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Capsaicina: gli effetti che ha sulla salute cerebrale e cardiovascolare

Cos’è la capsaicina?

I capsaicinoidi, che sono la principale sostanza chimica pungente presente nelle piante del genere Capsicum, come i peperoncini, sono composti fenolici azotati che condividono un anello definito “vanilloide”. I capsaicinoidi comprendono capsaicina, diidrocapsaicina, nor-diidrocapsaicina, omocapsaicina e omo-diidrocapsaicina, fra cui la capsaicina ha la prevalenza più alta. La capsaicina è risultata associarsi a numerosi benefici per la salute, tra cui proprietà antinfiammatorie, anticancerogene, antiobesità e antiossidanti.

Capsaicina e malattie cardiometaboliche

La capsaicina migliora la termogenesi, l’ossidazione dei grassi e il dispendio energetico, tutti elementi che contribuiscono alla riduzione dell’adiposità. Ciò si ottiene mediante l’attivazione del recettore-canale vanilloide 1 (TRPV1) e il successivo abbassamento delle citochine pro-infiammatorie, come il TNF-alfa e l’interleuchina 6 (IL-6), che sono elevate con una maggiore adiposità. In precedenza, l’attivazione di TRPV1 con capsaicina ha dimostrato di invertire l’autofagia difettosa nei macrofagi prodotta dalle lipoproteine a bassa densità (LDL) ossidate, nonché attivare l’attivazione del segnale cellulare della proteina chinasi AMPK, ridurre la produzione di cellule schiumose e limitare la formazione di placche aterosclerotiche. Le placche ateromatose si impiantano, infatti, su un endotelio vascolare difettoso, che ha alterazioni della contrattilità (ridotta produzione di ossido nitrico), accumulo di lipoproteine ossidate e infiltrazione cellulare.

Gli effetti della capsaicina sulla funzione cerebrovascolare

Precedenti indagini in vitro hanno rivelato che una piccola dose di capsaicina portava alla vasodilatazione delle arterie delle meningi, mentre una dose più alta causava vasocostrizione. In un altro studio in vivo, utilizzando la flussometria Doppler dell’arteria meningea media dei ratti, i ricercatori hanno valutato l’effetto di una somministrazione durale di capsaicina sul flusso sanguigno meningeo. Le afferenze meningee hanno rilasciato più peptide correlato al gene della calcitonina (CGRP) in risposta al trattamento topico con capsaicina alta e bassa sulla dura madre. In particolare, il rilascio di CGRP si è dimostrato maggiore nei ratti obesi rispetto ai ratti di controllo. Ciò può essere correlato alla ridotta sensibilità dei recettori al CGRP.

Capsaicina nell’invecchiamento e nella cognitività

Uno dei sintomi primari della demenza è la compromissione cognitiva, che può provocare compromissione funzionale e diminuzione della qualità della vita in una popolazione che invecchia. L’aumento dello stress ossidativo, la disfunzione endoteliale e l’infiammazione sistemica persistente di basso grado sono correlati all’invecchiamento. Successivamente possono portare a compromissione della funzione cerebrovascolare e deterioramento cognitivo. Attraverso l’attivazione di TRPV1, la capsaicina ha dimostrato di migliorare la cognitività in vivo. A tal fine, l’attivazione di TRPV1 indotta dalla capsaicina porta a riduzione dell’adiposità, dello stress ossidativo e dell’infiammazione sistemica cronica di basso grado, tutti associati sia alla funzione cerebrovascolare che alla cognitività. Questo effetto è maggiore quando avviene in specifiche aree cerebrali, come l’ippocampo.

La capsaicina migliora la cognitività nei topi e nell’uomo

Le proteine tau, coinvolte nella formazione dei microtubuli, sono abbondanti nel sistema nervoso centrale. Le proteine ​​tau anormali hanno una fosforilazione alta; ciò riduce il legame dei microtubuli, con conseguente formazione di oligomeri amiloidi e depositi aggregati. Questi depositi di amiloide possono compromettere la funzione cerebrale abbassando la segnalazione intra e inter-neuronale, causando così il declino cognitivo. L’iniezione intraperitoneale di capsaicina a topi per due settimane ha riparato i disturbi della memoria indotti da β-amiloide migliorando la funzione sinaptica dell’ippocampo. Ciò potrebbe essere dovuto all’aumento della produzione di PSD95, che è una proteina neuroprotettiva spesso ridotta nella malattia di Alzheimer. La colinesterasi degrada l’acetilcolina, che è un neurotrasmettitore che si riduce con l’invecchiamento.

L’attività della colinesterasi è elevata nella malattia di Alzheimer, il che porta a livelli ulteriormente ridotti di acetilcolina. Gli inibitori della colinesterasi, infatti, sono attualmente la terapia di prima linea per questa condizione. Secondo la ricerca, 13 giorni di consumo di oleoresina di peperoncino in aggiunta alla scopolamina hanno ridotto l’acetilcolinesterasi (AChE) del 50%. Una dieta ricca di capsaicina è stata associata a punteggi del mini-mental state exam (MMSE) considerevolmente più alti. Presi insieme, questi risultati suggeriscono che la capsaicina può influire sulla salute del cervello umano. Tuttavia, sono necessarie ulteriori ricerche per determinare le conseguenze del consumo cronico di peperoncino sulle funzioni cognitive.

  • A cura del Dr. Gianfrancesco Cormaci, PhD, specialista in Biochimica Clinica.

Pubblicazioni scientifiche

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Dott. Gianfrancesco Cormaci
Dott. Gianfrancesco Cormaci
Laurea in Medicina e Chirurgia nel 1998, specialista in Biochimica Clinica dal 2002, ha conseguito dottorato in Neurobiologia nel 2006. Ex-ricercatore, ha trascorso 5 anni negli USA alle dipendenze dell' NIH/NIDA e poi della Johns Hopkins University. Guardia medica presso la casa di Cura Sant'Agata a Catania. In libera professione, si occupa di Medicina Preventiva personalizzata e intolleranze alimentari. Detentore di un brevetto per la fabbricazione di sfarinati gluten-free a partire da regolare farina di grano. Responsabile della sezione R&D della CoFood s.r.l. per la ricerca e sviluppo di nuovi prodotti alimentari, inclusi quelli a fini medici speciali.

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