Il microbiota intestinale umano è fondamentale nella regolazione di diverse funzioni fisiologiche, tra cui quelle metaboliche, immunitarie e neurologiche. La rete di comunicazione bidirezionale tra il microbiota intestinale e il cervello è definita asse intestino-cervello e ha un ampio impatto sulla salute generale. L’asse intestino-cervello ha ricevuto notevole attenzione nel mondo scientifico a causa del suo coinvolgimento in diverse patologie umane, tra cui disturbi digestivi, immunologici e neuropsichiatrici. Il dolore cronico è una condizione di disagio persistente che può influire sulla salute fisica e mentale di una persona. La condizione viene trattata principalmente con analgesici, come oppioidi, paracetamolo, FANS e salicilati, noti per i loro effetti collaterali gastrointestinali.
Prove emergenti suggeriscono che gli analgesici possano influenzare la funzionalità dell’asse intestino-cervello, poiché i recettori analgesici sono espressi lungo il tratto gastrointestinale e il cervello. È stato dimostrato che l’uso a lungo termine di analgesici altera la composizione del microbiota intestinale e i livelli circolanti di metaboliti derivati dal microbiota intestinale. Tuttavia, l’associazione causale tra questi tre fattori rimane incerta. Dato il crescente uso di analgesici e il significativo impatto dell’asse intestino-cervello sulla salute umana, gli scienziati desiderano saperne di più sui loro effetti sugli ospiti intestinali. Una nuova ricerca ha rivelato che l’uso a lungo termine di antidolorifici a base di acido salicilico può alterare sostanzialmente la composizione del microbiota intestinale e i livelli circolanti di metaboliti.
Lo studio ha utilizzato l’approccio di randomizzazione mendeliana (MER) per determinare le associazioni causali tra la suscettibilità genetica a quattro comuni analgesici (FANS, acido salicilico, oppioidi e paracetamolo) e i cambiamenti nella composizione del microbiota intestinale. L’approccio di randomizzazione mendeliana utilizza le varianti genetiche come variabili chiave per dedurre relazioni causali tra esposizioni ed esiti. Questo approccio può escludere efficacemente il possibile bias causato da fattori confondenti e causalità inversa. È importante notare che questo metodo valuta la predisposizione genetica all’uso di farmaci come sostituti dell’esposizione a lungo termine ai farmaci, anziché misurare gli effetti dell’assunzione diretta di questi farmaci in una sperimentazione clinica.
Lo studio ha riportato un impatto significativo dell’uso di acido salicilico sull’abbondanza del microbiota intestinale. Nello specifico, l’uso di acido salicilico è stato associato a una ridotta abbondanza di otto tratti del microbiota, tra cui il genere Clostridium sensustricto1, Adlercreutzia, Akkermansia, la famiglia Clostridiaceae1 e Verrucomicrobiaceae, il phylum Verrucomicrobia, la classe Verrucomicrobiae e l’ordine Verrucomicrobiales, e a un’aumentata abbondanza della famiglia Prevotellaceae. Lo studio non ha rilevato alcun impatto significativo dell’uso di paracetamolo e oppioidi sulla composizione del microbiota intestinale. Al contrario, i FANS hanno mostrato una sola associazione causale con l’aumentata abbondanza di Eubacterium xylanophilum.
Per quanto riguarda i metaboliti circolanti, lo studio ha riscontrato significative associazioni causali tra l’uso di acido salicilico e quattro metaboliti, tra cui acetoacetato, creatinina, acidi grassi omega-3 e trigliceridi nelle lipoproteine ad alta densità (HDL). Tra gli altri analgesici testati, il paracetamolo ha mostrato potenziali associazioni causali con tre metaboliti (citrato, glutammina e urea), gli oppioidi con due metaboliti (apolipoproteine e glucosio) e i FANS con un metabolita (acetoacetato). Per quanto riguarda i metaboliti circolanti, lo studio rileva potenziali associazioni causali con tutte e quattro le classi di analgesici testati. I metaboliti influenzati dall’uso di acido salicilico svolgono un ruolo cruciale nell’assorbimento cerebrale del glucosio, nel decadimento della memoria e nello sviluppo del morbo di Alzheimer.
