martedì, Agosto 19, 2025

Antinutrienti alimentari: “amico o nemico” della salute è un punto di vista col suo contesto

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Che cosa sono (davvero) gli “antinutrienti”

Con “antinutrienti” si indicano composti naturali delle piante che possono ridurre l’assorbimento di alcuni nutrienti (perlopiù minerali) o interferire con la digestione. Il termine però è fuorviante: molte di queste stesse molecole hanno anche effetti benefici (antiossidanti, anti-infiammatori, chemiopreventivi) e, nelle diete reali, il loro impatto dipende da dose, stato nutrizionale dell’individuo e modalità di preparazione.

Le principali classi, dove si trovano e i loro effetti

1) Acido fitico (IP6)

  • Dove si trova: legumi (fagioli, ceci, lenticchie, soia), cereali integrali e crusca, frutta a guscio e semi.
  • Come agisce: chela ferro, zinco, calcio e altri cationi (magnesio) riducendone l’assorbimento se consumati nello stesso pasto.
  • Effetti potenzialmente utili: il fitato è antiossidante perché sequestra troppo ferro o rame che possono indurre stress ossidativo, mostra attività chemiopreventive in modelli cellulari/animali e primi studi clinici, e può ridurre calcificazioni patologiche.
  • Come ridurli quando serve: ammollo, germogliazione, fermentazione e trattamenti termici abbassano sensibilmente i fitati; la vitamina C nello stesso pasto controbilancia l’inibizione dell’assorbimento del ferro.

2) Tannini (polifenoli)

  • Dove: thè nero/verde, caffè, alcuni legumi e cereali, vino e alcuni frutti.
  • Meccanismo: complessano proteine e ferro non-eme (libero bivalente) riducendone l’assorbimento; effetto più rilevante in chi è carente di ferro.

3) Ossalati

  • Dove: spinaci, bietole, rabarbaro, barbabietole, cacao, pomodori, mandorle e altre frutta a guscio; anche in alcuni legumi.
  • Meccanismo/rischio: formano sali di calcio insolubili; in soggetti predisposti aumentano il rischio di calcoli di ossalato di calcio.
  • Che fare: bollitura (con scolatura) riduce gli ossalati insolubili; consumare cibi ricchi di calcio insieme agli ossalati ne riduce l’assorbimento intestinale; idratazione adeguata.

4) Goitrogeni (isotiocianati e tiocianati)

  • Dove: crucifere (broccoli, cavoli, cavolini, rucola, senape), alcuni semi; anche la soia contiene sostanze goitrogene di altra natura.
  • Meccanismo: competono con lo iodio o inibiscono enzimi tiroidei; il rischio clinico rilevante riguarda soggetti con deficit di iodio o consumi enormi di crucifere crude. La cottura riduce l’attività goitrogena.
  • L’altro lato della medaglia: dagli stessi glucosinolati derivano isotiocianati come la sulforafano, con robuste evidenze chemiopreventive (attivazione Nrf2/enzimi di fase II). E’ ormai dimostrato da tempo che sono sia preventivi di molti tumori che attivi come sostanze anticancro contro i carcinomi.

5) Glicosidi cianogenici

  • Dove: manioca/cassava (specie varietà “bitter”), germogli di bambù, alcuni semi/noccioli di rosacee e mandorle amare.
  • Rischio: se non adeguatamente processati liberano acido cianidrico causando tossicità acuta/cronica.
  • Prevenzione: pelatura, ammollo/fermentazione, grattugiatura/pressatura, essiccazione e cottura sono tecniche tradizionali efficaci.

6) Lectine

  • Dove: soprattutto legumi (es. fagioli rossi/borlotti), ma anche cereali integrali e piante solanacee (melenzane, patate); le concentrazioni problematiche sono tipiche dei legumi crudi o poco cotti.
  • Meccanismo: sono proteine che si legano ai carboidrati delle glicoproteine della mucosa intestinale; in alte dosi possono dare nausea/vomito/diarrea. Possono causare agglutinazione dei globuli rossi e difetti microcircolatori.
  • Sicurezza: l’ammollo + bollitura vigorosa (o pentola a pressione) inattiva le lectine; attenzione alle slow cooker che non raggiungono T° sufficienti.

7) Inibitori delle proteasi

  • Dove: soprattutto soia e, in misura minore, altri legumi. Alcune albumine delle arachidi e del frumento (ATI) sono dotate di azione analoga, interferendo con la digestione delle proteine alimentari.
  • Meccanismi: ostacolano l’azione di tripsina/chimotripsina riducendo la digeribilità proteica. La loro struttura contiene multipli legami disolfuro, conferendo loro un’eccezionale resistenza alle condizioni digestive, ma sono termo-labili.
  • Spunti positivi: alcune famiglie (es. Bowman-Birk) mostrano azioni anti-infiammatorie/chemiopreventive in modelli tumorali sperimentali.
  • Cucina/trasformazione: tostatura, estrusione, cottura umida e fermentazione ne abbattono l’attività.

