sabato, Luglio 27, 2024

Immagine corporea e Instagram: un intreccio fra Influencers, società, benessere mentale e salute pubblica

L’uso dei social media (come Facebook, Instagram, Twitter) è cresciuto costantemente e continuamente negli ultimi dieci anni. Attualmente, l’83% della popolazione australiana ha account attivi sui social media. Proprio come nel caso dei media tradizionali come le riviste di moda, è stato dimostrato che l’esposizione televisiva alle immagini idealizzate dei social media ha un effetto dannoso sulla soddisfazione corporea delle donne. Instagram è una piattaforma estremamente popolare a livello internazionale, in particolare tra i giovani adulti di età compresa tra 18 e 34 anni, con oltre due miliardi di utenti attivi mensilmente. È importante sottolineare che Instagram differisce da altri siti di social media basati su testo, come Facebook e Twitter, in quanto è specificamente progettato per la pubblicazione e la condivisione di fotografie e video anziché di contenuti scritti.

Donne e ragazze riferiscono di dedicare molto tempo ed energie alla selezione, al filtraggio e alla modifica delle fotografie che pubblicano di sé stesse (“selfie”), sforzandosi di mettere in evidenza il loro “migliore” sé. Di conseguenza, sebbene molte immagini siano apparentemente di coetanee (piuttosto che di modelle come nelle riviste di moda), Instagram finisce per presentare ideali irrealistici per donne e ragazze. A sostegno, un numero crescente di ricerche sperimentali ha ora dimostrato che già l’esposizione acuta (10-15 minuti) a tali immagini idealizzate di Instagram si traduce in una maggiore insoddisfazione corporea rispetto alle immagini di controllo. Una caratteristica importante che differenzia i social media dai media tradizionali è che il contenuto è generato dagli utenti. Questi possono includere privati, celebrità e aziende.

Lo stesso Instagram ha dato origine alla nascita di una nuova forma di celebrità, i cosiddetti “Influencers”. Si tratta di individui di spicco che si sono costruiti una reputazione e hanno una grande presenza sui social media grazie all’elevato numero di follower, che va da migliaia a milioni. Gli influencers si vantano di rappresentare persone comuni che condividono la loro vita quotidiana su Instagram e di conseguenza sono percepiti come più riconoscibili, autentici e affidabili rispetto alle celebrità. Tuttavia, gli influencer della moda in genere sviluppano un marchio personale di alta qualità e ambizioso che offre consigli su bellezza, fitness o stile di vita, che consente loro di guadagnare considerevoli soldi per la loro popolarità attraverso l’approvazione o la promozione del prodotto. Non sorprende che le influencer della moda femminile rappresentino molto spesso gli standard di bellezza occidentali convenzionali.

Questi appaiono come altamente attraenti, con figure magre e toniche, rafforzando così gli ideali di bellezza della società e contribuendo alle aspettative sull’immagine corporea. Due studi sperimentali hanno manipolato i parametri di popolarità (numero di follower/Mi piace) e hanno dimostrato che l’esposizione a immagini di influencer femminili attraenti si traduce in una maggiore insoddisfazione corporea e umore negativo rispetto alle immagini di controllo, indipendentemente dal livello di popolarità o coinvolgimento. Recentemente c’è stata una crescente preoccupazione su un aspetto del cosiddetto commercio su Instagram, vale a dire la natura apertamente sessualizzata di molte delle immagini pubblicate. Più in generale, sembra che un’estetica altamente sessualizzata che prende in prestito immagini pornografiche sia diventata la norma per alcuni Influencers.

Ricerche sperimentali più recenti su Instagram hanno anche scoperto che l’esposizione a immagini sessualizzate provoca una maggiore insoddisfazione corporea nelle donne rispetto alle immagini non sessualizzate. La presenza di tali immagini pubblicate dagli influencers sui social media è particolarmente preoccupante, a causa della loro enorme portata, che fa sì che molte donne e ragazze siano regolarmente esposte a tali immagini sessualizzate. A parte mettere in giro verità grafiche non veritiere e comunque non appartenenti a tutti gli strati sociali femminili, questo modo di fare (“lucrativo facile” per chi pubblica, fra parentesi) può facilmente andare a colpire la popolazione femminile più vulnerabile, ovvero le adolescenti (in prima fila). Fra queste ci sono molte che hanno difficoltà con il loro perso corporeo in eccesso e (questo è molto più pericoloso) in difetto. Parliamo di chi è anoressica o ha una salute mentale precaria per svariate ragioni personali.

