sabato, Luglio 27, 2024

Diabete: capire di più i grassi permette di trovare strategie nuove

Il diabete è una malattia in cui i livelli di zucchero nel sangue sono alti per un periodo prolungato (iperglicemia). Nel caso del diabete di tipo 2, questo fenomeno che è causato da un’interruzione del metabolismo del glucosio si sviluppa progressivamente e insidiosamente. In Francia, la prevalenza del diabete è stimata in oltre il 5% della popolazione del 2015, con il tipo 2 che rappresenta il 90% dei casi. Queste cifre non comprendono coloro che non sono consapevoli della loro condizione, in particolare tra i sovrappeso o obesi. Il diabete di tipo 2 è una malattia particolarmente insidiosa e in continua crescita. Nel mondo 30 anni fa i malati erano 30 milioni, mentre nel 2010 erano saliti a 285 milioni. Si calcola che in Italia oggi 3 milioni di persone abbiano il diabete di tipo 2, ovvero il 4,9% della popolazione. Si stima che un altro milione di persone (circa l’1,6%) abbia la malattia, ma che non sia stata diagnosticata. Altre 2,6 milioni di persone (4,3%) hanno difficoltà a mantenere la glicemia nella norma, una condizione che nella maggior parte dei casi prelude allo sviluppo del diabete di tipo 2. In pratica oggi il 9,2% della popolazione italiana ha difficoltà a mantenere sotto controllo la glicemia.

Come per altre patologie croniche, il diabete è correlato alla presenza di fattori di rischio comportamentali, come fumo di sigaretta, obesità e sovrappeso, consumo eccessivo di alcol, scarso consumo di frutta e verdura e sedentarietà. Una dieta sbilanciata per lungo tempo è la probabile causa della disbiosi delle flora batterica intestinale che si instaura praticamente in tutti i pazienti affetti da questa patologia. In particolare, l’assunzione costante di alimenti troppo zuccherini, ma soprattutto grassi, sbilancia la composizione batterica del microbiota intestinale, favorendo la crescita preferenziale di ceppi Gram-negativi. La reazione infiammatoria silente alla loro presenza, poi, attiverebbe meccanismi di insulino-resistenza attraverso una cascata di citochine prodotte dalla reazione immunitaria. Si noti che questa reazione infiammatoria può essere potenziata da un forte tabagismo e da un consumo di alcolici particolarmente alto. E’ anche ben documentato che la presenza di trigliceridi ed acidi grassi liberi in eccesso nel sangue e nel pancreas può innescare fenomeni di insulino-resistenza in modo diretto.

La lipasi sensibile agli ormoni (HSL) è un enzima che converte i grassi in acidi grassi e li rilascia nel flusso sanguigno. Nei pazienti obesi, questi acidi grassi innescano la progressiva insulino-resistenza all’origine del diabete di tipo 2. Una precedente ricerca del team di Inserm di Dominique Langin aveva dimostrato che una diminuzione dell’espressione HSL negli adipociti portava a una migliore risposta all’insulina, un segno di buona salute per queste cellule. Sorprendentemente, i ricercatori hanno osservato che l’effetto benefico di una riduzione dell’HSL non era in realtà dovuto al ridotto rilascio di acido grasso. È stato spiegato dall’aumentata sintesi dell’acido oleico, il principale componente acido grasso dell’olio d’oliva. Questa osservazione iniziale ha dato un’idea di una strada interessante per il trattamento di pazienti obesi che sono a maggior rischio di sviluppare il diabete di tipo 2. Per prevedere una strategia terapeutica, è stato quindi necessario chiarire in che modo la riduzione dell’HSL ha esercitato questo effetto benefico sull’azione dell’insulina.

Il gruppo del Prof. Langin ha scoperto l’esistenza di un’interazione fisica tra HSL e un fattore di trascrizione responsabile della sintesi degli acidi grassi, ChREBP. Quando la HSL si lega a ChREBP, blocca la sua attività. Come tale, una diminuzione di HSL porta al rilascio di questo fattore nel nucleo, promuovendo la sua attività, la sintesi dell’acido oleico e la sensibilità all’insulina. Non è una novità che il prodotto finale di una reazione enzimatica inibisca ad un certo punto la catena enzimatica stessa. Ma sono pochi i casi di una proteina che con lo stesso meccanismo interferisca col suo regolatore nucleare a monte. I risultati preliminari indicano anche che un inibitore noto di HSL blocca l’interazione con ChREBP; quindi anche l’attività enzimatica di HSL sarebbe richiesta al verificarsi del meccanismo. In collaborazione con la società biofarmaceutica AstraZeneca, i ricercatori di Tolosa stanno testando attualmente diversi approcci per bloccare l’interazione tra HSL e ChREBP. Alla fine questo progetto potrebbe portare allo sviluppo di nuovi farmaci per trattare il questo crescente problema di salute pubblica.

  • a cura del Dr. Gianfrancesco Cormaci, PhD, specialista in Biochimica Clinica.

Pubblicazioni scientifiche

Voss TS, Vendelbo MH et al., Møller N. Diabetologia. 2018 Dec 1.

Li JX et al. Biochem Biophys Res Commun. 2017; 484(2):336-41.

Lundsgaard AM et al. Molecular Metab. 2016 Nov 16; 6(1):22-29.

Zechner R, Langin D. Cell Metab. 2014 Aug 5; 20(2):199-201.

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Dott. Gianfrancesco Cormaci
Dott. Gianfrancesco Cormaci
Laurea in Medicina e Chirurgia nel 1998, specialista in Biochimica Clinica dal 2002, ha conseguito dottorato in Neurobiologia nel 2006. Ex-ricercatore, ha trascorso 5 anni negli USA alle dipendenze dell' NIH/NIDA e poi della Johns Hopkins University. Guardia medica presso la casa di Cura Sant'Agata a Catania. In libera professione, si occupa di Medicina Preventiva personalizzata e intolleranze alimentari. Detentore di un brevetto per la fabbricazione di sfarinati gluten-free a partire da regolare farina di grano. Responsabile della sezione R&D della CoFood s.r.l. per la ricerca e sviluppo di nuovi prodotti alimentari, inclusi quelli a fini medici speciali.

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