venerdì, Aprile 26, 2024

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Microbiota, glutine e sclerosi multipla: chi sta dietro chi?

L’evidenza sperimentale suggerisce che i cambiamenti nella composizione dell’ecosistema intestinale o microbiota, possono essere associati ad alterazioni della gravità in diversi modelli di malattie autoimmuni umane, come il morbo di Chron, l’asma, le allergie, il diabete, l’artrite reumatoide o il lupus sistemico. Inoltre, i risultati ottenuti nel modello animale della sclerosi multipla, l’encefalomielite autoimmune sperimentale (EAE), suggeriscono una connessione tra l’intestino e la demielinizzazione infiammatoria del sistema nervoso centrale. L’alterazione della comunità microbica intestinale che potrebbe portare a malattie sia umane che animali è definita disbiosi intestinale. Il numero di studi che hanno confrontato la composizione del microbiota intestinale di pazienti affetti da sclerosi multipla con individui sani, sta gradualmente aumentando negli ultimi anni. Gli studi condotti finora, suggeriscono la presenza di un microbiota alterato nei pazienti con SM rispetto ai controlli sani.

Nel complesso, l’analisi suggerisce che si riscontrano differenze significative in generi specifici o addirittura in specie, tra cui abbondanza relativa elevata in Methanobrevibacter e Akkermansia, così come si riduce Butirricina nei campioni di feci di pazienti affetti da sclerosi multipla. Uno studio recente ha mostrato che la struttura complessiva del microbiota nei pazienti con SM è significativamente diversa dai controlli sani e, in modo interessante, anche significativamente diversa tra stato attivo e remissione. Le abbondanze relative di Genera Adlercreutzia, Lactobacillus, Haemophilus, Coprobacillus, Collinsella, Parabacteroides, Erysipelotrichaceae, Lachnospiraceae e Veillonellaceae sono state trovate ridotte nell’intestino nei pazienti SM rispetto ai controlli sani. Al contrario, i generi Pedobacter, Flavobacterium, Blautia, Dorea, Pseudomonas e Mycoplana erano più abbondanti. Altre osservazioni significative sono state riportate, come riduzioni significative in cluster specifici di Clostridium e specie di Bacteroides.

Entrambe le specie di Clostridium e Bacteroides presenti nel colon sono noti per produrre acidi grassi a catena corta (SCFA), come prodotto di fermentazione di carboidrati non digeribili. Gli SCFA regolano l’espressione genica delle cellule immunitarie, la promozione di un fenotipo regolatorio e rinforzano sia la barriera intestinale che quella emato-encefalica (BEE). Bacteroides fragilis, un commensale dell’intestino umano, è noto per indurre forti effetti immunomodulatori attraverso il suo polisaccaride capsulare A (PSA). Inoltre, batteri come B. fragilis e Lactobacillus rhamnosus, hanno dimostrato di interagire direttamente con i neuroni del sistema nervoso enterico (ENS) e influenzare la loro funzione. Il microbiota intestinale può influenzare direttamente i livelli ormonali, modulando così gli effetti del sistema endocrino nel sistema nervoso autonomo. Ad esempio, gli effetti del microbiota sulla sclerosi multipla possono essere associati a interazioni dirette e cambiamenti funzionali sui sistemi immunitario, endocrino e neuronale, simultaneamente.

Una questione importante attende risposta è se la malattia possa influenzare l’ecosistema e il microbiota intestinale. L’induzione di demielinizzazione infiammatoria del CNS sperimentale aumenta la permeabilità intestinale nei topi EAE già nei 7 giorni dopo l’induzione attiva della malattia, con un aumento associato delle frequenze delle cellule Th1, Th17 e IL-17+ gamma-delta (γδT) nel tessuto linfatico intestinale. La permeabilità intestinale aumenta quando viene indotta la malattia. Nell’infiammazione dell’epitelio intestinale nei topi germ-free è anche interessata la colonizzazione con una terapia probiotica composta da Lactobacillus rhamnosus LOCK0900, L. rhamnosus LOCK0908 e L. casei LOCK0919, migliorando l’infiammazione intestinale e l’integrità della barriera. I risultati sperimentali suggeriscono un cambiamento nella permeabilità intestinale che si verifica anche prima della comparsa della sclerosi multipla. Nel complesso, tutti gli studi che hanno analizzato campioni di feci da pazienti con SM hanno rilevato che la composizione della flora batterica era grandemente sbilanciata.

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Come nel caso di altre patologie autoimmunitarie, anche per la sclerosi multipla gli immunologi, reumatologi, endocrinologi, ecc. consigliano come principio di fondo la forte limitazione all’introduzione alimentare di farinacei come pasta, pane ed altri prodotti da forno. Pur non essendoci una connessione provata fra glutine dei frumento e comparsa di SM, i dati della letteratura indicano che già più di trent’anni fa dei pazienti con SM avevano anticorpi circolanti anti-glutine (Hunter AL et al, 1984; Hewson DC et al., 1984). Il dato è stato riconfermato vent’anni dopo (Reichelt KL et al., 2004), con possibile maggiore specificità a carico di una sconosciuta sensibilità al glutine, una condizione oggi sempre più diffusa fra la popolazione (Pengiran Tengah CD et al., 2004; Hadjivassiliou M et al., 2005; Borhani Haghighi A et al. 2007).

