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A caccia delle basi patologiche della gestosi (preeclampsia): molti ormoni, tanti segnali, un unico mediatore del danno

La preeclampsia è una condizione per certi versi misteriosa che si verifica in circa una gravidanza su 10 senza alcun segnale premonitore. Dopo 20 settimane o più di pressione sanguigna normale durante la gravidanza, i pazienti con preeclampsia iniziano ad avvertire una pressione sanguigna elevata e potrebbero anche avere livelli aumentati di proteine nelle urine a causa dell’ipertensione che riduce il potere di filtraggio dei reni. L’ipertensione prolungata dovuta alla preeclampsia può portare a danni agli organi e complicazioni potenzialmente letali sia per la madre che il nascituro. Non esiste una cura per le cause sottostanti alla condizione; quindi i medici si concentrano sulla gestione e sul monitoraggio della pressione sanguigna per consentire una gestazione quanto più vicina possibile ad un regolare termine. Con la malattia grave, è necessario il cesareo.

Sebbene, meccanismi sottostanti sono stati decifrati, non si è riusciti ancora a conciliarli tra loro e servono ulteriori ricerche sulle cause della preeclampsia per guidare lo sviluppo di potenziali nuovi modi per diagnosticare, trattare e prevenire questa condizione comune ma criptica. Un nuovo studio pubblicato su Science Advances si è concentrato su una delle teorie emergenti sulle cause della preeclampsia. Gli esperimenti si concentrano su un particolare strato di cellule della placenta chiamato sinciziotrofoblasto (STB), che è una parte fondamentale della barriera tra la madre e il feto in via di sviluppo. Questo blocco aiuta a impedire al sistema immunitario completamente formato della madre di reagire al feto e potenzialmente rispondere come se il feto fosse una minaccia estranea, come un invasore virale o batterico.

La barriera funziona anche al contrario per impedire al sistema immunitario in crescita del feto di reagire alle cellule e ai tessuti della madre. E gli autori dello studio hanno indagato l’ipotesi che una quantità anormale di stress cellulari e molecolari su questa barriera possa danneggiare la placenta e portare alla preeclampsia. Fra questi ci sarebbero sicuramente gli stessi ormoni sessuali (estrogeni e progesterone), che agiscono direttamente sul STB stesso. Il gruppo di ricerca ha iniziato studiando le placente donate a fini di ricerca attraverso la MCW Maternal Research Placenta & Cord Blood Bank. Confrontando placente “normali” con placente di gravidanze in cui le pazienti soffrivano di preeclampsia, i ricercatori hanno dimostrato che la condizione era associata a livelli più elevati di stress cellulare nello strato STB sulla placenta.

Inoltre i ricercatori hanno scoperto che la proteina Gαq, nota per svolgere un ruolo nella trasmissione di segnali relativi ai livelli di diversi ormoni, funzionava eccessivamente anche nei segnali degli ormoni attivi nella preeclampsia. Nota di merito, la proteina Gαq è il principale trasduttore dell’angiotensina, uno degli ormoni più importanti della regolazione pressoria. I farmaci antipertensivi della famiglia ACE-inibitori bloccano l’enzima ACE per impedire che l’angiotensina diventi nella sua forma matura (biopeptide). Gli antagonisti del suo recettore (sartanici), invece, mettono il recettore nella posizione di non accoppiarsi a valle proprio con la proteina Gαq. Sono quindi un passo più vicino e selettivo sul controllo della pressione arteriosa per via diretta. Questi farmaci sono molto efficaci sul controllo dell’ipertensione arteriosa di origine sistemica e renale.

Invero, un lavoro pubblicato nel 2017 ha provato che la maggiore sensibilità all’angiotensina II contribuisce alla disfunzione microvascolare nelle donne che hanno avuto preeclampsia. La ricerca ha valutato la dilatazione endoteliale, la sensibilità all’angiotensina II e l’effetto terapeutico del blocco del recettore AT2 (losartan) sulla dilatazione endotelio-dipendente in vivo. Come previsto, il farmaco ha ridotto la sensibilità vascolare all’ormone e aumentato la produzione vascolare di ossido nitrico (*NO; uno dei principali agenti rilassanti della muscolatura dei vasi sanguigni) nelle donne con preeclampsia, ma non in quelle con gravidanza regolare. Quindi l’asse angiotensina-AT2R potrebbe essere uno dei fattori ormonali principali con cui la preeclampsia manifesta le sue alterazioni cliniche.

In effetti, nel caso dell’ipertensione cronica, l’AT2 induce ipertrofia della muscolatura vasale, quindi inspessimento e restringimento dei vasi arteriosi. Una cosa analoga succede nel caso del modello genetico di scompenso cardiaco murino indotto dall’iper-espressione della proteina Gαq. L’attivazione dei recettori accoppiati a Gq porta ad un aumento dell’attività di diverse isoforme della proteina chinasi C (PKC), inclusa l’isoforma PKCα, che ha dimostrato di regolare negativamente la funzione cardiaca in vivo. Nel modello genetico questa attivazione è costante e di fondo, il che conduce ad una forma di scompenso ventricolare molto simile a quello osservato nell’uomo. Solo che nel modello sperimentale, lo stimolo fisico sul cuore (ipertensione) è considerato essenziale per promuovere l’inizio dello scompenso.