Analogamente, i metaboliti influenzati da paracetamolo e oppioidi sono associati alla patogenesi del morbo di Parkinson, della colite acuta e della schizofrenia. Senza contare che l’influenza sul metabolismo del glucosio e delle lipoproteine ha conseguenze indirette sul problema sanitario e sociale delle cardiovasculopatie, che nonostente l’avanzamento della prevenzione restano ancora una piaga sanitaria. Nel complesso, i risultati dello studio evidenziano la necessità di future indagini per comprendere in modo più definitivo in che misura gli analgesici possano potenzialmente innescare la patogenesi di disturbi neuropsichiatrici e digestivi attraverso l’asse intestino-cervello. Sono necessari altri dati per capire il significato clinico di tutto ciò, ma data la rilevanza del dolore cronico nel sistema sanitario internazionale, più conoscenze significano migliore gestione.
Un’altro aspetto che è sotto indagine dal punto di vista dei risvolti clinici è l’associazione fra la disbiosi intestinale e la comparsa di declino cognitivo legato all’età. Ci sono sempre più prove di questa possibile connessione ed è preoccupante considerato quanto la demenza senile possa rappresentare un enorme fardello sanitario, sia globale che a carico dei familiari di chi ne è affetto. Ecco perché una nuova ricerca dei Mount Sinai Institute ha trovato un legame convincente tra la composizione del microbioma intestinale e il rischio di deterioramento cognitivo negli adulti, sottolineando il ruolo complesso che sia i determinanti biologici che quelli sociali, come l’insicurezza alimentare, svolgono sulla salute del cervello.
Questo è il primo studio epidemiologico a valutare il ruolo modificante che l’insicurezza alimentare può svolgere sulla relazione tra microbioma intestinale e declino cognitivo. Pubblicato su NPJ Aging, la ricerca ha indagato il ruolo dell’insicurezza alimentare come modificatore dell’effetto tra specifici gruppi di microbi nel microbiota e declino congnitivo. La ricerca mostra che gli adulti con una minore diversità microbica e specifici squilibri nella flora intestinale avevano una probabilità significativamente maggiore di sviluppare deterioramento cognitivo. L’analisi ha anche rilevato che l’insicurezza alimentare, ovvero l’accesso limitato o incerto a cibo adeguato, era indipendentemente associata sia a una salute intestinale più scadente che a ridotte prestazioni cognitive.
Piccoli gruppi di microbi strettamente connessi (noti come clique microbiche) associati a RCI sono stati identificati utilizzando un algoritmo interpretabile basato sull’apprendimento automatico, un tipo di modello di apprendimento automatico che non solo effettua previsioni o decisioni, ma consente anche ai ricercatori di comprendere come e perché ha effettuato tali previsioni. Tutte le analisi sono state stratificate in base al livello di insicurezza alimentare e corrette per fattori confondenti rilevanti, come età, indice di massa corporea e fumo. I ricercatori hanno identificato due clique la cui associazione con declino cognitivo è stata modificata dallo stato di insicurezza alimentare. La presenza della clique con Eisenbergiella o Eubacterium è risultata più fortemente associata per il gruppo con insicurezza alimentare.
Una clique che rappresentava la presenza di Ruminococcus torques, Bacteroides, CAG-352F e/o Eubacterium ha mostrato una maggiore associazione con declino cognitivo per il gruppo con sicurezza alimentare. I risultati contrastanti tra i gruppi in cui la sicurezza alimentare è garantita e quelli in cui la sicurezza alimentare non lo è possono essere particolarmente importanti quando si elaborano interventi microbici per il deterioramento cognitivo, poiché lo stato di sicurezza alimentare può alterare l’efficacia di tali interventi. Gli esperti pensano che questi risultati suggeriscono che l’insicurezza alimentare non è solo un problema socioeconomico, ma potrebbe essere anche un problema biologico, che influenza la salute del cervello attraverso cambiamenti nel microbioma intestinale.
Il deterioramento cognitivo, compreso il deterioramento cognitivo lieve e la demenza, è in aumento, in particolare tra gli anziani, ed è dovuto principalmente all’invecchiamento della popolazione. Ed anche il livello di povertà globale in tutte le fasce socio-economiche è aumentato nell’ultimo ventennio vuoi per guerre, crisi economiche, la trascorsa pandemia e quant’altro. Perciò questa indagine apre inoltre la strada a futuri interventi che combinano supporto dietetico e terapie mirate al microbioma per ridurre il rischio di demenza, in particolare nelle popolazioni vulnerabili quali severi cardiopatici, diabetici e sopravvissuti a ictus cerebrale.
- A cura del Dr. Gianfrancesco Cormaci, PhD, specialista in Biochimica Clinica.
Pubblicazioni scientifiche
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