1. Il potente, semplicissimo potere del camminare
Mens sana in corpore sano: il vecchio proverbio latino non si smentisce e continua a non smentirsi. Considerato che il corpo è guidato dal cervello nelle sue funzioni principali, forse sarebbeil caso di aggiornare il proverbio aggiungendo anche “et in cerebro sano”. Perché la scienza non si ferma e continua a confermare quello che si era cominciato a speculare circa 30 anni fa, ovvero sui benefici della semplice camminata sul lungo raggio sulla salute cerebrale. Sono stati condotti studi su animali e su esseri umani con svariati “settings”, come semplice passeggiata cittadina, in campagna, nei boschi, col trekking e con il tapis-roulant. E la conclusione è sempre la stessa: la salute del cervello ne giova. La camminata, soprattutto quella di lunga durata (30-90 minuti o più), esercita un impatto diretto e indiretto su diverse funzioni cerebrali.
I benefici sono stati dimostrati su molteplici domini cognitivi:
Miglioramento delle funzioni esecutive: In particolare, attenzione sostenuta, controllo inibitorio, flessibilità cognitiva e capacità decisionale.
Incremento della memoria episodica e di lavoro: Camminare regolarmente stimola l’ippocampo, sede fondamentale della memoria dichiarativa.
Riduzione dello stress e miglioramento del tono dell’umore: Associato a una riduzione dell’attività dell’amigdala e un miglioramento della connettività limbica.
Aumento della neuroplasticità e della connettività funzionale: miglioramenti riscontrati nei network di default mode (DEMO), executive control network (ECN) e salience network (SANE).
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Meccanismi neurobiologici sottostanti
Durante la camminata prolungata, diversi fattori neurobiologici vengono modulati:
Incremento del flusso ematico cerebrale: Il movimento ritmico e sostenuto stimola l’aumento dell’irrorazione sanguigna del cervello in aree corticali e sottocorticali, favorendo l’apporto di ossigeno e nutrienti.
Aumento dei livelli di BDNF (Brain-Derived Neurotrophic Factor): Il BDNF è un fattore chiave per la sopravvivenza e la crescita dei neuroni, e la camminata di lunga durata stimola il suo rilascio, innescando processi di neurogenesi e sinaptogenesi, soprattutto nell’ippocampo. Ultimamente ci sono dati anche sugli effetti del BDNF sul cervelletto, considerato l’organo dell’equilibrio per eccellenza. Ma non è solo una questione di equilibrio: secondo studi pubblicati nel 2018 e nel 2020, la salute del cervelletto si estende anche a quella dei regolari pensieri di pianificazione e di apprendimento, in coordinazione con la corteccia prefrontale.
Riduzione dei marker infiammatori: come IL-6, TNF-α, proteina C-reattiva (PCR) e qualche altra citochina. Lo stato infiammatorio cronico è correlato a declino cognitivo e demenza, osservato in numerosi modelli sperimentali ed anche pre-clinici. Tutti i soggetti cui è stato riscontrato un declino cognitivo iniziale o lieve (MCI), hanno giovato parzialmente di terapie antinfiammatorie (alcuni farmaci ed antiossidanti/polifenoli naturali, come quelli del thè verde).
Aumento della dopamina, serotonina e noradrenalina: il miglioramento della neurochimica e del metabolismo/sintesi dei neurotrasmettitori principali, si rivela con effetti diretti sulla motivazione, attenzione e regolazione emotiva.
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Focus sui pensieri rimuginanti (over-thinking)
L’overthinking è una forma di attività cognitiva ripetitiva, sterile e auto-referenziale, caratterizzata da un flusso continuo di pensieri focalizzati su errori, problemi passati o possibili situazioni future negative, spesso senza portare a soluzioni concrete. Esso ha sia effetti neurobiologici che psicologici:
- Iperattività della corteccia prefrontale mediale e dorsolaterale: aree coinvolte nell’autoreferenzialità
- Iperconnettività del Default Mode Network (DMN): correlato all’introspezione e alla produzione automatica di pensieri
- Aumento dell’attività limbica (amigdala, insula): con effetto ansiogeno e ipervigilanza
- Disregolazione dell’asse HPA (ipotalamo-ipofisi-surrene): aumento cronico di cortisolo e risposta da stress.
Negli ultimi 10 anni la ricerca ha prodotto evidenze molto solide sul fatto che la camminata e l’esercizio fisico aerobico siano tra gli strumenti più potenti e naturali per ridurre l’overthinking. Camminare implica un coinvolgimento attivo della corteccia motoria, cerebellare e dorsolaterale prefrontale, spostando l’attenzione dall’autoreferenzialità verso l’ambiente esterno e il corpo in movimento.
5. Riscontri di neuroimaging
Negli studi di fMRI, DTI e MRI strutturale, sono stati osservati risultati molto solidi che correlano la camminata prolungata con modifiche neuroanatomiche e funzionali:
Aumento del volume ippocampale: Erickson et al. (2011, PNAS USA) hanno dimostrato che 12 mesi di camminata di 40 minuti, 3 volte a settimana, producono un incremento del volume dell’ippocampo del 2%, contrastando l’atrofia correlata all’età.
Miglioramento della connettività funzionale: Studi di resting-state fMRI hanno mostrato che la camminata regolare migliora la sincronizzazione del Default Mode Network (DEMO), in particolare tra corteccia prefrontale mediale, cingolato posteriore e ippocampo. Questo è fondamentale per memoria autobiografica e flessibilità cognitiva.
Miglioramento dell’integrità della sostanza bianca: Studi di DTI (Diffusion Tensor Imaging) riportano un aumento della frazione anisotropica in fasci come il cingulum bundle e il corpus callosum, segno di una maggiore coerenza strutturale delle vie neuronali.
Attivazione corticale dinamica: Durante la camminata, l’EEG a banda gamma e beta ha evidenziato un incremento di attività nelle regioni frontali e parietali, suggerendo un’integrazione tra movimento, attenzione e controllo motorio.
Riduzione dell’attività limbica iper-reattiva: Studi di task-fMRI indicano che l’amigdala mostra una ridotta attivazione a stimoli minacciosi nei soggetti che praticano camminata prolungata e costante, con benefici sulla regolazione emotiva
6. Applicazioni cliniche
La camminata di lunga durata ha mostrato benefici specifici in:
- Prevenzione del declino cognitivo e demenza
- Pazienti post-ictus e in riabilitazione neurocognitiva (riduzione della fatigabilità mentale e miglioramento delle capacità attentive)
- Pazienti con declino cognitivi lieve (MCI): riduzione del tasso di progressione verso la demenza senile
- Disturbi d’ansia e depressione: normalizzazione dei circuiti limbici e miglioramento della connettività prefrontale
In conclusione, camminare in modo impegnativo per almeno un’ora al giorno ha i suoi sicuri risvolti positivi sulla salute del cervello, e quindi del corpo, confermando che la sedentarietà fondamentalmente è nemica della salute.
- a cura del Dr. Gianfrancesco Cormaci, PhD, specialista in Biochimica Clinica.
Pubblicazioni scientifiche
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