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Melatonina: cosa sa la scienza sugli effetti che esercita nelle malattie autoimmuni?

Come agisce la melatonina sulle cellule

Nei mammiferi, la melatonina mostra il suo effetto legandosi ai recettori della membrana plasmatica, alle proteine intracellulari come la calmodulina o ai recettori nucleari orfani. Nelle cellule animali, la melatonina esercita i suoi effetti principalmente attraverso i recettori accoppiati alle proteine G (GPCR) legati alla membrana. Nei mammiferi, sono stati identificati tre recettori GPCR designati per la melatonina: MT1, MT2, MT3 e anche un recettore nucleare. La melatonina mostra anche interazione con molecole proteiche intracellulari come chinone-reduttasi 2, calreticulina, calmodulina e tubulina. La melatonina compete direttamente con il calcio per il legame con la calmodulina, che potrebbe anche essere responsabile dell’effetto antiproliferativo osservato nei tumori.

Gli effetti immunomodulatori della melatonina sono dovuti alla sintesi di IL-2 e IL-6 da parte dei globuli bianchi mediante il legame della melatonina alla famiglia dei recettori degli ormoni nucleari orfani correlati ai retinoidi (RZR/ROR-alfa). Le proprietà immunomodulatorie della melatonina sono dovute proprio a questi recettori nucleari. Tuttavia, anche una interazione con recettori si superficie e cambiamenti dell’asse secondi messaggeri/proteina chinasi potrebbe contribuire. Parimenti, l’interferenza con i recettori per gli ormoni estrogeni (ER-alfa) ha la sua importanza, dato che questi ormoni peggiorano i fenomeni autoimmuni, che sono propriamente più spiccati nelle donne.

Numerosi studi hanno collegato l’insorgenza di malattie immunitarie come l’artrite reumatoide, la sclerosi multipla e il lupus eritematoso sistemico (LES), con la produzione esogena ed endogena di melatonina nonostante la scarsità di dati sulla relazione tra melatonina e altre malattie autoimmuni. Gli effetti benefici della melatonina sono già stati convalidati anche nel diabete mellito di tipo 1 e nella la malattia infiammatoria intestinale. A questo proposito, i pazienti psoriasici hanno dimostrato di avere disturbi nella secrezione circadiana della melatonina. Negli individui con ipoacusia autoimmune, la melatonina inibisce la proliferazione dei linfociti indotta dal collagene di tipo II e protegge dalla nefropatia membranosa idiopatica in un modello sperimentale.

Melatonina ed artrite reumatoide

L’artrite reumatoide (ARE) è una malattia infiammatoria progressiva che colpisce gravemente le articolazioni, portando così a una grave disabilità. A livello globale, l’1% della popolazione è affetta da artrite reumatoide e gli effetti della melatonina su questa malattia autoimmune sembrano essere discutibili (McInnes e Schett 2011). Effettivamente, una recensione recentissima dello scorso giugno, ha dichiarato che in base alle nozioni attuali, non c’è evidenza che la melatonina abbia un effetto farmacologico su questa malattia. Diversi studi che utilizzano modelli sperimentali di artrite suggeriscono che la melatonina (endogena ed esogena) ha un effetto negativo. Di conseguenza, gli animali tenuti costantemente al buio sviluppano una grave forma di artrite indotta dal collagene con titoli più elevati di anticorpi anti-collagene nel siero rispetto agli animali che vivono in costante luce.

La pinealectomia è stata utilizzata per contrastare l’effetto dell’oscurità costante. Inoltre, un tipo grave di artrite è stato sviluppato in topi posti sotto luce costante e immunizzati con collagene di tipo II, mentre la somministrazione di melatonina all’esordio della malattia (giorni 30-39) non ha avuto alcun effetto sui segni clinici della malattia. L’aumento dell’incidenza e della gravità dell’artrite reumatoide è stato collegato a latitudini più elevate, suggerendo che l’aumento della produzione di melatonina durante le lunghe notti invernali potrebbe essere collegato all’artrite reumatoide. Lo sviluppo dell’artrite reumatoide è inversamente correlato all’esposizione ai raggi UV-B poiché questi raggi tendono a diminuire la sintesi della melatonina dalla ghiandola pineale. Negli individui con artrite reumatoide, i livelli di melatonina notturna erano più alti nei pazienti europei rispetto alle persone provenienti dall’Italia.

Al mattino presto, i sintomi dell’artrite reumatoide peggiorano. Diversi studi hanno riportato che gli individui affetti da ARE avevano livelli più elevati di melatonina sierica al mattino presto rispetto agli individui sani. Negli individui affetti da ARE, i livelli di melatonina nel plasma erano significativamente ridotti, mentre i livelli di melatonina erano più alti nel liquido sinoviale. Nei macrofagi sinoviali coltivati con ARE, i siti per il legame della molecola di melatonina avevano un’affinità maggiore e l’assunzione di melatonina aumentava i livelli di NO e IL-12. Uno studio randomizzato in doppio cieco controllato con placebo su 64 pazienti, assegnati in 2 gruppi ad assumere 6 mg/die di melatonina o placebo per 12 settimane, ha fatto registrare alcuni miglioramenti nei biomarkers di stress ossidativo (MDA), ma non ha cambiatao la qualità di vita (sistema DAS-28).

