sabato, Luglio 27, 2024

Melatonina e salute (I): gli effetti positivi sul cervello e sulle malattie neurologiche

La melatonina ha molti ruoli biologici e condiziona principalmente il cervello. Ha un ruolo nella regolazione del ritmo circadiano, dell’adattamento stagionale e dello sviluppo puberale. La melatonina è associata alla memoria, regolando la formazione della memoria e influenzando direttamente i neuroni dell’ippocampo. Controlla anche la postura e l’equilibrio del corpo tramite il cervelletto, ha effetti antidepressivi, ansiolitici, di regolazione dell’apparato locomotore, di abbassamento della pressione sanguigna, di modulazione del dolore, effetti legati alla riproduzione stagionale, di fisiologia ovarica, persino antitumorali e antiossidanti. Negli esseri umani, c’è un elevato consumo di ossigeno nel cervello, pari al 20% del totale; tale aumento del consumo provoca stress ossidativo e genera molecole tossiche di radicali liberi (ROS) nel corpo, che danneggiano il DNA, le proteine e le membrane cellulari.

La presenza di una notevole quantità di grasso nella membrana e nelle guaine mieliniche aumenta il danno dei radicali liberi, creando così uno squilibrio tra ossidanti e antiossidanti. Il danno causato dai ROS) determina una compromissione della barriera emato-encefalica e una maggiore espressione del neurotrasmettitore eccitatorio glutammato nello spazio extracellulare, innescando così la depolarizzazione. Quando questo avviene in caso di ischemia cerebrale, possono persino comparire convulsioni epilettiche. I ROS provocano anche l’alterazione dell’espressione genica e la diminuzione della vitalità dei neuroni, che porta infine alla loro morte. La melatonina elimina i radicali liberi a livello endogeno attraverso il suo ruolo di antiossidante diretto, sebbene il suo vero meccanismo non sia completamente chiarito.

Lo stress ossidativo è alla base di molte condizioni medico-cliniche conosciutissime: una di queste è il morbo di Parkinson. Milioni di persone soffrono di questa malattia neurodegenerativa con molteplici fattori eziologici associati alla sua insorgenza, come la genetica, il fumo e l’esposizione a certi insetticidi e metalli pesanti come manganese e piombo. A causa dell’esposizione a queste sostanze, nella substantia nigra pars compacta del cervello si verifica una perdita neuronale, con conseguente deplezione di dopamina striatale. Ciò provoca disturbi della muscolatura liscia coordinata con conseguente rigidità, tremore, movimenti lenti e problemi posturali. Numerosi studi hanno dimostrato che la malattia di Parkinson correlata all’età è accompagnata da pressione ossidativa. Nell’esordio della malattia di Parkinson, i radicali liberi sono i fattori scatenanti.

Le caratteristiche integrali di questa malattia sono l’insonnia e la depressione nella malattia di Parkinson, e i disturbi del sonno sono correlati a segni psichiatrici e al declino cognitivo. Nello striato e nell’ippocampo, la somministrazione di melatonina previene la perossidazione dei lipidi arrestando così la morte neuronale in un modello di Parkinson indotto dalla tossina MPTP. Nei modelli animali indotti con 6-idrossi-DA, la melatonina regola l’attività enzimatica antiossidante della SOD2 e della catalasi nella via nigrostriatale intossicata. Pertanto, la melatonina esibisce le sue proprietà neuroprotettive attraverso le sue azioni antiossidanti e antinfiammatorie. Sebbene non ci siano prove cliniche conclusive, non è una controindicazione per chi è affetto da Parkinson assumere della melatonina serale. Può aiutare a prevenire la perdita delle cellule cerebrali interessate, mentre coopera alle difficoltà col sonno.

La demenza senile, popolarmente conosciuta come Alzheimer, è un’altra gravissima emergenza sanitaria che secondo gli esperti tenderà a salite nei prossimi decenni per effetti dovuti all’invecchiamento della popolazione e dei cattivi stili di vita. La perdita neuronale e lo stress ossidativo nel cervello con AD sono innescati dalla deposizione di molecole proteiche dannose. Lo stress ossidativo risultante dall’accumulo di beta-amiloide (Aβ) generato radicali liberi, disfunzione di membrana e infiammazione e svolge quindi un ruolo fondamentale nell’insorgenza della condizione. Uno studio recente del 2017 ha riportato un’azione anti-amiloidogenica della melatonina sull’AD. La melatonina blocca anche la sintesi della proteina precursore dell’amiloide (APP) che a sua volta interrompe la formazione di Aβ.

Tramite la sua influenza sull’espressione genica mediata dai suoi recettori (M1/2/3Ts), inoltre la melatonina mantiene il livello di alcuni antiossidanti come catalasi, glutatione perossidasi (GPX1) e SOD2 nella corteccia dei topi transgenici AD. Gli effetti potenzialmente neuroprotettivi della melatonina esistono anche per quanto riguarda la sclerosi laterale amiotrofica o SLA. Se ne è cominciato ad investigare gli effetti almeno 20 anni fa. Già nel 2002 un trial clinico aveva evidenziato che melatonina ad alte dosi e giornaliera (non serale o notturna) era perfettamente tollerata ed esercitava effetti positivi sui pazienti, dove gli ha impedito non solo di accelerare il corso della malattia anche di regolarizzare certi aspetti dell’umore e del sonno. Svariati esperimenti fatti su animali da esperimento hanno dato risultati variabili. Uno di essi afferma che nei modello transgenico SOD G93A la melatonina non risulta affatto neuroprotettiva.

Nei modelli diversi l’effetto neuroprotettivo è visibile ed un ultimo studio del 2021 conferma che c’è la possibilità che la melatonina possa rallentare la progressione della SLA. Servono ovviamente molti milligrammi al giorno (range ragionevole 5-20mg) per poter vedere degli effetti clinici chiari. La melatonina sembra che possa avere anche effetti antidepressivi nelle forme reattive e nelle forme classiche maggiori (MDD), ma non nel trattamento acuto e cronico di ansia o attacchi di panico. E’ relativamente strano, dato che i neuroscienzati sanno che l’ansia si scatena per deplezione delle riserve antiossidanti in certe aree del cervello. Evidentemente l’azione antiossidante della melatonina non è mirata o preferita da queste aree, ragion per cui manca un effetto molecolare benefico.

  • A cura del Dr. Gianfrancesco Cormaci, PhD, specialista in Biochimica Clinica.

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Dott. Gianfrancesco Cormaci
Dott. Gianfrancesco Cormaci
Laurea in Medicina e Chirurgia nel 1998, specialista in Biochimica Clinica dal 2002, ha conseguito dottorato in Neurobiologia nel 2006. Ex-ricercatore, ha trascorso 5 anni negli USA alle dipendenze dell' NIH/NIDA e poi della Johns Hopkins University. Guardia medica presso la casa di Cura Sant'Agata a Catania. In libera professione, si occupa di Medicina Preventiva personalizzata e intolleranze alimentari. Detentore di un brevetto per la fabbricazione di sfarinati gluten-free a partire da regolare farina di grano. Responsabile della sezione R&D della CoFood s.r.l. per la ricerca e sviluppo di nuovi prodotti alimentari, inclusi quelli a fini medici speciali.

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