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Uso di ormoni tiroidei e osteoporosi: un problema sottostimato ma che ha i suoi meccanismi reali

Circa 23 milioni di americani (circa il 7% della popolazione) assumono levotiroxina ogni giorno. La levotiroxina (LT4), il secondo farmaco più comunemente prescritto tra gli anziani negli Stati Uniti e commercializzato con diversi marchi tra cui Synthroid, è una versione sintetica dell’ormone tiroxina ed è comunemente prescritto per trattare la condizione di ipotiroidismo o tiroide ipoattiva. A volte, i pazienti assumono levotiroxina da molti anni, ma non è chiaro perché sia ​​stata inizialmente prescritta o se sia ancora necessaria. Nelle persone con ipotiroidismo, la ghiandola tiroidea non produce abbastanza tiroxina da sola, spesso con conseguente affaticamento, aumento di peso, perdita di capelli e altri sintomi. Se non trattato, l’ipotiroidismo può portare a gravi complicazioni. Secondo uno studio presentato la prossima settimana alla riunione annuale della Radiological Society of North America (RSNA), la levotiroxina, tuttavia, può essere associata alla perdita ossea.

I dati dell’indagine indicano che una quota significativa di prescrizioni di ormone tiroideo può essere somministrata ad anziani senza ipotiroidismo, sollevando preoccupazioni circa il successivo eccesso relativo di ormone tiroideo anche quando il trattamento è mirato agli obiettivi di riferimento. Sebbene vi siano alcune variabili, un normale intervallo di riferimento per l’ormone stimolante la tiroide (TSH) è in genere di circa 0,4-5,0 microunità per millilitro. L’eccesso di ormone tiroideo è stato associato a un aumento del rischio di frattura ossea. Per questo studio i ricercatori hanno mirato a determinare se l’uso di LT4 e livelli più elevati di ormone tiroideo entro l’intervallo di riferimento siano associati a una maggiore perdita ossea nel tempo negli anziani “eutiroidei”, ovvero adulti con normale funzionalità tiroidea. I ricercatori hanno utilizzato il Baltimore Longitudinal Study of Aging (BLSA), uno studio di coorte osservazionale prospettico di anziani residenti in comunità.

Il gruppo di studio comprendeva 81 utilizzatori eutiroidei di levotiroxina (32 uomini, 49 donne) e 364 non utilizzatori (148 uomini, 216 donne), con un’età media di 73 anni e livelli di TSH di 2,35 alla visita iniziale. Altri fattori di rischio come sesso, peso, farmaci, storia di fumo e consumo di alcol sono stati considerati nella corrispondenza del punteggio di propensione (PSM) degli utilizzatori di levotiroxina rispetto ai non utilizzatori. I risultati hanno mostrato che l’uso di levotiroxina era associato a una maggiore perdita di massa ossea corporea totale e densità ossea (anche nei partecipanti i cui livelli di TSH erano nella norma) su un follow-up mediano di 6,3 anni. Ciò è rimasto vero tenendo conto del TSH basale e di altri fattori di rischio. Negli ultimi anni, a causa della crescente incidenza di osteoporosi secretoria, perdita ossea, osteoporosi e la loro relazione con il TSH e il suo recettore (TSHR) hanno attirato sempre più attenzione.

Nella tireotossicosi dell’adulto, si verifica un aumento del rimodellamento osseo, caratterizzato da uno squilibrio tra riassorbimento e formazione ossea, che determina una perdita ossea netta e un rischio aumentato di frattura osteoporotica. Queste osservazioni cliniche dimostrano l’importanza della T3 nello sviluppo scheletrico e nel metabolismo. È noto che l’ipertiroidismo è associato a una significativa perdita ossea. L’ipertiroidismo subclinico significa che i livelli sierici di triiodo-tironina libera (FT3) e tiroxina libera (FT4) sono normali, ma i livelli di TSH sono bassi. Sebbene i pazienti con questa diagnosi di solito non presentino sintomi, vi sono prove sufficienti che l’osteoporosi sia correlata al metabolismo osseo. Dati ottenuti dagli studi sui topi indicano che nelle femmine ovariectomizzate, il TSH stesso è in grado di prevenire la formazione e l’attivazione degli osteoclasti RANKL+.

In questo caso, però, potrebbero esserci effetti metabolici mascherati dallo stravolgimento del bilancio degli ormoni sessuali, ovvero gli estrogeni che sono anch’essi moto attivi nel contesto della regolazione. Inoltre, ci sarebbe da mettere in discussione il regolare dogma che ogni aumento della T3 oT4 tramite somministrazione esogena induce la soppressione della secrezione ipotalamica di TSH (feedback negativo). Siccome ci sono anche dati certi che il recettore per il TSH possa venire espresso anche negli osteoblasti, sebbene ci siano ancora controversie fra i dati per il ratto e l’uomo, la questione si deve considerare ancora non risolta. Il fatto, dunque, che il TSH possa regolare direttamente la densità ossea nell’adulto o nell’anziano potrebbe valere in assenza di problemi tiroidei o comunque comparire in ipotiroidismo sub-clinico, quando l’abbassamento della FT3 inizia a stimolare la secrezione ipotalamica di TSH.

Uno dei meccanismi proposti per la tiroxina di causare perdita ossea progressiva si ritiene possa venire mediato dall’adrenalina, e dalla stimolazione dei suoi recettori beta-2. I topi KO per il beta2R, infatti, cominciano a mostrare segni di rarefazione ossea (a livello di microarchitettura trabecolare) sin dalla giovane età (3-4 mesi di vita). Al contrario, i topi KO per i recettori adrenergici alfa2A o alfa2C, vengono protetti da questi effetti e mostrano un’ossatura decisamente maggiore rispetto ai topi normali. Quindi gli ormoni tiroidei hanno effetti costruttivi o deleteri in dipendenza dalla quantità circolante e parte dei loro effetti sono mediati dal sistema ortosimpatico tramite i recettori beta-adrenergici. Queste informazioni dovrebbero diventare traducibili non solo in una maggiore consapevolezza dei pazienti (con particolare riferimento a quelli in trattamento sostitutivo con ormoni tiroidei), ma anche per i clinici ed i medici di base che hanno a che fare con le prescrizioni delle loro preparazioni farmacologiche.

  • A cura del Dr. Gianfrancesco Cormaci, PhD, specialista in Biochimica Clinica.

Pubblicazioni scientifiche

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Dott. Gianfrancesco Cormaci
Dott. Gianfrancesco Cormaci
Laurea in Medicina e Chirurgia nel 1998; specialista in Biochimica Clinica dal 2002; dottorato in Neurobiologia nel 2006; Ex-ricercatore, ha trascorso 5 anni negli USA (2004-2008) alle dipendenze dell' NIH/NIDA e poi della Johns Hopkins University. Guardia medica presso la casa di Cura Sant'Agata a Catania. Medico penitenziario presso CC.SR. Cavadonna (SR) Si occupa di Medicina Preventiva personalizzata e intolleranze alimentari. Detentore di un brevetto per la fabbricazione di sfarinati gluten-free a partire da regolare farina di grano. Responsabile della sezione R&D della CoFood s.r.l. per la ricerca e sviluppo di nuovi prodotti alimentari, inclusi quelli a fini medici speciali.

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