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Kefir: dall’intestino al cervello per regolare la pressione

Il kefir è una bevanda a base di latte ottenuta aggiungendo grani di kefir (ottenuti dalla fermentazione di specifici batteri e lieviti) che gli permettono di ottenere lo specifico spessore cremoso e un sapore frizzantino ed acidulo. Questa bevanda probiotica è stata tradizionalmente legata a numerosi benefici, in particolare i suoi effetti salutari sul microbiota intestinale e la digestione. I microrganismi che popolano le nostre viscere hanno dimostrato di comunicare con il cervello, il che dà loro il potenziale per influenzare molti processi nel nostro corpo. Uno studio dello scorso anno ha anche dimostrato che le persone con malattia coronarica mostravano differenze nella composizione del loro microbiota intestinale, rispetto a persone senza questa condizione. Un altro articolo, pubblicato sulla rivista Nature, ha osservato che un microbiota intestinale ben bilanciato potrebbe proteggere dall’ipertensione, sebbene i meccanismi biologici sottostanti attraverso cui è in grado di raggiungere questo risultato non siano stati chiariti.

Eppure questa scoperta ha portato gli autori dello studio a ipotizzare che si potrebbero impiegare gli integratori probiotici come arma contro l’ipertensione, poiché promuoverebbero una diversità batterica più salutare. Tuttavia, i ricercatori della Auburn University in Alabama e dell’Università di Vila Velha in Espirito Santo, in Brasile, stanno indagando per avere risposte più concise. In uno studio recente, hanno lavorato con un modello di ratto per vedere se le proprietà probiotiche di kefir influenzassero la salute dell’intestino e aiutassero ad abbassare la pressione sanguigna. Le loro scoperte sono state presentate alla conferenza annuale di Experimental Biology, tenutasi a San Diego, in California. Per vedere se, e in che modo, una dieta che integrasse in modo coerente il kefir avrebbe influenzato la pressione sanguigna, la squadra – guidata da Mirian Silva-Cutini, della Auburn University – ha lavorato con tre diversi gruppi di ratti.

Quelli del primo gruppo avevano la pressione alta e venivano somministrati kefir su base regolare per un periodo di 9 settimane; nel secondo gruppo aveva anche la pressione alta, ma non gli era stato somministrato il kefir. I ratti nel terzo gruppo non avevano problemi di pressione sanguigna e non avevano ricevuto kefir (i controlli). Dopo il periodo di 9 settimane, sono state prelevate feci e campioni di sangue da tutti i ratti per stabilire quali cambiamenti si erano verificati – o non si erano verificati – nel loro microbiota intestinale e per testare specifiche tossine che potrebbero essere rilasciate da alcuni batteri. È stata anche misurata la pressione sanguigna e il team ha utilizzato l’immunofluorescenza per esaminare i pattern di alterazioni neurali nell’ipotalamo. Questa regione del cervello svolge un ruolo importante nella regolazione di alcuni processi di base nel corpo, compresa la pressione sanguigna.

Silva-Cutini e colleghi hanno scoperto che i ratti che avevano consumato regolarmente kefir per 9 settimane hanno mostrato livelli più bassi di endotossine, sostanze costituenti della parete batterica e sottoprodotto della loro disintegrazione. Le endotossine sono note per causare infiammazione. Gli stessi ratti presentavano anche una pressione sanguigna più bassa e una struttura della mucosa intestinale più regolare, poiché la permeabilità – cioè la facilità con cui vari microbi e sostanze possono penetrare nel sistema – dell’intestino era molto minore. Questo è in accordo con la teoria della “leaky gut syndrome” o sindrome dell’intestino permeabile, secondo la quale la disbiosi batterica causata da stili di vita malsani (alimentazione sbilanciata o povera di vegetali, abuso di alcolici, tabagismo estremo, ecc.), causa nel tempo flogosi cronica dell’intestino e passaggio nel sangue di prodotti di scarto che dovrebbero essere espulsi con le feci.

Un’altra scoperta è stata che i ratti che bevevano kefir avevano riacquistato l’equilibrio di batteri utili nel microbiota intestinale e il livello di infiammazione nel loro sistema nervoso centrale era ridotto. I risultati indicano che l’effetto di kefir sui batteri intestinali si riflette nei tipi di segnali trasmessi dal cervello al resto del sistema. I dati sono in accordo con degli studi pubblicati qualche anno fa, sull’effetto degli acidi grassi a catena corta (SCFA) sulla regolazione sia centrale che periferica della pressione sanguigna. Essi, infatti, possiedono recettori cellulari situati in molti tipi di tessuto, fra cui lo stesso sistema nervoso centrale.

Pertanto, un microbiota intestinale bilanciato sembra influenzare positivamente il cervello per tenere la pressione sanguigna a livelli salutari.

  • a cura del Dr. Gianfrancesco Cormaci, PhD, specialista in Biochimica Clinica.

Pubblicazioni scientifiche

Brasil GA, Silva-Cutini MA et al. Nutrition. 2018 Feb; 51-52:66.

Wilck N et al. Nature 2017 Nov 30; 551(7682):585-589.

Pluznick JL. Curr Hypertens Rep. 2017 Apr; 19(4):25.

Natarajan N et al. Physiol Genomics. 2016 Nov 1;48(11):826.

Yang L, Yu D et al. PLoS One. 2016 Jan 29; 11(1):e0147597.

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Dott. Gianfrancesco Cormaci
Dott. Gianfrancesco Cormaci
Laurea in Medicina e Chirurgia nel 1998, specialista in Biochimica Clinica dal 2002, ha conseguito dottorato in Neurobiologia nel 2006. Ex-ricercatore, ha trascorso 5 anni negli USA alle dipendenze dell' NIH/NIDA e poi della Johns Hopkins University. Guardia medica presso la casa di Cura Sant'Agata a Catania. In libera professione, si occupa di Medicina Preventiva personalizzata e intolleranze alimentari. Detentore di un brevetto per la fabbricazione di sfarinati gluten-free a partire da regolare farina di grano. Responsabile della sezione R&D della CoFood s.r.l. per la ricerca e sviluppo di nuovi prodotti alimentari, inclusi quelli a fini medici speciali.

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