Gli omega (ω-6 e ω-3) sono acidi grassi polinsaturi alimentari essenziali derivati rispettivamente dall’acido linoleico (LA) e dall’acido α-linolenico (ALA). L’aumento dell’assunzione di oli vegetali contenenti acidi grassi omega-6 e una diminuzione di omega-3 nella nostra dieta ha provocato uno squilibrio tra questi due tipi di acidi grassi. In particolare, si ritiene che il rapporto eicosapentaenoico (EPA)/acido arachidonico (AA) sia un marker di disfunzione metabolica, con livelli più bassi collegati all’insorgenza di condizioni come il diabete mellito. La prevalenza globale del diabete mellito di tipo 2 è aumentata del 102,9% negli ultimi 30 anni. La dieta è un fattore significativo nel causare problemi di salute, tra gli altri fattori come l’invecchiamento, il fumo e la mancanza di attività fisica. Si ritiene che la quantità e la qualità del cibo consumato siano i principali fattori che contribuiscono a questi problemi. Ad esempio, consumare troppo zucchero aumenta la probabilità di sviluppare il diabete.
Gli studi suggeriscono che un possibile fattore che contribuisce è l’elevato apporto di oli vegetali contenenti acidi ω-6 e il basso apporto di alimenti ricchi di ω-3. Inoltre, l’AA può portare all’insulino-resistenza (IR) creando uno stato proinfiammatorio che favorisce lo sviluppo di IR attraverso un processo che dipende dal fattore di necrosi tumorale-α (TNF-α) e dall’interleuchina-1β (IL-1β). L’aumento del consumo di carboidrati raffinati contribuisce alla produzione di aminoacidi e allo stress delle cellule pancreatiche. Studi epidemiologici hanno dimostrato che le popolazioni con una dieta ricca di pesce (ricchi di ω-3), sperimentano un notevole miglioramento del metabolismo del glucosio. Inoltre, studi in vitro hanno dimostrato che il trattamento con EPA può migliorare l’assorbimento del glucosio nelle cellule muscolari scheletriche umane. Questo processo sembra essere causato da un aumento del movimento dei trasportatori del glucosio 1/4 (GLUT1/4) verso la membrana plasmatica, nonché da meccanismi che non si basano su GLUT.
Gli acidi grassi omega-3 possono potenzialmente migliorare la resistenza all’insulina migliorando la funzione mitocondriale e la beta-ossidazione, regolando la secrezione di adipocitochine e inibendo il rimodellamento del tessuto adiposo. L’effetto antinfiammatorio è un notevole risultato metabolico positivo degli acidi grassi ω-3. Le citochine TNF-α e IL-1β, che sono collegate alla resistenza all’insulina, sono ridotte dall’EPA e dall’acido docosaesaenoico (DHA) attraverso l’inibizione della via del fattore di trascrizione NF-kB. Molteplici meta-analisi hanno esaminato come l’acido linoleico (LIN) influenza l’insorgenza del diabete. Lo studio ha scoperto che il consumo di elevate quantità di LIN nella dieta e la presenza di alte concentrazioni di LIN nel corpo erano collegati a un ridotto rischio di diabete, indicando che esso può avere un effetto protettivo contro la malattia. Livelli elevati di LIN possono essere dovuti a un elevato consumo alimentare o a una bassa attività desaturasica ∆5 e ∆6 causata da varianti genetiche degli enzimi.
Alcuni autori notano anche che LIN potrebbe avere effetti metabolici negativi in quanto può essere convertito in acido arachidonico (ARA), un precursore delle prostaglandine nella cascata infiammatoria. Ciò suggerisce che potrebbe essere necessaria un’attenta interpretazione degli effetti cardiometabolici positivi dell’acido linoleico. Gli scienziati hanno anche scoperto che i topi trattati con icosapenta-etile (IPE) mostravano un peso ridotto rispetto ai topi con dieta ad alto contenuto di grassi (HFD). I topi trattati con IPE hanno mostrato un miglioramento dei livelli di insulina e glucosio nel sangue a digiuno, una diminuzione della secrezione di insulina e una migliore tolleranza al glucosio. Inoltre, il miglioramento dell’omeostasi del glucosio con il trattamento IPE o EPA+DHA si osserva solo quando somministrato durante una HFD. Gli esperti hanno proposto che gli effetti osservati potrebbero essere attribuiti all’aumentata ossidazione degli acidi grassi, alla diminuzione dei trigliceridi epatici.
Potrebbe contribuire anche l’alterazione del metabolismo degli aminoacidi a catena ramificata, degli sfingolipidi e la riduzione dell’infiammazione. Questi effetti potrebbero essere mediati sia dai recettori di superficie per gli omega-3 (es. il GPR120) oppure fattori cellulari sensibili alla loro presenza (es. i fattori di trascrizione HNF-4 e PPAR-alfa). Uno studio che ha assegnato in modo casuale i pazienti con metabolismo del glucosio alterato e malattia coronarica a ricevere EPA o nessun trattamento, ha mostrato che il gruppo EPA ha sperimentato miglioramenti significativi nel profilo lipidico e nell’omeostasi del glucosio, rispetto alla glicemia postprandiale. I risultati suggeriscono che l’EPA potrebbe offrire una maggiore protezione contro il diabete nei pazienti pre-diabetici. Pertanto, secondo studi preclinici, ω-3 può favorire il metabolismo del glucosio a causa dei suoi effetti insulino-sensibilizzanti e ipoglicemizzanti. I risultati degli studi clinici rimangono inconcludenti a causa della diversa natura degli studi pubblicati finora.
Questi possono essere attribuiti a fattori quali la fonte di ω-3, l’etnia, la dimensione del campione, la durata dello studio e il metodo di cottura del cibo. Comunque sia, il consumo di alimenti ricchi di omega-3 (pesce azzurro, noci, mandorle, soia, broccoli, ceci, spinaci, avocado ed olii vegetali come quelli di sesamo, di lino, di zucca e di girasole) può essere utile nella prevenzione del diabete per via indiretta. Togliendo infatti l’infiammazione cronica silente il pancreas può funzionare regolarmente, con pochi rischi di sviluppare insulino-resistenza. Il fegato, dall’altra parte della moneta, viene regolato nella sua espressione genica per sintesi di enzimi del metabolismo del glucosio e dei grassi. Senza dimenticare che una dieta sana aiuta anche il microbiota intestinale, per il quale il contributo al metabolismo ed all’immunità è ormai provato da tempo.
- A cura del Dr. Gianfrancesco Cormaci, PhD, specialista in Biochimica Clinica.
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Pubblicazioni scientifiche
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