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Cannella e terapia del diabete: cosa dice la scienza al riguardo

E’ stato per la prima volta 10 anni fa che si è cominciato a parlare dell’utilizzo razionale della cannella nel trattamento dell’iperglicemia nel diabete (O’Keefe et al. 2008), ma la scienza erboristica ha saputo da secoli che questa spezia è un potente controllore della glicemia. La Medicina Tradizionale Ayurvedica l’ha sempre impiegata nella cura del diabete, in varie forme di diarrea, per l’artrite e le mestruazioni irregolari. Appena un anno dopo (2009) fu pubblicato il primo trial clinico randomizzato controllato per testare gli effetti dell’estratto di cannella sull’emoglobina glicata (HbA1c) in pazienti con diabete farmaco-dipendente (Crawford P. 2009). L’Autore dello studio ha selezionato 109 pazienti cui ha somministrato capsule da 1gr di polvere di cannella per 3 mesi. Effettivamente, la cannella aveva causato una significativa riduzione della Hb1Ac (0.83%; 95% CI, 0.46-1.20) rispetto ai classici farmaci per il trattamento della malattia (0.37%; 95% CI, 0.15-0.59).

Non sono seguiti ufficiali trials clinici controllati, ma solo degli studi pilota su pazienti e recensioni riguardanti la medicina popolare di svariate regioni del mondo, che impiega la cannella per il trattamento del diabete. Il diabete mellito è una malattia, in cui è stata utilizzata con successo variabile la medicina alternativa complementare (MAC). Circa 3 milioni di persone negli Stati Uniti si affidano a terapie complementari e alternative per il trattamento del diabete mellito. Diversi studi sono stati coerenti nel dimostrare che l’aderenza del paziente diabetico agli attuali protocolli di trattamento convenzionali è scarsa. I pazienti diabetici hanno una probabilità 1,6 volte maggiore rispetto ai non diabetici di utilizzare una MAC per una serie di motivi. Fra questi si enoverano regimi di trattamento complessi, convinzioni personali del paziente, gli effetti collaterali dei farmaci il più comune dei quali è l’ipoglicemia. Cosa ancora più sconcertante, la tendenza mondiale per l’uso di una medicina alternativa complementare nel diabete è aumentata con una prevalenza complessiva di quasi il 60%. Stime recenti mostrano che oltre l’80% delle persone che vivono nei paesi in via di sviluppo dipende dalla MAC per il trattamento delle condizioni di salute.

Nei soli Stati Uniti l’aumento nell’uso di rimedi erboristici ha raggiunto il 400%, con un costo che ha raggiunto i 40 miliardi di dollari nel 2014 e in Inghilterra con una spesa di 500 milioni di sterline nello stesso anno. Questi dati statistici non possono lasciare indifferenti. C’è un intero mercato dietro alla MAC; ma forse si percepisce che c’è qualcos’altro dietro questo comportamento. Si possono additare svariate ragioni: speranze in qualcosa di migliore della terapia ufficiale, costi economici che non si possono sostenere, fiducia malriposta nella classe medica per ragioni personali o da cattiva propaganda per conto terzi. Non si può entrare nel merito delle ragioni in sé; ma sempre più individui si affidano alle cure alternative per trattare il diabete. E non si tratta nemmeno di cifre leggere riguardo ai pazienti: nel 2016 i pazienti affetti dalla malattia in tutto il mondo sono stati stimati intorno ai 350 milioni, tanto che l’OMS ha dichiarato i diabete una pandemia degna della massima emergenza nella Sanità Pubblica.

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Tornando alla cannella, questa umile ma gradevolissima spezia usata nel campo dolciario possiede alcuni principi attivi che sono responsabili dei suoi effetti farmacologici sulla glicemia. Il principale è l’aldeide cinnamica, seguita da eugenolo, cinnamil-acetato, alcole cinnamico, copàno e canfora. Quale sia il reale componente ipoglicemizzante è stato sempre controverso. Data la sua reattività, gli studi hanno sempre considerato l’aldeide cinnamica come il responsabile dell’ipoglicemia indotta dall’ingestione della polvere, ma si è propensi a considerare che il complesso di sostanze possa avere lo stesso effetto. Un’altra componente su cui è stato focalizzato l’interesse è la frazione polifenolica della spezia. Questa è idrosolubile ed è composta da sostanze simili alla procianidina A, flavonoidi concatenati simili a quelli del cacao, del gingko e del melograno. Queste sostanze hanno esplicato una potente azione sull’insulina, indicando che potrebbero costituire una porzione fondamentale dell’estratto attivo.

