sabato, Settembre 13, 2025

Terapia biologica nel Crohn: un trattamento aggressivo precoce previene ricadute e chirurgia

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Il morbo di Crohn, un tipo di malattia infiammatoria intestinale (MICI), colpisce milioni di persone in tutto il mondo. La malattia è cronica e altamente imprevedibile, e si manifesta con sintomi come dolore addominale, diarrea – a volte con sangue – e grave affaticamento. L’infiammazione può anche causare restringimenti intestinali e creare canali che collegano l’intestino ad altri organi, noti come fistole. Per molti, la malattia ha un impatto significativo sulla loro vita, rendendo difficili le interazioni sociali, la scuola, il lavoro e le attività ricreative. Ora, recenti risultati provenienti dalla Norvegia danno motivo di ottimismo. Guidato dalla professoressa dell’Università di Oslo, Marte Lie Høivik, l’iniziativa di ricerca IBSEN III ha seguito oltre 400 adulti a cui è stata diagnosticata la malattia di Crohn tra il 2017 e il 2019.

IBSEN III è principalmente uno studio descrittivo, non progettato per stabilire fattori causali. Tuttavia, il suo approccio comparativo fornisce preziose informazioni sui cambiamenti nella progressione della malattia nel tempo. I ricercatori hanno osservato che un anno dopo la diagnosi, la maggior parte dei pazienti ha riportato sintomi minimi o assenti. Tuttavia, in questo studio, all’80% dei pazienti è stata diagnosticata una malattia di Crohn non complicata, ovvero un’infiammazione intestinale senza gravi complicazioni come restringimenti intestinali o fistole. Inoltre, metà dei pazienti presentava un’infiammazione solo nell’intestino tenue. Questi risultati suggeriscono che un numero maggiore di pazienti presenta ora una forma più lieve di malattia di Crohn al momento della diagnosi.

I farmaci biologici hanno rivoluzionato il trattamento della malattia di Crohn negli ultimi decenni. Sono molto diversi da quelli forniti negli anni ’90, ma allo stesso modo agiscono sulle vie immunitarie coinvolte nell’infiammazione, alterando drasticamente gli esiti clinici dei pazienti. Entro un anno dalla diagnosi, quasi il 40% dei pazienti dello studio ha iniziato il trattamento biologico, a sottolineare il suo ruolo cruciale nella gestione della malattia. Per i pazienti con gravi complicazioni, la chirurgia rimane un’opzione terapeutica fondamentale. Lo studio mostra un numero inferiore di pazienti che necessitano di intervento chirurgico rispetto a prima. I ricercatori hanno confrontato i loro risultati con i dati di un anno dello studio iniziale IBSEN degli anni ’90, riscontrando una diminuzione delle necessità chirurgiche, dal 16% ad appena il 5%.

Entro un anno di follow-up, il 91,7% dei pazienti aveva ricevuto un trattamento medico per la propria condizione medica. Un totale di 26 pazienti (6,1%) aveva ricevuto un trattamento topico, 69 (16,3%) avevano ricevuto 5-ASA, 220 (51,9%) avevano ricevuto budesonide, 151 (35,6%) avevano ricevuto steroidi sistemici, 175 (41,3%) avevano ricevuto immunomodulatori e 168 (39,6%) avevano ricevuto terapia biologica. Un dato è stato molto significativo: tutti coloro che erano stati sottoposti al biologico avevano una proteina C-reattiva (PCR, marker di infiammazione) che equivaleva o superava di poco i 5mg% (range di normalità 0-5), mentre con i trattamenti standard come mesalazina o budesonide era sempre superiore a 5 o 10mg%. Ecco perché i ricercatori raccomandano che nei primissimi stadi della malattia il trattamento debba essere molto aggressivo, anche perché permette minio ricorso alla chirurgia nel tempo.

  • A cura del Dr. Gianfrancesco Cormaci, PhD, specialista in Biochimica Clinica.

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Pubblicazioni scientifiche

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Dott. Gianfrancesco Cormaci
Dott. Gianfrancesco Cormaci
Laurea in Medicina e Chirurgia nel 1998; specialista in Biochimica Clinica dal 2002; dottorato in Neurobiologia nel 2006; Ex-ricercatore, ha trascorso 5 anni negli USA (2004-2008) alle dipendenze dell' NIH/NIDA e poi della Johns Hopkins University. Guardia medica presso la Clinica Basile di catania (dal 2013) Guardia medica presso la casa di Cura Sant'Agata a Catania (del 2020) Medico penitenziario presso CC.SR. Cavadonna dal 2024. Si occupa di Medicina Preventiva personalizzata e intolleranze alimentari. Detentore di un brevetto per la fabbricazione di sfarinati gluten-free a partire da regolare farina di grano. Responsabile della sezione R&D della CoFood s.r.l. per la ricerca e sviluppo di nuovi prodotti alimentari, inclusi quelli a fini medici speciali.

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