Il diabete mellito è un disturbo metabolico cronico e una delle principali malattie croniche a livello mondiale. È ampiamente noto per il suo impatto sui livelli di glicemia e sulle patologie a carico del sistema cardiovascolare, dei reni, degli occhi e dei nervi. Una delle sue complicanze più comuni e invalidanti è la neuropatia periferica diabetica (DIPEN), caratterizzata da perdita di fibre nervose, alterazione della sensibilità e dolore, soprattutto a livello degli arti. Sebbene questi effetti siano ampiamente noti, una conseguenza meno nota è il suo impatto sulla salute delle ossa, caratterizzato da una riduzione della densità minerale ossea con un aumento del rischio di fratture. Recenti ricerche suggeriscono che la neuropatia periferica diabetica potrebbe essere collegata a un aumento del rischio di fratture.
Tuttavia, l’esatta connessione biologica tra il danno nervoso diabetico e la salute scheletrica rimane poco esplorata. Colmando questa lacuna, un team di ricercatori guidato dal Dr. Aaron James della Johns Hopkins University di Baltimora, USA, ha rivelato una connessione diretta tra DIPEN e degenerazione ossea, collegandola a una riduzione della segnalazione cellulare. Utilizzando un modello murino di diabete di tipo 2, i ricercatori hanno scoperto che la perdita di nervi sensoriali nei tessuti circostanti le ossa interrompe le principali vie di segnalazione cellulare nel tessuto osseo, con conseguente riduzione della resistenza e della capacità rigenerativa. Lo studio, pubblicato online sulla rivista Bone Research, offre nuove informazioni sul legame tra neuropatia e deterioramento scheletrico.
Per osservare questo collegamento, il team ha simulato il diabete di tipo 2 in giovani topi maschi sottoposti a una dieta ricca di grassi (HIFAD) e ha osservato i classici segni di disfunzione metabolica come aumento di peso, resistenza all’insulina e iperglicemia. Oltre a questi, i topi hanno anche sviluppato un livello misurabile di neuropatia, indicato da una diminuzione delle fibre nervose nello strato cutaneo esterno e da una ridotta risposta agli stimoli dolorosi. Inoltre, i ricercatori hanno osservato una notevole perdita di fibre nervose nelle ossa stesse. In particolare, le ossa più lunghe dei topi alimentati con HIFAD hanno mostrato una riduzione fino al 76% della densità nervosa. Questa riduzione ha coinciso anche con un indebolimento della struttura ossea, con riduzione del volume osseo, dello spessore corticale (osso esterno) e della densità trabecolare (osso spugnoso interno).
Medici e diabetologi sanno ormai da tempo che i pazienti con diabete presentano un rischio maggiore di fratture, ma questo studio dimostra che parte di questo rischio potrebbe derivare direttamente da un’interruzione della comunicazione nervo-osso. Per scoprire il meccanismo biologico sottostante, il team ha eseguito il sequenziamento dell’RNA a singola cellula e ha analizzato sia i neuroni sensoriali che le cellule periostali, un sottile strato di cellule che circonda le ossa e che è coinvolto nella riparazione delle fratture. Hanno osservato che un gruppo di fattori di crescita secreti dai neuroni sani come VEGFA (Fattore di Crescita Endoteliale Vascolare A), BDNF (Fattore Neurotrofico Derivato dal Cervello) e CGRP (Peptide Correlato al Gene della Calcitonina), interagiscono con le cellule periostali per promuovere la formazione e la riparazione ossea.
Tuttavia, in condizioni diabetiche, questa segnalazione nervo-osso risultava compromessa e, invece di formare nuovo osso, le cellule periostali iniziavano a spostarsi verso la differenziazione delle cellule adipose. Inoltre, diverse vie di comunicazione cellulare cruciali coinvolte nella regolazione della formazione ossea e dell’omeostasi ossea risultavano soppresse. Questi percorsi includono WNT (Wingless-related), TGFβ (Transforming Growth Factor-β), e vie di segnalazione MAPK (Mitogen-Activated Protein Kinase) ed mTOR che sono coinvolte in modo critico nella modulazione dell’attività degli osteoblasti (cellule che formano le ossa), degli osteoclasti (cellule che riassorbono le ossa) e degli osteociti (cellule ossee mature).
Tuttavia, quando queste cellule periostali ottenute da topi diabetici sono state trattate con terreni di coltura condizionati derivati da cellule nervose sensoriali sane, hanno riacquisito la loro capacità di crescere in cellule deputate alla formazione ossea. Ciò includeva anche la riattivazione della via di segnalazione MAPK. Nel complesso, lo studio non solo è significativo per la comprensione della biologia ossea e delle interazioni nervose, ma apre anche nuove strade di ricerca che vanno oltre il diabete, esplorando ulteriormente le connessioni tra i segnali nervosi e l’osteoporosi o le fratture che non guariscono. In futuro, i ricercatori mirano a valutare gli effetti della neuropatia in condizioni specifiche, tra cui età, sesso e gravità del diabete.
- A cura del Dr. Gianfrancesco Cormaci, PhD, specialista in Biochimica Clinica.
Pubblicazioni scientifiche
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