lunedì, Maggio 20, 2024

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Biofotomodulazione combinata: la depressione si curerà trattando il cervello dal microbiota intestinale?

Alcuni disturbi neurologici possono essere migliorati attraverso la fotobiomodulazione, una tecnica non invasiva basata sull’applicazione di luce a bassa intensità per stimolare funzioni alterate in specifiche regioni del corpo. Ora, uno studio pubblicato sul Journal of Affective Disorders rivela come la fotobiomodulazione applicata all’asse cervello-intestino sia efficace nel recuperare alcune alterazioni cognitive e sequele causate dallo stress cronico. Lo studio apre nuove prospettive per l’applicazione della tecnica nelle future terapie per il trattamento delle malattie neurologiche nei pazienti. L’indagine è stata condotta dal professor Albert Giralt, della Facoltà di Medicina e Scienze della Salute e dell’Istituto di Neuroscienze dell’Università di Barcellona. Partecipano anche team del Centro per la Produzione e la Validazione di Terapie Avanzate (CREATIO) dell’Università di Girona, nonché dell’Università di Montpellier e della società REGEnLIFE.

Il professor Albert Giralt, ha espresso pensieri positivi in questo campo: “Questo è uno dei contributi scientifici più innovativi dello studio: costimolare in modo coordinato il cervello e l’intestino allo stesso tempo, cioè l’asse intestino-cervello. Oggi il campo di ricerca sull’asse intestino-cervello suscita grande interesse scientifico e rappresenta un campo molto promettente per la possibile cura delle malattie del sistema nervoso. Il nuovo approccio terapeutico si concentra su questo scenario di intervento e manipolazione dell’asse intestino-cervello, ora riscoperto, per affrontare i disturbi neurologici e psichiatrici. La fotobiomodulazione è una tecnologia non invasiva molto ben tollerata dai pazienti e priva degli effetti collaterali dei trattamenti farmacologici. Inoltre, questo progresso potrebbe essere utile anche nel trattamento di patologie senza copertura medica chiara o incompleta, come il sottotipo di depressione resistente al trattamento“.

Nella pratica clinica, la fotobiomodulazione applica la luce proveniente da laser o altre fonti a bassa intensità per stimolare l’attività di un organo con una fisiologia alterata. Ora, il nuovo studio applica, per la prima volta nel campo della depressione, l’uso della fotobiomodulazione combinata per stimolare specificamente il cervello e l’intestino. I dispositivi, sviluppati dalla società REGEnLIFE, sono stati adattati da precedenti studi relativi ai malati di Alzheimer. Combinano più sorgenti di stimolazione (laser, LED, ecc.) associate ad un anello magnetico per stabilizzare l’emissione di luce in modo pulsato (e non continuo) per evitare il surriscaldamento dei tessuti e sono adattati per l’applicazione clinica nei pazienti. Un altro obiettivo scientifico dello studio è dimostrare che i disturbi psichiatrici non hanno sede solo nel cervello, “ma che anche altri tessuti e organi svolgono un ruolo decisivo nella loro fisiopatologia.

Ma la fotobiomodulazione agisce sull’asse cervico-intestinale? Ad oggi sono stati condotti solo studi descrittivi delle modificazioni indotte dalla fotobiomodulazione. Ora, lo studio approfondisce i meccanismi molecolari e rivela come la fotobiomodulazione sia in grado di invertire gli effetti cognitivi dello stress cronico ripristinando la via SIRT1, correlata alla senescenza e alla morte neuronale, la modulazione della piramidazione negativa e la normalizzazione della diversità nel microbiota intestinale. Da altri studi era noto che la via SIRT1 risulta alterata nei modelli preclinici di stress e depressione. Tuttavia, i meccanismi attraverso i quali la fotobiomodulazione esercita i suoi effetti benefici sono rimasti un mistero. In questa ricerca, gli scienziati hanno scoperto che il percorso SIRT1 è il percorso fisiologico più alterato nell’ippocampo cerebrale sottoposto a stress cronico e la fotobiomodulazione ha la capacità di ripristinarlo.

Alcune delle proteine diversamente espresse fra gruppi di topi irradiati e non, includevano proteine correlate all’apoptosi (Bclaf1, Bcl2l1) e diverse altre coinvolte nel trasporto di sostanze dentro, fuori o all’interno del mitocondrio (Slc25a5, Timm9, Tmem14c, Atp5e, Mpc1 e Agt). Nel sistema digestivo, la fotobiomodulazione attiverebbe cambiamenti nel microbiota intestinale, effetti che sono superiori nel caso della doppia stimolazione cervello-intestino rispetto al trattamento del solo intestino. Nonostante la variabilità interindividuale, la verrucomicrobia era significativamente aumentata in tutti i gruppi di stress, suggerendo un aumento dei phyla proinfiammatori dopo lo stress. In generale, è stato riscontrato che i generi Roseburia, Enterorhabdus, Butyricicoccus e Prevotellaceae NK3B31 hanno una correlazione significativa con significatività statistica. Queste specie producono acidi grassi a catena corta come il butirrato.

In questo contesto, un recente studio condotto su pazienti affetti da depressione geriatrica ha dimostrato che la Roseburia, un batterio produttore di butirrato, potrebbe essere coinvolta nella remissione della depressione maggiore dopo specifico trattamento antidepressivo. È interessante notare che il butirrato può inibire diverse deacetilasi istoniche (HDACs) che regolano l’espressione genica, inclusa SIRT1. Pertanto, i cambiamenti nei livelli di Roseburia potrebbero, in una certa misura, spiegare il ripristino di Sirt1 dopo la fotobiomodulazione sia nella testa che nell’addome. Gli scienziati ipotizzano che i meccanismi cellulari associati potrebbero essere collegati al miglioramento dei processi neuroinfiammatori. Pertanto, i cambiamenti osservati nel microbiota sono fortemente associati ad alcuni cambiamenti nella neuroinfiammazione (ad esempio, microgliosi e astrogliosi in alcune malattie neurologiche o neurodegenerative).

La fotobiomodulazione potrebbe diventare un potenziale trattamento aggiuntivo da somministrare in coordinamento con la terapia farmacologica nei casi di disturbi depressivi maggiori. Nella ricerca futura, il team vorrebbe promuovere la progettazione di studi clinici per testare l’efficacia della fotobiomodulazione combinata nei pazienti affetti da depressione.

  • A cura del Dr. Gianfrancesco Cormaci, PhD, specialista in Biochimica Clinica.

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Sancho-Balsells A et al. J Affect Disord 2024; 354:574.

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Dott. Gianfrancesco Cormaci
Dott. Gianfrancesco Cormaci
Laurea in Medicina e Chirurgia nel 1998, specialista in Biochimica Clinica dal 2002, ha conseguito dottorato in Neurobiologia nel 2006. Ex-ricercatore, ha trascorso 5 anni negli USA alle dipendenze dell' NIH/NIDA e poi della Johns Hopkins University. Guardia medica presso la casa di Cura Sant'Agata a Catania. In libera professione, si occupa di Medicina Preventiva personalizzata e intolleranze alimentari. Detentore di un brevetto per la fabbricazione di sfarinati gluten-free a partire da regolare farina di grano. Responsabile della sezione R&D della CoFood s.r.l. per la ricerca e sviluppo di nuovi prodotti alimentari, inclusi quelli a fini medici speciali.

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