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Autofagia cellulare: una via interna da sfruttare per risolvere invecchiamento e malattie neurologiche?

I ricercatori dell’Università di Osaka al Dipartimento di Biologia cellulare sono esperti nelo studio dei processi di invecchiamento cellulare. I lisosomi spesso vengono danneggiati e la disfunzione lisosomiale è stata collegata all’invecchiamento accelerato e ad una durata di vita ridotta. In una studio, i ricercatori hanno cercato di comprendere i meccanismi ella loro riparazione. Per identificare un nuovo regolatore della risposta al danno lisosomiale, si sono concentrati su una via di segnalazione chiamata via Hippo che controlla la crescita cellulare. Hanno abbattuto i singoli componenti del percorso Hippo nelle cellule umane e poi hanno osservato se le cellule potevano rispondere al danno lisosomiale indotto. Questo screening ha rivelato che la proteina chinasi STK38 è essenziale per la risposta al danno lisosomiale. Hanno poi scoperto che STK38 funziona con un complesso proteico chiamato “complesso di smistamento endosomiale richiesto per i macchinari di trasporto (ESCRT)”, che era già noto per essere collegato alla riparazione lisosomiale.

STK38 recluta la proteina “vacuolar protein sorting 4” (VPS4) nei lisosomi danneggiati ed è fondamentale per smontare il macchinario ESCRT alla fine del processo di riparazione. Hanno inoltre scoperto che la riparazione della membrana lisosomiale da parte del macchinario ESCRT è mediata dalla microautofagia. Gli scienziati hanno anche identificato che per questo processo è necessaria la lipidazione non canonica di una sottofamiglia di molecole di proteina correlata all’autofagia 8 (ATG8), le proteine chiave dell’autofagia, note come proteine associate al recettore GABA (GABARAP). La lipidazione, il processo di modifica degli ATG8 con estensioni lipidiche, è il principale processo coinvolto nell’autofagia. Nella lipidazione non canonica gli ATG8 vengono lipidati in endolisosomi a membrana singola, invece del fagoforo a doppia membrana visto nella lipidazione canonica. I ricercatori hanno dimostrato che i GABARAP sono essenziali per la prima fase del processo di riparazione lisosomiale.

In un’altra serie di esperimenti in laboratorio, il team ha dimostrato che l’esaurimento dei regolatori della microautofagia aumenta il tasso di cellule senescenti e riduce la durata della vita nel verme di laboratorio C. elegans. Sia STK38 che GABARAP hanno anche ruoli evolutivamente conservati, indicando l’importanza di questo percorso nel mantenimento dell’integrità lisosomiale, della sana funzione cellulare e nella prevenzione della senescenza cellulare e dell’organismo. L’autofagia è un processo utilizzato dalle cellule come sistema di riciclaggio per trasportare e scomporre gli organelli e altri componenti citosolici, che vengono avvolti dal cosiddetto autofagosoma. Quando ciò comporta la rimozione dei mitocondri danneggiati, si parla di mitofagia. In una ricerca pubblicata lo scorso gennaio, i ricercatori dell’Università di Osaka hanno identificato un’altra proteina, HKDC1, che svolge un ruolo chiave nel mantenimento di questi due organelli, agendo così per prevenire l’invecchiamento cellulare.

C’erano prove che una proteina chiamata TFEB fosse coinvolta nel mantenimento della funzione di entrambi gli organelli, ma non se ne conoscevano i bersagli. Confrontando tutti i geni della cellula che sono attivi in condizioni particolari e utilizzando un metodo chiamato immunoprecipitazione della cromatina, che può identificare i bersagli del DNA delle proteine, il team è stato il primo a dimostrare che il gene che codifica per HKDC1 è un bersaglio diretto di TFEB e che HKDC1 viene sovraregolato in condizioni di stress mitocondriale o lisosomiale. Esistono vari percorsi mitofagici e il più ben caratterizzato di questi dipende da proteine chiamate PINK1 e Parkin, due proteine attivamente coinvolte nelle anomalie delle cellule cerebrali colpite dalla malattia di Parkinson. Gli scienziati hanno osservato che HKDC1 co-localizza con una proteina chiamata TOM20 (un componente del complesso TOM, necessario per il trasporto di proteine nei mitocondri), che si trova nella loro membrana esterna.

Attraverso i loro esperimenti, il team ha scoperto che questa interazione è fondamentale per la mitofagia PINK1/Parkin-dipendente. Quindi, in parole povere, HKDC1 viene introdotto da TFEB per aiutare a eliminare la spazzatura mitocondriale. Ma che dire dei lisosomi? Ebbene, anche qui TFEB e KHDC1 sono attori chiave. È stato dimostrato che la riduzione di HKDC1 nella cellula interferisce con la riparazione lisosomiale, indicando che HKDC1 e TFEB aiutano i lisosomi a riprendersi dai danni. HKDC1 è localizzato nei mitocondri, giusto? Bene, questo risulta essere fondamentale anche per il processo di riparazione lisosomiale. Lisosomi e mitocondri entrano in contatto tra loro tramite proteine chiamate VDAC. Nello specifico, HKDC1 è responsabile dell’interazione con i VDAC; questa proteina è essenziale per il contatto mitocondri-lisosomi e, quindi, per la riparazione lisosomiale.