Non è difficile trovare fra le adolescenti chi ha una immagine corporea distorta di suo perché,ad esempio, non esteticamente attraente di primo impatto fra i coetanei. Se poi si aggiunge che l’obesità può contribuire a peggiorare tale immagine (che ci siano in gioco altri fattori personali, psicologici o quant’altro), non ci vuole molto a capire che tali ragazze saranno le prime a subire il colpo di ritorno delle loro frustrazioni, specie se lungo il tragitto non riusciranno a cambiare tale immagine con i loro sforzi per assomigliare ai loro “idoli” o ai modelli proposti sul loro social preferito. Se prima diventare anoressiche poteva dipendere quasi interamente dallo relazionarsi con gli adulti, con le delusioni amicali o dei “primi amori”, le situazioni familiari spiacevoli, ecc., adesso, l’arrivo dei socials fra gli adolescenti non può fare altro che aggiungere causalità parallela.

Secondo la teoria socioculturale, i social media sono un potente trasmettitore di ideali di bellezza socioculturali irrealistici che incoraggiano le donne a interiorizzare questi ideali e a confrontarsi con essi. Quando lo fanno, la maggior parte delle donne inevitabilmente non è all’altezza, con conseguente aumento dell’insoddisfazione per il proprio corpo. Pertanto, il processo di confronto sociale basato sull’apparenza è stato generalmente accettato come il meccanismo alla base degli effetti mediatici negativi. Inoltre, è stato sostenuto che il confronto sociale potrebbe essere ancora più rilevante per i social media che per i media tradizionali a causa della facilità e della rapidità di effettuare confronti multipli 24 ore su 24, 7 giorni su 7 e perché i confronti vengono in gran parte effettuati tra pari. A supporto, alcuni test formali di mediazione hanno provato che l’effetto dell’esposizione delle immagini di Instagram sull’immagine corporea è mediato dal confronto sociale.

Queste informazioni hanno una serie di importanti implicazioni pratiche. È stato dimostrato che l’esposizione alle immagini di Instagram, in particolare alle immagini sessualizzate, pubblicate dagli influencer è dannosa per l’umore e l’immagine corporea delle donne. L’implicazione più ovvia è che si consiglia alle donne di limitare la loro esposizione a tali immagini e di smettere di seguire gli account degli Influencer. In effetti, è sempre più evidente che anche una breve “vacanza” (una settimana) da Instagram può avere notevoli benefici (come successo e dimostrato anche per FaceBook). Tuttavia, è improbabile che una simile raccomandazione venga ascoltata; e questo è logico aspettarselo dalle donne adulte. Ma l’appello qui è rivolto alle adolescenti, o meglio alle guide genitoriali che sono i primi maestri di vita ancora prima che si approcci il mondo scolastico.

È loro compito indirizzare la prole a comportamenti sani senza facili concessioni come accade oggi.

  • A cura del Dr. Gianfrancesco Cormaci, PhD, specialista in Biochimica Clinica.

Pubblicazioni scientifiche

Prichard I, Taylor B et al. Body Image 2023; 46:347-355.

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Dott. Gianfrancesco Cormaci
Dott. Gianfrancesco Cormaci
Laurea in Medicina e Chirurgia nel 1998, specialista in Biochimica Clinica dal 2002, ha conseguito dottorato in Neurobiologia nel 2006. Ex-ricercatore, ha trascorso 5 anni negli USA alle dipendenze dell' NIH/NIDA e poi della Johns Hopkins University. Guardia medica presso la casa di Cura Sant'Agata a Catania. In libera professione, si occupa di Medicina Preventiva personalizzata e intolleranze alimentari. Detentore di un brevetto per la fabbricazione di sfarinati gluten-free a partire da regolare farina di grano. Responsabile della sezione R&D della CoFood s.r.l. per la ricerca e sviluppo di nuovi prodotti alimentari, inclusi quelli a fini medici speciali.

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