domenica, Ottobre 13, 2024

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Integratori funzionali per gli sportivi: quali sono e servono davvero alla performance?

Introduzione

Mangiare in modo sano senza cibi trasformati è un “must” per chi segue un’attività sportiva dedicata. I più salutisti non includono nell’alimentazione neppure il caffè ed altri cibi o bevande trasformate e fino a qui nulla di sbagliato. È inutile ricordare in questa sede che le modalità alimentari da seguire per avere una buona od ottimale prestazione sportiva, sono direttamente collegate al tipo di sport seguito e a che livelli si vuole arrivare. Mangiare inmodo equilibrato è fondamentale per favorire la migliore prestazione atletica possibile, a prescindere dal livello tecnico e per prevenire la sindrome da “superallenamento”. Infatti, è doveroso rispettare la varietà alimentare, la giusta ripartizione dei macronutrienti (proteine, carboidrati e grassi) nonché le porzioni nell’ambito giornaliero. Se poi si vuole aumentare la performance in modo più significativo, è possibile ricorrere ad integratori definiti “funzionali”.

Gli integratori funzionali nello sport

In questa categoria rientrano integratori che hanno una storia di mercato abbastanza recente. Si può iniziare menzionando i probiotici, ceppi di batteri amici della salute intestinale che si ritrovano anche nei prodotti caseari e che sono ampiamente acquistabili in commercio. I probiotici mantengono la salute delle mucose intestinali, il che è essenziale per l’ottimale assorbimento di tutti i principi nutritivi, specie i micronutrienti (vitamine, minerali e cofattori), ma anche gli aminoacidi derivati dalla digestione delle proteine specie quelli essenziali che non possiamo fabbricare. Il genere Lactobacillus è rappresentato da più di un centinaio di ceppi, alcuni dei quali sembrano particolarmente utili nel caso degli sportivi, come il L. casei Shirota, L. rhamnosus, L. acidophilus e L. helveticus. Per un loro pieno effetto questi andrebbero associati ai cosiddetti prebiotici, sostanze che ne permettono l’attecchimento e la crescita nell’intestino.

Le fibre vegetali solubili sono ottime prebiotiche, il che giustifica una dieta ricca di insalate nella pratica sportiva e non solo per i fini di “riempimento”. Anche amido resistente (cereali integrali), inulina e oligosaccaridi di altri vegetali possono espletare questa funzione. Mantenere una buona salute intestinale con i probiotici, significa anche tenere sempre all’erta le difese immunitarie, evitandone lo stress dopo l’esercizio fisico intenso. Alcuni Autori si sono concentrati sull’utilizzo di molecole funzionali del tipo omega-3, fitosteroli e simili, per ottenere una buona salute immunitaria. Altri integratori che possono aiutare nelle prestazioni sportive sono sicuramente la glutammina, un aminoacido che supporta le funzioni cerebrali e incentiva la rigenerazione cellulare. Sicuramente funzionali sono la caffeina con il suo effetto sul metabolismo dei carboidrati e dei grassi, nonché l’acido citrico che serve a bloccare la glicolisi quando si è fatto un notevole carico di carboidrati.

Sono sicuramente funzionali le miscele di condroitinsolfato e glucosammina, che spesso contengono anche rame e vitamina C. Queste associazioni hanno particolare tropismo per le cartilagini, prevenendone l’infiammazione, lo stress ossidativo e quindi l’usura. In questo senso anche gli omega-3 possono risultare protettivi della cartilagine, non in modo diretto ma dopo loro trasformazione in biolipidi. Ecco perché l’industria alimentare si sta adattando sempre più a questi aspetti funzionali dello sport, non solamente volti a dare più forza o resistenza fisica. Sono ormai disponibili bevande addizionate a vitamine antiossidanti e thè verde, o succo di melograno e di altri frutti rossi o frutta di bosco, che contrastano lo stress ossidativo.