La possibilità che il glutine sia coinvolto nella comparsa di sclerosi multipla, non è solo supportato dalla enorme mole di dati riguardanti la relazione fra microbiota e la malattia, ma anche dalla comparsa di sindromi SM-simili in soggetti che hanno concomitante sensibilità al glutine (vedere bibliografia). Due casi di SM in persone con celiachia manifesta sono stati studiati e pubblicati recentemente (Batur-Caglayan HZ et al, 2013; Finsterer J et al., 2014). Ora, non è chiaro se  il glutine funga da promotore, né se sia in grado di sbilanciare il microbiota nei soggetti geneticamente o immunologicamente predisposti. Al tempo della rilevazione degli anticorpi anti-glutine nel siero dei pazienti on SM (1984), non era nemmeno nota la disbiosi, né l’importanza del dialogo fra microbiota e sistema immunitario.

Curiosamente, però, nei pazienti con sclrosi multipla attiva le cellule cerebrali astrocitarie esprimono maggiormente la proteina transglutaminasi-6, parente stretto della transglutaminasi-2 intestinale e possibile antigene della celiachia. Nei pazienti con SM, però, la transglutaminasi-6 funge sicuramente da auto-antigene. Nella celiachia, invece, la transglutaminasi-2 è l’enzima che attiva i frammenti del glutine e resta intrappolata fra questi ed i recettori immunitari MHC. Questo dato, tuttavia, non sembra frutto di una coincidenza. Il ritrovare la TGase-2 coinvolta nella celiachia e la TGase-6 nella sclerosi multipla, potrebbe suggerire che in realtà una relazione fra questa e glutine esista. Tuttavia, il glutine potrebbe fare presa solo in certi soggetti per cause che sono ancora ignote o di cui si sconosce la relazione biologica.

Saranno necessari ulteriori e più ampi sforzi per discernere se le differenze osservate nel microbioma intestinale siano traducibili in una rilevanza dal punto di vista biologico funzionale. Se la disbiosi precede la sclerosi multipla o se è la malattia che colpisce la composizione e la funzione del microbiota, è una domanda aspetta una risposta definitiva. Parimenti, è da chiarire se e come il glutine (suoi frammenti) siano responsabili dell’innesco della risposta autoimmune nei soggetti predisposti. E’ già chiaro che la disbiosi è un fenomeno costante nei pazienti SM, ma se sia il glutine a causarla questo non è conosciuto. Le direzioni future potrebbero avere un impatto significativo sui pazienti con sclerosi multipla, poiché queste determineranno se gli effetti finora osservati nelle popolazioni e nelle funzioni microbiche intestinali, possano essere utilizzati come potenziali bersagli per nuove terapie biologiche contro la malattia.

  • a cura del Dr. Gianfrancesco Cormaci, PhD, specialista in Biochimica Clinica.

Bibliografia dedicata

Nouri M et al. PLoS One 2014; 9:e106335.
Rumah KR et al. PLoS One 2013; 8:e76359.
Miyake S et al. PLoS One 2015; 10:e0137429.

Tremett H et al. Eur J Neurol 2016; 23:1308-21.

Finsterer J, Leutmezer F. J Med Life. 2014; 7(3):440-44.

Mielcarz DW, Kasper LH. Curr Treat Options Neurol 2015; 17:344.

Pengiran Tengah CD et al. Neurology. 2004 Jun 22; 62(12):2326-27.

Hadjivassiliou M et al. Neurology. 2005 Mar 8; 64(5):933-34;

Batur-Caglayan HZ et al. Case Rep Neurol Med. 2013; 2013:576921.

Cristofanilli M et al. Mult Scler. 2016:1352458516684022.

Lee YK et al. Proc Natl Acad Sci U S A 2011; 108 Suppl 1:4615-22.

Ochoa-Repáraz J et al. Mucosal Immunol 2010; 3:487-95.

Hernández-Lahoz C et al. Neurologia. 2009 Apr; 24(3):213-15.

Borhani Haghighi A et al. Clin Neurol Neurosurg. 2007; 109(8):651-53.

Jacob S et al. J Neurol Neurosurg Psychiatry. 2005 Jul; 76(7):1028-30.

Hewson DC. Hum Nutr Appl Nutr. 1984 Dec; 38(6):417-20.

Hunter AL et al .Hum Nutr Appl Nutr. 1984 Apr; 38(2):142-43.

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Dott. Gianfrancesco Cormaci
Dott. Gianfrancesco Cormaci
Laurea in Medicina e Chirurgia nel 1998, specialista in Biochimica Clinica dal 2002, ha conseguito dottorato in Neurobiologia nel 2006. Ex-ricercatore, ha trascorso 5 anni negli USA alle dipendenze dell' NIH/NIDA e poi della Johns Hopkins University. Guardia medica presso la casa di Cura Sant'Agata a Catania. In libera professione, si occupa di Medicina Preventiva personalizzata e intolleranze alimentari. Detentore di un brevetto per la fabbricazione di sfarinati gluten-free a partire da regolare farina di grano. Responsabile della sezione R&D della CoFood s.r.l. per la ricerca e sviluppo di nuovi prodotti alimentari, inclusi quelli a fini medici speciali.

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