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Dieta gluten-free: i celiaci si chiedono se va bene anche per chi non lo è

La dieta senza glutine comprende gruppi alimentari che sono naturalmente privi di glutine, come frutta fresca, verdura, pesce, carne, pollame, legumi, noci e la maggior parte dei prodotti caseari. I dati del mercato globale indicano che le vendite di prodotti senza glutine sono previste in aumento di un tasso di crescita annuale composto del 10,4% tra il 2015 e il 2020. Mentre l’applicazione clinica e la popolarità della dieta priva di glutine si intensificano, le richieste dei consumatori continuano a influenzare il cibo standard di mercato e di etichettatura dei prodotti gluten-free. Nel 2013, il regolamento EU 609/2013 ha stabilito norme in materia di requisiti di composizione e di etichettatura per i prodotti senza glutine. Queste linee guida garantiscono che le persone intolleranti al glutine siano adeguatamente informate della differenza tra alimenti che sono naturalmente privi di glutine e alimenti che sono prodotti, preparati e / o lavorati al fine di ridurre il loro contenuto di glutine. Nello stesso anno, la FDA ha stabilito che i prodotti etichettati “senza glutine” non possono superare una soglia di 20 parti per milione, anche se la data ufficiale di conformità è stata fissata per il 2014.

Questa linea guida aiuta i clienti che vogliono evitare il glutine a navigare nell’attuale mercato, proteggendosi dal consumo di prodotti che possono esacerbare i loro sintomi e/o attivare il danno intestinale anche in assenza di sintomi. A parte i reali celiaci, dei quali si ha la certificazione medica specialistica, una grossa fetta di popolazione mondiale sta subendo un fenomeno molto più vasto: quello della sensibilità al glutine e dell’intolleranza allo stesso. Non serve qui ricordare che celiachia e intolleranza al glutine riconoscono basi patogenetiche perfettamente distinguibili. La seconda è stata riconosciuta dagli esperti come derivante dall’eccessivo consumo di prodotti da forno, in una società dove la disbiosi (il sovvertimento della normale flora batterica intestinale) è presente in media in 90 persone su 100. E’ quest’ultima che fa da terreno preparatorio per l’esagerata reazione immunitaria nei confronti del glutine alimentare. Nonostante la raccomandazione di limitare l’assunzione quotidiana di pane e pasta possa rappresentare una valida soluzione al problema, questo non è sempre attuabile.

Sebbene non ortodosso quanto ingiustificato, diverse persone approcciano ad una dieta con sfarinati gluten-free al semplice scopo di non rinunciare alla loro razione quotidiana di pane o pasta. E questo sembra causare delle perplessità fra i veri celiaci. È chiaro che non è intenzione di alcuno con intolleranza al glutine di invadere il mercato, o sottrarre dei privilegi alimentari a coloro che sono affetti da una reale condizione medica. Sembra che tutto dipenda dalle opportunità e dalle richieste del mercato corrente. Un nuovo studio Journal of Human Nutrition and Dietetics ha studiato come la recente proliferazione dell’industria senza glutine abbia colpito le persone affette da celiachia. Nelle interviste con 17 adulti con celiachia residenti in Canada, i partecipanti hanno sperimentato la crescita dell’industria senza glutine come “un’arma a doppio taglio”. Mentre erano grati per le opzioni più senza glutine e più appetibili, si sono sempre più trovati di fronte a malintesi circa la gravità della celiachia, a causa di molti soggetti non celiaci che si iscrivono alla dieta priva di glutine.

Ciò ha reso più facilmente gestibili alcuni tipi di situazioni sociali (ad esempio, c’erano più opzioni gluten-free disponibili nei ristoranti). Tuttavia, altri hanno causato disagio, come la preoccupazione per un aumentato rischio di inavvertitamente consumare glutine. I partecipanti hanno anche ritenuto di poter essere percepiti, o addirittura percepire sé stessi, come un gravoso onere pubblico. Il Dr. James King, dell’Università di Calgary ha commentato: “Mentre la divulgazione della dieta gluten-free ha offerto benefici a molte persone affette da celiachia, ha anche amplificato alcune delle sfide comuni associate al dover seguire la dieta in modo così rigoroso, poiché questa condizione è sempre più diagnosticata. E’ importante che gli operatori sanitari e i responsabili politici capiscono questi oneri più sottili quando sviluppano strategie con i pazienti per migliorare la gestione della malattia celiaca”.

  • a cura del Dr. Gianfrancesco Cormaci, PhD, specialista in Biochimica Clinica; e del Dr. Danilo Ciciulla, Tecnologo alimentare ed Auditor.

Pubblicazioni scientifiche

King JA et al. J. J Hum Nutr Diet. 2018 Oct 2.

Allen B, Orfila C. Nutrients. 2018 Sep 25;10(10).

Czaja-Bulsa G, Bulsa M. Nutrients. 2018; 10(10).

El Khoury D et al. Nutrients. 2018 Oct 2; 10(10).

Rabinowitz LG et al. Dig Dis Sci. 2018; 63(5):1158.

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Dott. Gianfrancesco Cormaci
Dott. Gianfrancesco Cormaci
Laurea in Medicina e Chirurgia nel 1998, specialista in Biochimica Clinica dal 2002, ha conseguito dottorato in Neurobiologia nel 2006. Ex-ricercatore, ha trascorso 5 anni negli USA alle dipendenze dell' NIH/NIDA e poi della Johns Hopkins Univerisity. Guardia medica presso la casa di Cura Sant'Agata a Catania. In libera professione, si occupa di Medicina Preventiva personalizzata e intolleranze alimentari. Detentore di un brevetto per la fabbricazione di sfarinati gluten-free a partire da regolare farina di grano. Responsabile della sezione R&D della CoFood s.r.l. per la ricerca e sviluppo di nuovi prodotti alimentari, inclusi quelli a fini medici speciali.

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