Queste due diverse funzioni di HKDC1, con ruoli chiave sia nel lisosoma che nei mitocondri, aiutano a prevenire la senescenza cellulare mantenendo simultaneamente la stabilità di questi due organelli. Poiché la disfunzione di questi organelli è collegata all’invecchiamento e alle malattie legate all’età, questa scoperta apre nuove strade per approcci terapeutici a queste malattie. Nell’ultima indagine molecolare del team dell’Università di Osaka, sono stati chiariti i dettagli molecolari di come un’altra proteina chinasi chiamata TANK-binding chinasi 1 (TBK1) partecipi a un meccanismo mitofagico rilevante per la malattia. Sebbene l’autofagia sia stata caratterizzata come un processo più generale inteso a degradare e eliminare vari componenti cellulari, dati recenti hanno suggerito che alcuni percorsi sono specificamente coinvolti nell’autofagia di particolari tipi di organelli danneggiati o non più necessari.

I difetti legati alla mitofagia sono stati direttamente implicati nella neurodegenerazione osservata nei pazienti con malattia di Parkinson. Normalmente, PINK1 e Parkin lavorano insieme per contrassegnare i mitocondri danneggiati da rimuovere aggiungendo una catena di molecole chiamata ubiquitina. Questo marchio consente alle proteine chiamate adattatori dell’autofagia di associarsi ai mitocondri e di introdurre il meccanismo dell’autofagia per lo sviluppo dell’autofagosoma. Sebbene sia noto che TBK1 partecipa alla mitofagia mediata da PINK1/Parkin, il meccanismo dettagliato con cui si attiva rimane poco chiaro. Utilizzando varie tecniche di biologia molecolare, il team ha scoperto che l’eliminazione del gene che codifica per TBK1 previene l’associazione di un adattatore autofagico chiamato optineurin (OPTN) durante la mitofagia mediata da Parkin. Inoltre, l’eliminazione del gene OPTN ha impedito l’autofosforilazione di TBK1, necessaria per il suo funzionamento.

Ulteriori esperimenti hanno suggerito che le interazioni tra OPTN e ubiquitina, così come tra OPTN e l’autofagosoma in via di sviluppo, erano tutte necessarie affinché OPTN e TBK1 si unissero nel sito di contatto tra i mitocondri danneggiati e la membrana pre-autofagosoma. Senza questo sito di contatto, l’autofosforilazione di TBK1 non potrebbe verificarsi. I ricercatori hanno anche generato molecole chiamate monocorpi che potrebbero legare specificamente OPTN e inibirne le interazioni fisiche. I monocorpi hanno impedito l’accumulo di OPTN nei siti di contatto della mitofagia. Ciò successivamente ha bloccato l’attivazione di TBK1 e quindi la degradazione mitocondriale. Questi esperimenti hanno ulteriormente sottolineato l’importanza dell’interazione OPTN-TBK1 per supportare una corretta eliminazione dei mitocondri invecchiati o danneggiati. Anche perché OPTN sembra avere più di una funzione cellulare nei sistemi si segnalazione (trasduzione del segnale) a secondo dei partners con cui interagisce.

Sono stati identificati diversi partner che interagiscono con l’optineurina, come la molecola GTPasi Rab8 (per la secrezione vescicolare), il fattore di trascrizione III, il recettore metabotropico del glutammato (mGluR1a), l’huntingtina (mutata nella malattia genetica di Huntington), la miosina VI, la proteina anulare 11 (RING11) e la proteina 1 interagente con il recettore della serina/treonina chinasi (RIP1). A parte alcune condizioni neurologiche, qualche mutazione di OPTN è stata riscontrata pure in certi casi di glaucoma oculare e persino di sclerosi laterali amiotrofica (SLA). Nello specifico, una delezione omozigote dell’esone 5, una mutazione non senso omozigote Q398X e una mutazione missenso eterozigote E478G. Inoltre, anche le strutture patologiche delle inclusioni grovigliari (neurofibrillary tangles) e delle inclusioni ialine rotonde immunoreattive per l’ubiquitina e la proteina TDP-43, sono risultate positive all’optineurina.

Poiché PINK1 e Parkin contribuiscono in modo fondamentale alle basi molecolari della malattia di Parkinson, comprendere i dettagli meccanicistici relativi al processo mitofagico mediato da queste molecole è molto importante. Lo stesso dicasi per le proteine partners identificate, come OPTN, TBK1, TDP-43 e altre, che intervengono in altre gravi malattie neurodegenerative. Per esempio, di TBK1 esistono degli inibitori selettivi come GSK8612 ed Amlexanox, che sono usati per studiare questa proteina chinasi coinvolta nel segnale del TNF-alfa, una delle maggiori citochine immunitarie ed infiammatorie. LA completa delucidazione di queste reti molecolari potrebbe portare allo sviluppo di nuovi farmaci per il trattamento della malattia di Parkinson e di malattie correlate come le forme familiari del parkinsonismo, di parkinsonismo autosomico recessivo e malattie genetiche neurologiche per le quali non ci sono interventi farmacologici dedicati o efficaci, come la SLA, l’atrofia multisistemica (MSA), la demenza a corpi di Lewy (LBD) e la malattia di Pick.

  • A cura del Dr. Gianfrancesco Cormaci, PhD, specialista in Biochimica Clinica.

Pubblicazioni scientifiche

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Dott. Gianfrancesco Cormaci
Dott. Gianfrancesco Cormaci
Laurea in Medicina e Chirurgia nel 1998, specialista in Biochimica Clinica dal 2002, ha conseguito dottorato in Neurobiologia nel 2006. Ex-ricercatore, ha trascorso 5 anni negli USA alle dipendenze dell' NIH/NIDA e poi della Johns Hopkins University. Guardia medica presso la casa di Cura Sant'Agata a Catania. In libera professione, si occupa di Medicina Preventiva personalizzata e intolleranze alimentari. Detentore di un brevetto per la fabbricazione di sfarinati gluten-free a partire da regolare farina di grano. Responsabile della sezione R&D della CoFood s.r.l. per la ricerca e sviluppo di nuovi prodotti alimentari, inclusi quelli a fini medici speciali.

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