto sulla comparsa o la progressione dell’osteoartrosi. La soia è molto ricca di fosfatidilcolina, più comunemente conosciuto come lecitina di soia. È un fosfolipide che proprietà salutari che è stato molto commercializzato per supportare una migliore salute cardiovascolare. Sebbene i fosfolipidi siano tutti benefici per le funzioni cellulari, sarebbe da dimostrare che la lecitina di soia sia antinfiammatoria e anti-degenerativa per le cartilagini.

Proprio qualche settimana fa è stato pubblicato un articolo che ha sondato gli effetti dell’Arthrocen sull’osteoartrite nell’uomo in un trial clinico in doppio cieco. Lo scopo finale era di osservare variazioni dello stato antiossidante plasmatico (biomarkers). Dopo 3 mesi di trattamento, i markers di stress ossidativo (MDA) erano più bassi, rispetto ai livelli basali e in coloro che non assumevano la preparazione. I sistemi antiossidanti plasmatici (GSH, SOD1, CAT) sembravano rafforzati dall’integrazione con Arthrocen. Questo fa pensare che non sia solo la genisteina ad esercitare un effetto biologico della soia nell’artrosi. È probabile che altre sostanze (lecitina, steroli, ecc.) possano contribuire ad un effetto del tipo “estratto erboristico” vero e proprio. In conclusione, nessuno impedisce di usare la soia come alimento a tavola o assumere integratori a base di soia per intenzioni salutistiche, soprattutto in contesti appropriati.

  • A cura del Dr. Gianfrancesco Cormaci, PhD, specialista in Biochimica Clinica.

Pubblicazioni scientifiche

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Dott. Gianfrancesco Cormaci
Dott. Gianfrancesco Cormaci
Laurea in Medicina e Chirurgia nel 1998, specialista in Biochimica Clinica dal 2002, ha conseguito dottorato in Neurobiologia nel 2006. Ex-ricercatore, ha trascorso 5 anni negli USA alle dipendenze dell' NIH/NIDA e poi della Johns Hopkins University. Guardia medica presso la casa di Cura Sant'Agata a Catania. In libera professione, si occupa di Medicina Preventiva personalizzata e intolleranze alimentari. Detentore di un brevetto per la fabbricazione di sfarinati gluten-free a partire da regolare farina di grano. Responsabile della sezione R&D della CoFood s.r.l. per la ricerca e sviluppo di nuovi prodotti alimentari, inclusi quelli a fini medici speciali.

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