sabato, Giugno 14, 2025

L’effetto del digiuno nell’attività clinica dell’artrite reumatoide: la storia inizia 50 anni fa

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Gli interventi di digiuno sono emersi come potenziale terapia complementare per l’artrite reumatoide (ARE), mostrando benefici transitori ma significativi sull’attività di malattia e sui markers infiammatori. Alcuni studi hanno costantemente dimostrato chiari effetti fisiologici in relazione all’infiammazione, al metabolismo e alle dinamiche del microbioma, sottolineandone la rilevanza come possibile approccio terapeutico. Gli interventi hanno portato a miglioramenti tangibili nei markers clinici e infiammatori durante il digiuno, rafforzando la riproducibilità e l’affidabilità dei suoi benefici. Sebbene quattro di questi studi utilizzassero coorti sovrapposte sottoposte a interventi di digiuno, ognuno ha esaminato aspetti diversi, come i marcatori di attività di malattia della ARE, le alterazioni del microbioma e la glicosilazione delle immunoglobuline.

Sundqvist et al. hanno riportato che un periodo di digiuno di 10 giorni ha ridotto significativamente i punteggi di attività di malattia (DAS28), inclusi l’infiammazione articolare e la velocità di eritrosedimentazione (VES). Analogamente, Uden et al. hanno osservato miglioramenti clinici sostanziali nello stato delle articolazioni e riduzioni della VES durante il digiuno, accompagnati da una maggiore capacità battericida dei neutrofili, che può contribuire a modulare l’infiammazione. Fraser et al. hanno anche identificato potenziali meccanismi immunologici che coinvolgono il sistema immunitario, segnalando più specificatamente una riduzione del 37% nei livelli sierici di interleuchina-6 (IL-6) dopo un intervento di digiuno di 7 giorni, che era correlato a livelli ridotti di proteina C-reattiva (PCR) e attività della malattia.

Kjeldsen-Kragh et al. hanno evidenziato che il digiuno ha significativamente ridotto i livelli di agalattosil-IgG, una forma di immunoglobulina priva di galattosio terminale sugli oligosaccaridi presenti sulla porzione Fc, con tali riduzioni correlate al miglioramento clinico. Oltre ai benefici, il digiuno è associato a pochi effetti collaterali gravi. Nausea, gonfiore e diarrea sono comunemente segnalati; affaticamento e debolezza osservati sono probabilmente dovuti alla deprivazione calorica e agli adattamenti metabolici. Questi effetti sottolineano la necessità di un attento monitoraggio dei pazienti durante gli interventi di digiuno. Gli stessi Autori hanno dimostrato significative riduzioni dei markers infiammatori, tra cui il fattore reumatoide, la conta leucocitaria e i componenti C3 e C4 del complemento, correlando tali cambiamenti con un miglioramento clinico.

Sköldstam et al., invece, hanno confermato l’efficacia del digiuno nel ridurre il dolore, la rigidità e i marcatori correlati all’infiammazione, come la glicoproteina acida α-1, sebbene tali benefici fossero temporanei. E’ notevole osservare, dai lavori citati e dalla letteratura scientifica conosciuta (vedere bibliografia a fine lavoro), che gli studi sull’effetto del digiuno sull’attività della malattia è iniziato dagli anni ’80 se non già negli anni ’70, indicando un interesse già pregresso nel cercare di modulare la ARE tramite l’alimentazione. A quel tempo non se ne aveva cognizione di causa, ma oggi sappiamo che digiuno e alimentazione cambiano profondamente la composizione del microbiota intestinale, la cui alterazione sembra stabilmente connessa alla comparsa e/o aggravamento della REA e di altre condizioni autoimmuni come la sclerosi multipla o il lupus sistemico.

Diversi studi hanno proposto alterazioni indotte dal digiuno nella composizione del microbiota intestinale, inclusi cambiamenti nella produzione di acidi grassi a catena corta (SCFA). Sebbene i cambiamenti specifici del microbiota varino nei diversi studi, la modulazione costante del microbioma intestinale evidenzia il potenziale del digiuno come strumento per ripristinare l’equilibrio del microbioma nei pazienti con ARE. Questo è possibile ottenerlo nella pratica adottando uno stile alimentare scevro da alimenti pronti o trasformati, con molta componente vegetale (verdure e frutti), cereali integrali crudi e crusca come fonti di prebiotici ed eventuale assunzione di probiotici (come preparazioni o alimenti fermentati quali yogurt e kefir) per la salute dell’intestino, che sembra essere la radice biologica dell’artrite reumatoide così come di altre condizioni autoimmuni.

  • A cura del Dr. Gianfrancesco Cormaci, PhD, specialista in Biochimica Clinica.

Pubblicazioni scientifiche

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Dott. Gianfrancesco Cormaci
Dott. Gianfrancesco Cormaci
Laurea in Medicina e Chirurgia nel 1998; specialista in Biochimica Clinica dal 2002; dottorato in Neurobiologia nel 2006; Ex-ricercatore, ha trascorso 5 anni negli USA (2004-2008) alle dipendenze dell' NIH/NIDA e poi della Johns Hopkins University. Guardia medica presso la Clinica Basile di catania (dal 2013) Guardia medica presso la casa di Cura Sant'Agata a Catania (del 2020) Medico penitenziario presso CC.SR. Cavadonna dal 2024. Si occupa di Medicina Preventiva personalizzata e intolleranze alimentari. Detentore di un brevetto per la fabbricazione di sfarinati gluten-free a partire da regolare farina di grano. Responsabile della sezione R&D della CoFood s.r.l. per la ricerca e sviluppo di nuovi prodotti alimentari, inclusi quelli a fini medici speciali.

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