Il caso del beta-idrossibutirrato

Conosciuto come HMB, esso è un nostro normale metabolita derivato dal metabolismo dell’amminoacido leucina (uno dei ramificati). È altresì prodotto in caso di restrizione calorica (digiuno da moderato a spinto), ed appartiene al gruppo di metaboliti chiamati anche “corpi chetonici”, utilizzati come carburante cellulare al posto del glucosio. Normalmente esso viene prodotto in ragione di 0,2-0,4g al giorno, ma in caso di digiuno se ne possono produrre svariati grammi. Viene venduto come integratore per migliorare le prestazioni, ma in Italia la sua vendita è stata vietata a lungo fino a quando dopo il 2010 ne è stato consentito l’uso, soprattutto per la gioia di chi si dedica al bodybuilding. Ma ci sono evidenze scientifiche che l’HMB sia così fantastico come alcuni sostengono? Alcuni studi scientifici supportano la sua efficacia nel mantenere la massa magra, la forza e le prestazioni aerobiche.

Una revisione italiana ha evidenziato, tuttavia, che i suoi effetti sull’allenamento sembrano migliori sui soggetti non allenati giovani e persino negli ultra-sessantenni ed ultrasettantenni (vedere bibliografia allegata). Per tali ragioni, il mondo scientifico è ancora in dibattito e non ha concluso le indagini su questa sostanza, il che ha frenato le posizioni delle istituzioni su normative e legislazione. L’International Society of Sport Nutrition (ISSN) ha pubblicato nel decennio scorso un documento sinottico dove vengono fornite raccomandazioni sull’utilizzo ottimale dell’HMB, tutto in linea con quello che era noto al tempo sulle conoscenze scientifiche al riguardo. Nel documento è anche dichiarato che HMB può essere utilizzato per migliorare il recupero muscolare, attenuando i danni indotti dall’esercizio fisico intenso nei soggetti professionisti. Questi effetti sembrano più pronunciati quando la sostanza viene assunta due settimane prima di una competizione sportiva, in ragionedi 38mg/Kg di peso o più.

Se la ISSN ha espresso le sue posizioni favorevoli, l’autorità europea nella figura dell’EFSA aveva espresso il suo parere negativo già nel 2006, nell’ambito dell’articolo 13.1 del regolamento comunitario CE 1924/2006, circa l’effetto ergogenico dell’HMB da solo o in combinazione con un altro corpo chetonico chiamato alfa-chetoisocaproato. Nel 2011, la commissione specializzata di esperti incaricati aveva detto che le evidenze scientifiche fossero ancora poche e non supportanti. Nel tempo sono stati effettuati altri studi sperimentali pubblicati nella letteratura scientifica, ma non c’è ancora la pronuncia delle autorità dato che tempistiche, eterogeneità di coorti e modalità di condurre gli studi non permettono univocità di risultati. Dal momento che non si è individuata una dose raccomandata per coloro che lo vogliono assumere come integratore, ci si affida al buon senso di ognuno sulle dosi e sulle tempistiche di utilizzo. D’altronde, di ogni cosa è la dose che ne decide effetti benefici o nocivi.

  • A cura del Dr. Gianfrancesco Cormaci, PhD, specialista in Biochimica Clinica.

Pubblicazioni scientifiche

Jakubowski JS. Med Sci Sports Exerc 2019; 51(1):65.

Silva VR, Belozo FL et al. Nutrit Res. 2017; 45:1-9.

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Molfino A et al. Amino Acids 2013; 45:1273-1292.

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Dott. Gianfrancesco Cormaci
Dott. Gianfrancesco Cormaci
Laurea in Medicina e Chirurgia nel 1998; specialista in Biochimica Clinica dal 2002; dottorato in Neurobiologia nel 2006; Ex-ricercatore, ha trascorso 5 anni negli USA (2004-2008) alle dipendenze dell' NIH/NIDA e poi della Johns Hopkins University. Guardia medica presso la casa di Cura Sant'Agata a Catania. Medico penitenziario presso CC.SR. Cavadonna (SR) Si occupa di Medicina Preventiva personalizzata e intolleranze alimentari. Detentore di un brevetto per la fabbricazione di sfarinati gluten-free a partire da regolare farina di grano. Responsabile della sezione R&D della CoFood s.r.l. per la ricerca e sviluppo di nuovi prodotti alimentari, inclusi quelli a fini medici speciali.

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