martedì, Dicembre 3, 2024

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Trattare l’artrosi del pollice o rizartrosi: l’alternativa delle bioterapie

La rizartrosi o osteoartrite pollice è una condizione comune di dolore e limitazione funzionale della mano. Colpisce il 66% delle donne di età superiore ai 55 anni e si stima che il 22% della popolazione generale di età pari o superiore a 50 anni sia sintomatica. Tipicamente, i pazienti avvertono dolore alla base del pollice; e con la progressione della malattia compaiono atrofia dei muscoli tenari, sublussazione della prima articolazione carpometacarpale e perdita della forza di presa. Eaton et al. hanno descritto 4 stadi di OA dell’articolazione del pollice, sulla base di criteri radiologici con lo stadio terminale che coinvolge le articolazioni carpo-metacarpali e scafo-trapezio-trapezioide. La diagnosi di rizartrosi si basa sull’identificazione, all’esame clinico, di un ingrossamento del tessuto duro dell’articolazione che causa deformità. Tuttavia, i risultati radiografici sono comunemente utilizzati nella classificazione dello stadio della malattia.

Nelle fasi iniziali, i pazienti possono essere trattati con l’immobilizzazione del pollice, insieme a farmaci antinfiammatori ed esercizi di rafforzamento del pollice. L’ortesi può ridurre il dolore, tuttavia non migliora la funzionalità, la destrezza e la forza. La gestione a lungo termine della rizartrosi dovrebbe includere sia misure non farmacologiche, come l’utilizzo di ortesi, sia trattamenti farmacologici, a base di FANS per uso topico. L’utilizzo dei corticosteroidi intrarticolari è ancora oggetto di dibattito, mentre è alla valutazione attuale la possibilità di intervenire con quelle di acido ialuronico (IAL). Livelli ridotti di IAL svolgono un ruolo cruciale nella fisiopatologia di questo processo e i dati della ricerca sembrano indicare che la sua somministrazione intrarticolare ha effetti condro-protettivi e immunosoppressori. Sebbene efficace nel ridurre il dolore e migliorare la capacità funzionale associata all’osteoartrosi del ginocchio e dell’anca, i benefici del suo utilizzo nella rizartrosi rimangono non confermati.

Tuttavia, una metanalisi di sedici trials clinici ccon un totale 587 pazienti ha rendicontato che, nonostante l’eterogeneità dei trials stessi, le iniezioni con IAL portano ad una riduzione del dolore a riposo (diminuzione di 0,65-3,5 punti e 0,8-4,0 punti sul punteggio analogico visivo rispettivamente dopo la 4a e la 24a settimana, rispetto al basale). Per quanto riguarda la disabilità, valutata mediante scale funzionali, tutti gli studi hanno riportato un miglioramento della funzionalità. Per quanto riguarda il dolore, è stata osservata omogeneità dei risultati tra gli articoli inclusi, rivelando una riduzione del dolore a riposo, 4 e 12 settimane dopo l’iniezione. Inoltre, sono stati riscontrati risultati simili tra i pazienti che hanno ricevuto 1, 2 o 3 iniezioni, il che indica che l’efficacia dello IAL non sembra  dipendere dalla dose. Perciò, l’iniezione intra-articolare di IAL potrebbe rappresentare una strategia complementare da considerare nella gestione terapeutica dei pazienti con diagnosi di rizartrosi.

Una frontiera alternativa potenziale per il trattamento del problema è quella della rigenerazione cellulare. Le terapie a base piastrinica sono emerse come un’opzione terapeutica popolare per l’osteoartrosi. Secondo quanto riferito, il plasma ricco di piastrine (PRP) influenza le citochine infiammatorie, gli enzimi e i fattori di trascrizione che svolgono un ruolo cruciale nella riparazione della cartilagine. Studi recenti hanno mostrato effetti positivi del PRP sia in ambito preclinico che clinico. Le applicazioni delle cellule staminali derivate dal tessuto adiposo (ADSC) sono state studiate in diversi tipi di artrosi. Le ADSC sono cellule staminali che si trovano nel tessuto adiposo e hanno il potenziale di differenziarsi in vari tessuti, inclusi condroblasti e condrociti. In letteratura sono stati descritti sia gli effetti condroprotettivi che antinfiammatori delle ADSC. La lavorazione di queste cellule dai lipoaspirati è complessa e necessita di un’ampia revisione etica.

Tuttavia, l’innesto diretto di grasso (FAGR) dopo il prelievo di tessuto senza ulteriore estrazione delle cellule adipose può essere sicuro, facile ed economico. Riguardo all’applicazione di questa tecnologia per la rizatrosi nella letteratura scientifica c’è molto poco. Una recensione del 2023 che ha considerato 14 studi clinici validi ha concluso che il lipofilling ha ridotto significativamente la disabilità nella maggior parte degli studi. L’impatto sul sollievo dal dolore è stato più evidente nei casi gravi (stadio II o III). Il meccanismo d’azione del tessuto adiposo autologo non è stato completamente compreso. Il grasso può fungere da cuscinetto nello spazio articolare, fornendo così sollievo dal dolore. Inoltre, il grasso autologo può avere proprietà rigenerative a causa dell’elevato numero di ADSC presenti nei lipoaspirati. Gli effetti della sola PRP erano contraddittori e comunque i risultati più significativi sono spuntati associando la PRP al FAGR.

Questo effetto sinergico sembra derivare dalla PRP che migliora la sopravvivenza dell’innesto tramite la secrezione di fattori di crescita come il fattore di crescita dell’endotelio vascolare (VEGF) o quello derivato dalle piastrine (PDGF), modulando sia la rigenerazione cellulare che le risposte immunogeniche, indicando i benefici rigenerativi di un trattamento combinato. Questo vuol dire che per il trattamento ottimale della rizartrosi la terapia antinfiammatoria volta a migliorare il dolore può trovare complemento nelle infiltrazioni di acido ialuronico invece che dei corticosteroidi. Nei casi più gravi o resistenti, la combinazione di infiltrazioni di pappa piastrinica e tessuto adiposo autologo può essere di aiuto per avere una migliore qualità della vita.

  • A cura del Dr. Gianfrancesco Cormaci, PhD, specialista in Biochimica Clinica

Pubblicazioni scineitifiche

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Dott. Gianfrancesco Cormaci
Dott. Gianfrancesco Cormaci
Laurea in Medicina e Chirurgia nel 1998; specialista in Biochimica Clinica dal 2002; dottorato in Neurobiologia nel 2006; Ex-ricercatore, ha trascorso 5 anni negli USA (2004-2008) alle dipendenze dell' NIH/NIDA e poi della Johns Hopkins University. Guardia medica presso la casa di Cura Sant'Agata a Catania. Medico penitenziario presso CC.SR. Cavadonna (SR) Si occupa di Medicina Preventiva personalizzata e intolleranze alimentari. Detentore di un brevetto per la fabbricazione di sfarinati gluten-free a partire da regolare farina di grano. Responsabile della sezione R&D della CoFood s.r.l. per la ricerca e sviluppo di nuovi prodotti alimentari, inclusi quelli a fini medici speciali.

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