Melatonina e sclerosi multipla

La sclerosi multipla (SM) è una malattia neurodegenerativa causata da una risposta immunologica alla mielina. Nei giovani adulti, è il disturbo neurologico più diffuso con un’incidenza globale di quasi 2 milioni di casi e un’incidenza maggiore a livello mondiale nelle donne di mezza età. Anche se l’eziologia della SM è ancora sconosciuta, uno degli elementi ambientali che sembra essere coinvolto è la latitudine, poiché l’incidenza della malattia aumenta nei paesi settentrionali. Poiché l’incidenza diminuisce nelle zone collinari rispetto alle vicine aree più basse, ciò è stato collegato a una riduzione dell’esposizione al sole. Ultimamente, il lavoro a turni in età giovanile è stato collegato a un rischio elevato di SM, con un’associazione positiva tra rischio di sviluppare la condizione e durata del lavoro a turni.

La melatonina e i ritmi circadiani MT6 sono entrambi interrotti nei pazienti con SM. La melatonina aveva un ritmo circadiano invertito in un’ampia percentuale di pazienti con SM peggiorata. Uno studio pionieristico del 1992 ha studiato il ruolo della melatonina in un paziente con SM cronica progressiva. Poiché è stato segnalato che il campo magnetico artificiale inibisce la secrezione di melatonina da parte della ghiandola pineale, lo ha utilizzato per il trattamento di un paziente con SM di 50 anni e ha osservato un notevole e duraturo miglioramento della gravità della malattia. Ha poi trattato il paziente con 3 mg di melatonina dopo aver applicato il campo magnetico e ha osservato, sorprendentemente, un estremo aumento della gravità della malattia entro 1 ora dalla somministrazione di melatonina.

Janković e colleghi hanno dimostrato, per la prima volta, che la pinealectomia nei ratti neonati ha causato uno sviluppo estremo nell’encefalomielite autoimmune sperimentale (EAE), mentre nei ratti adulti pinealectomizzati di 6 settimane di età questo non succedeva. Questo effetto negativo della melatonina nell’EAE è stato segnalato in precedenza anche da Constantinescu e colleghi che hanno dimostrato che l’inibizione funzionale dei recettori della melatonina da parte del luzindolo, un antagonista, previene lo sviluppo dell’EAE nei topi. Comunque sia, sembra che in certi contesti la melatonina possa non migliorare i sintomi della malattia, ma addirittura peggiorarli, si pensa attraverso una interferenza sul processo di rimielinizzazione. Sembra, inoltre, che questi riscontri dipendano anche dalla vitamina D e dallo stato di carenza eventuale del paziente.

Melatonina e lupus sistemico

Il lupus eritematoso sistemico (LES) è una condizione autoimmune complessa: nel sangue e nei tessuti, la formazione di complessi immunitari causa un danno tissutale sostanziale, che è una caratteristica importante del LES. Nel caso della melatonina e del lupus, è stato osservato un disaccoppiamento del ritmo circadiano nei topi inclini al lupus. Nei modelli murini di LES, la terapia con melatonina ha effetti incoerenti, a seconda di vari criteri come i tempi di somministrazione e il sesso degli animali. Nei reni di topi femmine, l’integrazione di melatonina riduce efficacemente le lesioni vascolari e l’infiltrazione infiammatoria, diminuendo i titoli degli auto-anticorpi anti-collagene II e anti-dsDNA, diminuendo la produzione di citochine infiammatorie e aumentando quella di citochine antiinfiammatorie, sia negli animali inclini al lupus che in quelli nel lupus indotto da pristano. La melatonina ha avuto un impatto minimo o ha aggravato la condizione nei topi maschi inclini al lupus. La somministrazione mattutina di melatonina ha migliorato la sopravvivenza nei topi predisposti al lupus, ma il beneficio non è stato replicato con il trattamento serale.

Melatonina e sindrome di Sjogren

La sindrome di Sjögren primaria (SIS) è una malattia autoimmune che colpisce principalmente le ghiandole esocrine ed è caratterizzata principalmente da sintomi sicca degli occhi e della bocca. Circa il 30-50% dei pazienti con SIS sviluppa disturbi sistemici multiorgano incluso il linfoma maligno. Non esiste un metodo terapeutico ideale per la malattia; la gestione della SIS è principalmente palliativa, che mira ad alleviare i sintomi della sicca. Come detto sopra, la melatonina mostra azioni di immunoregolazione. Ricerche precedenti hanno rivelato in primo luogo che la melatonina potrebbe inibire le risposte patogene dei linfociti Th17 periferici e doppi negativi nella SIS.

Ancora più importante, la somministrazione di melatonina ha alleviato il suo sviluppo in modelli animali con riduzione dei linfociti infiltranti, miglioramento dell’attività funzionale delle ghiandole salivari e diminuzione della produzione di fattori infiammatori e di autoanticorpi. Grazie alle importanti proprietà biologiche riportate nella melatonina, sono caratteristiche strettamente correlate al trattamento della SIS; il potenziale ruolo e i meccanismi sottostanti della melatonina e la sua somministrazione nella SIS meritano sicuramente ulteriori indagini. Meccanismi cellulari sottostanti implicherebbero alcune protein-chinasi (ERK2) e fattori di trascrizione (cEBP-alfa).

  • A cura del Dr. Gianfrancesco Cormaci, PhD, specialista in Biochimica Clinica.

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Dott. Gianfrancesco Cormaci
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Laurea in Medicina e Chirurgia nel 1998, specialista in Biochimica Clinica dal 2002, ha conseguito dottorato in Neurobiologia nel 2006. Ex-ricercatore, ha trascorso 5 anni negli USA alle dipendenze dell' NIH/NIDA e poi della Johns Hopkins University. Guardia medica presso la casa di Cura Sant'Agata a Catania. In libera professione, si occupa di Medicina Preventiva personalizzata e intolleranze alimentari. Detentore di un brevetto per la fabbricazione di sfarinati gluten-free a partire da regolare farina di grano. Responsabile della sezione R&D della CoFood s.r.l. per la ricerca e sviluppo di nuovi prodotti alimentari, inclusi quelli a fini medici speciali.

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