Non si sa esattamente se questo effetto dell’ipertensione si ripete sulla placenta o sul sincizio-trofoblasto. Comunque, sulla base dei risultati dei segnali iperattivi mediati dai recettori accoppiati a proteine G (GPCR) in campioni di pazienti con preeclampsia, gli scienziati hanno sviluppato un nuovo modello murino geneticamente modificato per consentire la manipolazione precisa dei segnali GPCR all’interno di specifici tipi di cellule. Ciò ha permesso ai ricercatori di attivare le vie di segnalazione associate alla preeclampsia all’interno dello strato STB della placenta del topo. Una cosa analoga è stata dimostrata recentemente da un altro gruppo di ricerca che ha concentrato il suo interesse un altro recettore GPCR chiamato MAS, in un modello di ratto iperteso chiamato FV/N.

Il team ha dimostrato che anche una brevissima attivazione delle cascate di segnalazione identificate durante le fasi iniziali o intermedie della gestazione, ha portato a conseguenze postume significative durante la gravidanza dei topi. Questi topi hanno sviluppato tutti i segni caratteristici della preeclampsia, tra cui ipertensione, danni renali e altri cambiamenti anatomici e cellulari. Generalmente questi fenomeni nascondono sempre uno stress cellulare di tipo ossidativo, che può partire o dai segnali sottostanti ai recettori ormonali (es. NADPH ossidasi di membrana), oppure da quelli che raggiungono i mitocondri. Questi organelli, disturbati dai segnali ormonali intensi, iniziano a produrre esageratamente una tipologia di ossidante chiamato anione superossido (O2-), che viene convertito ad acqua ossigenata, che inizia poi lo stress ossidativo.

L’enzima mitocondriale responsabile della conversione è la SOD2, la cui espressione è aumentata nei STB delle placente di pazienti con preeclampsia. Questo vuol dire che c’è un tentativo di difesa cellulare dallo stress ossidativo. La produzione eccessiva di specie reattive dell’ossigeno di derivazione mitocondriale all’interno delle colture cellulari del trofoblasto interrompe la dinamica mitocondriale, perturba la produzione di ormoni e riduce la fusione del trofoblasto, che è fondamentale per la formazione del sinciziotrofoblasto. Allo stesso tempo, queste osservazioni suggeriscono che l’aumento di SOD2 è un adattamento compensativo ma insufficiente per superare le richieste di antiossidanti imposte dall’ambiente preeclamptico: Ma la relazione con la segnalazione Gαq non è stata stabilita nel contesto della preeclampsia umana o dei sottotipi di trofoblasto.

In alcuni topi esposti ai segnali che inducono la preeclampsia, gli scienziati hanno testato gli effetti di una molecola/farmaco antiossidante che ha specificità di localizzazione nei mitocondri, chiamata MitoQ (mitochinone). La somministrazione dell’antiossidante ha attenuato la proteinuria materna, abbassato i mediatori infiammatori e anti-angiogenici circolanti e mantenuto la vascolarizzazione placentare. Questo vuol dire che nella preeclampsia, quello che è sicuro a livello cellulare è che c’è uno stress ossidativo di fondo che compromette l’energia di derivazione dei mitocondri. Questo potrebbe dare spunto alla clinica di poter somministrare degli antiossidanti, come preventivi di questo danno cellulare, nelle donne che hanno predisposizione alla condizione o sono in uno stadio iniziale. Analoghi del MitoQ (lo stesso coenzima Q) o l’acido lipoico che è liposolubile possono rappresentare dei buoni esempi.

  • A cura del Dr. Gianfrancesco Cormaci, PhD, specialista in Biochimica Clinica.

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Dott. Gianfrancesco Cormaci
Dott. Gianfrancesco Cormaci
Laurea in Medicina e Chirurgia nel 1998, specialista in Biochimica Clinica dal 2002, ha conseguito dottorato in Neurobiologia nel 2006. Ex-ricercatore, ha trascorso 5 anni negli USA alle dipendenze dell' NIH/NIDA e poi della Johns Hopkins University. Guardia medica presso la casa di Cura Sant'Agata a Catania. In libera professione, si occupa di Medicina Preventiva personalizzata e intolleranze alimentari. Detentore di un brevetto per la fabbricazione di sfarinati gluten-free a partire da regolare farina di grano. Responsabile della sezione R&D della CoFood s.r.l. per la ricerca e sviluppo di nuovi prodotti alimentari, inclusi quelli a fini medici speciali.

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