Invero la cinnamannina B1, una proantocianidina isolata dalla corteccia dello stelo della cannella di Ceylon, attiva la fosforilazione della subunità β del recettore insulinico sugli adipociti e in altri tipi cellulari. Al contrario, l’aldeide cinnamica ha permesso una maggiore sintesi di trasportatore del glucosio (GLUT4) nelle cellule trattate con l’estratto, indicando che per essa serve un tempo maggiore (12h) che non rende conto dell’effetto ipoglicemizzante rapido osservato (entro 30 minuti dall’ingestione per bocca). C’è un altro meccanismo con cui la cannella può prevenire il rialzo glicemico post-prandiale: l’estratto è anche efficace nel bloccare due enzimi digestivi, l’amilasi pancreatica e la alfa-glucosidasi. La prima è responsabile della scissione degli amidi in zuccheri semplici, la seconda è anche un bersaglio di alcuni farmaci antidiabetici più recenti (acarbosio). Questo vuol dire che è possibile assumere estratto di cannella prima dei pasti principali, perché questa interferisca con l’attività degli enzimi digestivi dei carboidrati ed evitare il picco glicemico successivo.

Più recentemente, dopo aver effettuato studi sugli effetti dei principali costituenti a livello cellulare e prove di laboratorio sui ratti, sono stati pubblicati studi sugli effetti dell’estratto ini pazienti con diabete mellito tipo 2 (Khan A et al. 2003; Mang B et al. 2006; Blevins SM et al. 2007; Akilen R et al. 2010; Anderson RA et al. 2015). Sono state impiegate coorti di piccole dimensioni (25-137 soggetti), ma sufficienti ad aver aggiunto una significatività statistica. Questo lascia ben sperare che saranno condotti ulteriori studi sulla cannella, per validarne definitivamente gli effetti. Infatti, mancano ancora grossi trials clinici controllati e le uniche tre più grosse recensioni di metanalisi sono in disaccordo sui risultati ottenuti: una afferma che non ci sono statistiche significative per giustificare l’impiego della cannella nel trattamento del diabete tipo 1 o tipo 2; l’altra punta sul sicuro effetto ipoglicemizzante e riducente i valori dell’emoglobina glicata (HbA1c) nei pazienti trattati. La terza, infine ha trovato significatività nella riduzione dell’iperglicemia post-prandiale, ma dati non significativi per l’HbA1c.

Si attendono con speranza ulteriori approfondimenti al riguardo.

  • a cura del Dr. Gianfrancesco Cormaci, PhD, specialista in Biochimica Clinica.

Letteratura scientifica

Nikzamir A et al. Iranian Red Cres Med J. 2014;16(2): e13426.

Akilen R et al. Diabetes Med. 2010; 27(10):1159–67. 

Parildar H et al. J Pak Med Assoc. 2011 Nov; 61(11):1116.

Anand P et al. Chemico-Biolog Interact. 2010; 186:72–81.  

O’Keefe JH et al. J Am Coll Cardiol. 2008; 51(3):249-55. 

Blevins SM et al. Diabetes Care. 2007; 30(9):2236–37.

Mang B et al. Eur J Clin Invest. 2006; 36(5):340–44. 

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Dott. Gianfrancesco Cormaci
Dott. Gianfrancesco Cormaci
Laurea in Medicina e Chirurgia nel 1998, specialista in Biochimica Clinica dal 2002, ha conseguito dottorato in Neurobiologia nel 2006. Ex-ricercatore, ha trascorso 5 anni negli USA alle dipendenze dell' NIH/NIDA e poi della Johns Hopkins University. Guardia medica presso la casa di Cura Sant'Agata a Catania. In libera professione, si occupa di Medicina Preventiva personalizzata e intolleranze alimentari. Detentore di un brevetto per la fabbricazione di sfarinati gluten-free a partire da regolare farina di grano. Responsabile della sezione R&D della CoFood s.r.l. per la ricerca e sviluppo di nuovi prodotti alimentari, inclusi quelli a fini medici speciali.

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