giovedì, Maggio 8, 2025

Clusterina-1: il marker per distinguere le staminali invecchiate da quelle “giovanili”

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Negli ultimi anni, si è assistito a un crescente invecchiamento della popolazione e a una crescente prevalenza di malattie legate all’età, sottolineando la necessità di progredire nella ricerca sui meccanismi biologici dell’invecchiamento. Di particolare interesse scientifico sono le cellule staminali emopoietiche (CSE), che subiscono profonde trasformazioni fenotipiche e funzionali legate all’età. Le CSE, presenti nel midollo osseo, hanno la capacità di differenziarsi in vari tipi di cellule del sangue, inclusi globuli rossi, diversi tipi di globuli bianchi e piastrine. Tuttavia, con l’età, esse tendono a differenziarsi in cellule mieloidi e piastrine piuttosto che in linfociti; ecco spiegato il motivo per cui le difese immunitarie contro i batteri scemano nella vecchiaia, mentre aumentano le possibilità della comparsa di fenomeni autoimmuni.

Questa differenziazione mieloide/piastrinica interrompe la normale produzione di cellule del sangue (ematopoiesi) e può contribuire ad anemia, immunodeficienze e persino tumori del sangue. Molti studi hanno esplorato le modalità con cui le CSE invecchiate possono essere ringiovanite. Questi metodi sono solo parzialmente efficaci, poiché l’esatto meccanismo dell’invecchiamento delle CSE rimane sconosciuto. La mancanza di “sistemi reporter”, geni in grado di marcare visivamente le cellule staminali ematopoietiche invecchiate, rende difficile identificare le HSC invecchiate all’interno della popolazione di CSE ed è una delle ragioni principali per cui il processo di invecchiamento è difficile da studiare.

La scoperta di un gene marcatore/reporter efficace per le CSE invecchiate può superare le barriere iniziali alla comprensione dell’invecchiamento delle CSE. In uno studio rivoluzionario pubblicato sulla rivista Blood, un team di ricerca dell’Istituto di Scienze Mediche dell’Università di Tokyo ha compiuto una svolta significativa nella comprensione dell’invecchiamento delle CSE. Attraverso l’analisi della sequenza di RNA a singola cellula, confrontando topi giovani (8-10 settimane di età) con topi anziani (18-20 mesi di età), i ricercatori hanno identificato la Clusterina, uno chaperone molecolare, come un nuovo biomarker in grado di categorizzare funzionalmente le CSE invecchiate.

La clusterina (CLU1; chiamata anche ApoJ, KUB2 o TRPM2) è una proteina cellulare che interagisce con vari partners. Uno di questi è l’antigene Ku70, un componente del complesso DNAPK; assieme all’antigene Ku86 e la subunità catalitica, la proteina chinasi DNA-dipendente o DnaPKc) questo complesso fa da sensore in caso di lesioni provocate al DNA, come in quelle indotte dalle radiazioni. Il riparo del DNA è essenziale perché una cellula eviti di invecchiare o trasformarsi in maligna; tale interazione molecolare ha dunque senso. Un altro partner cellulare di CLU1 è Bax, il cugino letale della proteina anti-apoptotica Bcl-2 che sopprime la morte cellulare programmata. Anche qui ha senso che CLU1 possa regolare l’invecchiamento cellulare tramite l’apoptosi.

Nello studio, le CSE Clu-positive (Clu+) sono risultate essere una popolazione minore nei feti di topo e si sono espanse con l’età, il che spiega l’associazione del gene con l’invecchiamento delle staminali. Le CSE Clu+ hanno mostrato una maggiore propensione a differenziarsi in piastrine o cellule mieloidi. Nel midollo osseo, le CSE Clu+ hanno preferito l’autorinnovamento rispetto alla differenziazione in altri tipi cellulari. Al contrario, le CSE Clu-negative (Clu–) hanno mantenuto un approccio di produzione cellulare bilanciato tipico degli stadi più giovani. Durante lo sviluppo, la differenziazione delle cellule staminali è cruciale, poiché da essa dipendono varie formazioni di tessuti e organi.

Come previsto, le CSE Clu– costituivano la maggioranza della popolazione di CSE durante lo sviluppo fetale, ma il sottoinsieme diventa progressivamente una minoranza con l’invecchiamento dell’animale. Sebbene entrambi i sottogruppi di CSE mantengano capacità di autorinnovamento a lungo termine, contribuiscono in modo diverso alla produzione di cellule del sangue. La crescente prevalenza di cellule staminali ematopoietiche Clu+ determina cambiamenti legati all’età nella popolazione di cellule staminali, mentre le cellule staminali ematopoietiche Clu- mantengono caratteristiche più giovanili.

Queste proporzioni variabili tra cellule staminali ematopoietiche Clu+ e Clu- definiscono fondamentalmente il processo di invecchiamento delle cellule staminali ematopoietiche. Usare la clusterina come biomarker funzionale può aiutare gli scienziati a definire esattamente le proporzioni di CSE attive ed utilizzabili, da quelle già “esauste” e quindi con scarso potenziale rigenerativo. Ciò ha profonde implicazioni per la terapia con cellule staminali per i trapianti di midollo osseo in ogni aspetto clinico.

  • A cura del Dr. Gianfrancesco Cormaci, PhD, specialista in Biochimica Clinica.

Pubblicazioni scientifiche

Koide S et al. Blood. 2025 Mar 25:blood.2024025776.

Nogalska A et al. Cell Mol Immunol. 2024; 21(12):1459.

Qin X et al. Cell. 2023 Dec 7; 186(25):5554-5568.

Dott. Gianfrancesco Cormaci
Dott. Gianfrancesco Cormaci
Laurea in Medicina e Chirurgia nel 1998; specialista in Biochimica Clinica dal 2002; dottorato in Neurobiologia nel 2006; Ex-ricercatore, ha trascorso 5 anni negli USA (2004-2008) alle dipendenze dell' NIH/NIDA e poi della Johns Hopkins University. Guardia medica presso la Clinica Basile di catania (dal 2013) Guardia medica presso la casa di Cura Sant'Agata a Catania (del 2020) Medico penitenziario presso CC.SR. Cavadonna dal 2024. Si occupa di Medicina Preventiva personalizzata e intolleranze alimentari. Detentore di un brevetto per la fabbricazione di sfarinati gluten-free a partire da regolare farina di grano. Responsabile della sezione R&D della CoFood s.r.l. per la ricerca e sviluppo di nuovi prodotti alimentari, inclusi quelli a fini medici speciali.

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