8) Saponine

  • Dove: legumi (soia, piselli), quinoa (soprattutto nel rivestimento dei semi), erba medica, patate verdi, pomodori e melenzane immaturi.
  • Meccanismo: tensioattive, possono dare amaro/foaming; ad alte dosi irritative. Certe saponine (proprio quelle di pomodoro e melenzana) sono anche emolitiche.
  • Possibili benefici: proprietà ipocolesterolemizzanti, immunomodulanti e potenzialmente anticancro (evidenze prevalentemente precliniche). Risciacquo della quinoa e la cottura le riducono.

Hanno effetti chemiopreventivi?

Sì, per diverse classi ci sono dati interessanti (soprattutto preclinici e qualche dato umano):

  • Fitati/IP6: attività antiproliferative, pro-differenzianti e antiossidanti; possibili effetti sulla regolazione del ferro e sulla calcificazione vascolare.
  • Isotiocianati (sulforafano) da crucifere: modulano la via del fattore di trascrizione Nrf2 (ARE), detossificazione di fase II ed epigenetica; vari trials pilota in ambiti oncologici e metabolici hanno dato risultati positivi.
  • Saponine e inibitori della tripsina (tipo Bowman-Birk): evidenze precliniche su colesterolo, infiammazione e segnalazione tumorale.
  • Tannini/polifenoli: esiste una vasta letteratura su effetti antiossidanti/anti-infiammatori; l’effetto “anti-ferro” va gestito, non demonizzato. Coloro che soffrono di anemia mediterranea di grado severo e necessitano di trasfusioni, per esempio, sanno bene che per evitare l’accumulo di ferro la loro dieta deve sempre contenere crusca e thè.

Sono davvero pericolosi per la salute?

Nella pratica, no per la maggior parte delle persone che seguono una dieta varia e cuociono i vegetali in modo appropriato. Le situazioni in cui prestare attenzione sono:

  • Anemia sideropenica o rischio di carenza di ferro: evitare grandi quantità di thè/caffè ai pasti e favorire vitamina C con frutta e ortaggi.
  • Storia di calcoli renali: limitare i cibi molto ricchi di ossalati, preferire la bollitura, e assumere calcio ai pasti per “intrappolare” l’ossalato nell’intestino (restando nell’apporto raccomandato di Ca).
  • Ipotiroidismo: le crucifere non vanno evitate, ma è prudente consumarle cotte e assicurare un adeguato apporto di iodio (sale iodato, pesce, latticini). I rischi compaiono con consumi eccezionalmente elevati e crudi.
  • Legumi crudi o poco cotti: mai consumarli tali; cuocere a ebollizione vivace o a pressione.

Consigli pratici (rapidi)

  • Varietà e cottura: alternare metodi (bollitura, vapore, saltare) e includere ammollo / germogliazione / fermentazione quando si preparano legumi e cereali integrali duri.
  • Abbinamenti furbi: legumi/cereali + fonti di vitamina C (agrumi, kiwi, peperoni) per il ferro; cibi ad alto ossalato insieme a fonti di calcio (es. yogurt, latte, formaggi freschi) per ridurne l’assorbimento.
  • Crucifere: meglio leggermente cotte per limitare i goitrogeni ma conservare parte dei composti bioattivi (specie la vitamina C; una dieta con adeguato apporto di iodio rende trascurabile il rischio.

Conclusioni

Gli “antinutrienti” non sono nemici: sono parti normali del cibo vegetale con effetti talora protettivi. Diventano problematici solo in specifiche condizioni (carenze nutrizionali, predisposizioni cliniche, o quando si consumano vegetali crudi/poco cotti che andrebbero cotti). Con una cucina tradizionale e abbinamenti intelligenti si possono ottienere i benefici dei vegetali minimizzando gli svantaggi. Se si soffre di condizioni mediche specifiche (anemia, calcoli, tiroide), vale la pena personalizzare con un medico o un dietista.

  • A cura del Dr. Gianfrancesco Cormaci, PhD, specialista in Biochimica Clinica.

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Dott. Gianfrancesco Cormaci
Dott. Gianfrancesco Cormaci
Laurea in Medicina e Chirurgia nel 1998; specialista in Biochimica Clinica dal 2002; dottorato in Neurobiologia nel 2006; Ex-ricercatore, ha trascorso 5 anni negli USA (2004-2008) alle dipendenze dell' NIH/NIDA e poi della Johns Hopkins University. Guardia medica presso la Clinica Basile di catania (dal 2013) Guardia medica presso la casa di Cura Sant'Agata a Catania (del 2020) Medico penitenziario presso CC.SR. Cavadonna dal 2024. Si occupa di Medicina Preventiva personalizzata e intolleranze alimentari. Detentore di un brevetto per la fabbricazione di sfarinati gluten-free a partire da regolare farina di grano. Responsabile della sezione R&D della CoFood s.r.l. per la ricerca e sviluppo di nuovi prodotti alimentari, inclusi quelli a fini medici speciali.

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